Analizzando il discorso di Gesù sul Monte degli Ulivi pronunciato oltre duemila anni or sono, occorre contestualizzare il momento storico d’Israele. Gli Ebrei erano sottomessi al regime imperiale romano, benché una certa “libertà” di azione era concessa alla classe religiosa (Farisei). Il popolo mal gradiva le tasse e la schiavitù, perciò il desiderio di un futuro possibile “liberatore” ardeva nel cuore di molti, tant’è vero che questa aspettativa fu uno dei moventi che spinsero Giuda a vedere (per poi tradire) nell’ebreo Gesù un novello “rivoluzionario” che avrebbe potuto liberare i giudei dall’oppressione romana. Il Messia, che era l’adempimento profetico di Deuteronomio 18:15, nell’osservare le imponenti mura di Gerusalemme e il Tempio da cui era appena uscito (Matteo 24,1), mette in guardia i suoi discepoli, discepoli di estrazione galileo-giudaica, sugli avvenimenti futuri che si sarebbero svolti in città e nella provincia; Gesù predice la distruzione dell’imponente (secondo) Tempio restaurato da Erode, e consiglia ai residenti della Giudea di “fuggire verso i monti” (v. 16) e di non “tornare indietro” (vv. 17 e 18) per non perdere tempo prezioso e correre il rischio di essere intrappolati e catturati.
Ora, è evidente che questa fuga dalla Giudea non si è realizzata in quel momento, né il verso 16 può riferirsi alla successiva diaspora (emigrazione verso Nord Africa, Europa ed America) del popolo ebraico, dato che è solo nel 70 d.C. che il tempio venne distrutto; oltremodo, dopo la dipartita del Cristo (resurrezione) la cronaca non riporta notizie di violenti e ripetuti “terremoti” nel territorio, di “rumori di guerre” e “falsi cristi” e “falsi profeti” apparsi in terra d’Israele in quel preciso contesto storico.
Nessuna “carestia” e nessuna “pestilenza” colpì, oltremodo la terra di Canaan contemporaneamente agli altri eventi, né ripetute eclissi di sole o di luna (v. 29) si verificarono tutte insieme in terrasanta in quel periodo. Similmente, nessun “assedio” di nazioni (Zaccaria 14:1-2) mi pare si verificò attorno alla città di Gerusalemme, anche perché erano i Romani a governare la Palestina e nessun popolo straniero osava sfidare l’Impero Romano. In ultimo, nessuna “grande tribolazione” indicata al versetto 21 si adempì in quel tempo, così come nessun “abominio della desolazione” (Mt. 24:15) si è assiso nel Tempio restaurato da Erode eppoi distrutto dall’esercito di Tito nel 70 d.C. Sicuramente, diversi sconvolgimenti cosmici hanno segnato le epoche passate, ma niente a che vedere con la cronaca attuale che registra un’intensificazione di eventi calamitosi (alluvioni, frane, tornado, tsunami) e di fenomeni celesti (comete, meteoriti, eclissi, tempeste solari) che non hanno alcun precedente storico!
Pertanto, se non è alla Chiesa che il Messia può raccomandare di “fuggire dalla Giudea ai monti” (.) ne, al tempo presente, alcun edificio di culto (sinagoga, tempio) sacro agli ebrei sussiste nella spianata della Moschea, a chi è rivolto allora l’appello del Signore di cui parla l’evangelista Matteo? E se gran parte dei “Segni dei Tempi” di cui parla la scrittura li stiamo vedendo concretizzare oggi, quale deve essere la reazione del cristiano di fronte alle calamità? Auspico non si commetta lo stesso errore di valutazione dei Farisei di quell’epoca, i quali, pur vivendo a contatto con Cristo, non furono comunque capaci di discernere “i segni” del Suo primo avvento (Matteo 16:3).
[notiziecristiane.com – Salvatore Di Fede]
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