Gaza, la Chiesa luterana in Italia: «Basta polarizzare il conflitto»

«L’insegnamento di Cristo, unico che può avere valore per chiunque si definisca cristiano, è incompatibile con l’odio»

Proseguono le operazioni militari a Gaza interrotte in questi giorni per una fragile tregua. Proseguono in Ucraina. E proseguono i segnali di destabilizzazione in Armenia e Azerbaigian, Iran, Yemen, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Grandi Laghi, Sahel, Haiti, Pakistan, Taiwan. Solo per limitarci ai 10 conflitti reali o potenziali che minacciano di destabilizzare il mondo.

«Alla luce di tutto questo possiamo forse affermare che l’auspicio del profeta Isaia non si è realizzato. Non ancora» recita un comunicato della Celia, la Chiesa luterana in Italia, che prosegue:

«Quindi sì, l’umanità non imparato a ripudiare la guerra e, anzi, sembra non poterne fare a meno. Ma, forse, più che della guerra l’umanità non può fare a meno della violenza?

Il cardinale cattolico Pizzaballa ha affermato che il conflitto in Medioriente ci ha proiettato in uno dei “periodi più difficili e dolorosi della nostra storia recente”.

E la Terra Santa, che presto i cristiani celebreranno come il luogo della nascita di Cristo, non è diventata la terra della speranza riconciliata ma il bunker delle opposte disperazioni.

Quanto accaduto il 7 ottobre scorso, con l’efferato blitz di Hamas contro persone inermi, non potrà mai essere ritenuto ammissibile.

Ciononostante la indiscussa e ferma condanna per atti di così efferata violenza, non possiamo sentirci intimoriti dal parlare.

Dal ribadire con altrettanta ferma determinazione che non possiamo arrenderci al conflitto come risposta alle violenze del terrorismo.

Avvertire infatti, anche solo la preoccupazione di essere fraintesi è un segno che la nostra fedeltà al Vangelo è stata limitata.

L’insegnamento di Cristo, unico che può avere valore per chiunque si definisca cristiano, è incompatibile con l’odio. Mentre è invece necessario per ritrovare la forza ed il coraggio di assumere parole chiare sulle ostilità che tra poco compiranno due mesi.

Sono ormai migliaia i morti a Gaza. Non si contano i feriti, gli sfollati, i disperati. Una fiumana di uomini e donne, di bambini trattati come pedine su un tavolo da gioco sempre più instabile. Spostati ora al nord, poi a sud, poi verso il mare come se le loro vite fossero ormai importanti solo in funzione alla strategia bellica.

Come Chiesa Luterana, consapevole dell’antisemitismo che in nome di Dio ha attraversato i secoli e le religioni, vogliamo accogliere l’invito degli intellettuali ebrei negli USA ma non solo a non rendere la narrazione del conflitto in Terra Santa impermeabile.

Impermeabile ad ogni critica, ad ogni obiezione con la giustificazione che ciò significherebbe automaticamente sostenere un nuovo antisemitismo.

Non possiamo accettare tale polarizzazione dell’informazione. Attuata anche in Italia e che non consente nessuna riflessione se non quelle ingabbiate nelle rispettive retoriche in campo.

La complessità della storia e dell’attualità del conflitto israelo-palestinese così come degli altri conflitti in essere o potenziali non deve essere ridotta allo scontro di opposte ed ermetiche tifoserie.

Non è questo il compito del cristiano. Non è questo il dovere etico che, come Chiesa, sentiamo di avere nei confronti del Vangelo e della società che, in nome di questo, proviamo a servire.

Il Vangelo di Luca ci ammonisce che, dinanzi al connivente silenzio, più forte di noi grideranno persino le pietre (Luca 19, 40).

L’antisionismo – come ha scritto Peter Beinart – non è intrinsecamente antisemita, perciò affermare che lo sia significa usare la sofferenza ebraica per cancellare l’esperienza palestinese.

Come luterani siamo convinti del principio ebraico תיקון עולם (Tiqqun ‘olam), ovvero la chiamata a riparare il mondo.

Gesù nei Vangeli ci ricorda che sono i malati ad aver bisogno del medico, non i sani. E in questo ci dice che la cura è rivolta al paziente non alla malattia.

Per lungo tempo molti Paesi occidentali hanno affermato la legittimità, di fatto, del sionismo. Che è una ideologia politica e che, come tale, deve oggi essere sottoposta a critica. Una critica che, peraltro, è avanzata oggi da sempre maggiori comunità ebraiche.

La critica alle ideologie del novecento, che hanno sconvolto l’Europa ed il mondo, non può fermarsi dinanzi al sionismo per errata convinzione che ciò significhi giustificare l’antisemitismo.

La soppressione politica dei palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, non è la legittima lotta contro l’odio per gli ebrei nel mondo.

L’imposizione di un principio falso ha costretto il dibattito pubblico dentro uno scontro ideologico che nulla ha a che vedere con il pericolo dell’antisemitismo. Sia all’interno ma anche all’esterno di Israele.

Affermare che le rivendicazioni palestinesi siano frutto di antisemitismo rischiano di risultare sempre più una strumentalizzazione cui non possiamo partecipare. Mentre anche il dissenso interno ad Israele subisce ritorsioni e limitazioni che negano proprio quella cultura democratica di cui siamo parte e che, invece, ci sentiamo chiamati a difendere.

Il conflitto israelo-palestinese è anche un punto di non ritorno se la legittimazione di un principio politico trionfa sulla ragione e sull’uso della ragione. Riducendo l’intero popolo ebraico come parte di una sola ideologia politica possibile.

La richiesta di un cessate il fuoco, che si è peraltro levata dalla Federazione Luterana Mondiale come dall’ONU, è oggi colpevolmente compromessa proprio dai Governi occidentali.

L’Italia, che ha storicamente svolto un ruolo di pace nel Mediterraneo e verso i popoli del Medioriente, non può accettare la subordinazione ad un principio che è stato spinto oltre ogni ragionevole intoccabilità.

E, come luterani in Italia, vogliamo ribadire la necessità di approfondimento. La confessione che il peccato di sentirci rassicurati dalla polarizzazione dell’informazione riguarda anche noi. Un peccato che, confessato, non ci rende santi, ma ci permette di partecipare con fiduciosa speranza a quella chiamata, Tiqqun ‘olam, verso la quale non è più tempo d’esser timorosi».

https://www.riforma.it/it/articolo/2023/11/27/gaza-la-chiesa-luterana-italia-basta-polarizzare-il-conflitto

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