IL CENTURIONE DI OGNI TEMPO

Quando il centurione si presentò a Gesù per chiederGli di guarire il suo servo paralitico, mostrò verso il Signore una così grande fede, tale che Gesù rimase ammirato dall’attitudine di cuore che quel pagano aveva nei Suoi confronti.

Ciò indusse Gesù a rivolgersi verso coloro che Gli erano intorno, gli Israeliti, dicendo: “Io vi dico in verità che in nessuno, in Israele, ho trovato una fede così grande! E io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abrahamo, Isacco e Giacobbe, ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Lì ci sarà pianto e stridor di denti” (Mat. 8:11-12). La parola “Figlio di…”, nella lingua ebraica, e nella Bibbia, significa “qualcuno che è un interesse speciale”. In questo caso, “i figli del regno”, a cui si riferiva Gesù, erano tutti coloro i quali avevano un diritto speciale ad ereditare il regno di Dio, vale a dire gli Ebrei, come ci conferma Paolo: “cioè gli Israeliti, ai quali appartengono l’adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse” (Rom. 9:4). Essi ne erano eredi, perché vi erano nati, vi appartenevano per vincoli naturali, e per patto formale, di cui portavano persino il segno nella loro carne: la circoncisione. Infatti, l’apostolo Pietro afferma di loro: “Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio fece con i vostri padri, dicendo ad Abrahamo: “Nella tua discendenza tutte le nazioni della terra saranno benedette” (Atti 3:25). Ma nonostante ciò, nonostante il loro diritto di ereditare il regno, non solo avrebbero visto entrarci “i gentili” come membri della famiglia di Dio, ma loro stessi sarebbero stati cacciati per far posto a questi ultimi. Queste parole forti di Gesù, a quel tempo furono indirizzate solo ed esclusivamente agli Israeliti. Oggi, invece, queste parole sembrano voler scuotere le nostre anime, noi che siamo la Sua Chiesa attuale. Sapete, è scritto che “l’amore dei più si raffredderà”, ed è ciò che si sta adempiendo in questi ultimi tempi nei cuori di moltissimi cristiani. La Chiesa del Signore non sta vivendo più in quella dimensione spirituale di fervore che Dio “si aspetta” dai Suoi figli. Siamo così tanto indaffarati per le cose di Dio, presi da tanti impegni, attratti da tanti eventi cristiani, che siamo diventati così passivi, tanto da ignorare il desiderio del Padre di avere comunione individuale quotidiana con noi. Oggi, purtroppo, è una realtà, come nella Chiesa ci sia uno spirito di torpore, pigrizia e letargo spirituale, che sta trascinando molti credenti lontano da Dio. Giovanni il battista disse agli Israeliti “di non pensare dentro di loro ‘di avere come padre Abrahamo”, cioè, di non dare valore né alla stirpe, né ai privilegi di nascita, laddove non v’era rettitudine di vita, perché dinanzi al Messia non avrebbero avuto potere. L’apostolo Paolo ci esorta a “dimorare del continuo e rimanere saldi nella verità della Parola di Dio, per non essere trascinati lontani da essa, perché, se la parola pronunciata per mezzo di angeli si dimostrò ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, come scamperemo noi (credenti) se trascuriamo una così grande salvezza?” (Ebr. 2:1-3). Oggi, allo stesso modo, come credenti dovremmo deporre la nostra superficialità e il nostro dare per scontate la grazia e la salvezza che il Signore ci ha donato e di cui ci ha fatto partecipi, se in effetti la nostra vita spirituale si è affievolità e manca di una perseveranza nella fede, nella santificazione e nelle buone opere. Siamo così scaduti nella fede pensando che, essendo convertiti da diversi anni, il regno di Dio ci spetta automaticamente. Eppure, oggi, qualche domanda sorge spontanea: cosa ne abbiamo fatto realmente di Gesù? Del Suo sacrificio sulla croce? Della grazia del Padre? Della salvezza? Hanno ancora oggi una reale valenza per noi?… Abbiamo racchiuso tutto questo in una religione della domenica. Andare al culto, pregare o meditare la Parola sono diventate abitudini, “quasi” sforzi umani, giustificazioni di coscienze dinanzi a Dio. Disse bene Gesù: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me!”. E’ la realtà di molti noi credenti oggi! Con le parole siamo molto bravi, ma dov’è il nostro cuore? Serviamo Gesù perché Lo amiamo veramente e desideriamo dare la nostra vita per Lui, o per abitudine e interessi personali? Siamo diventati realmente insensibili…? La nostra impenitenza non potrà mai impedire a Dio di radunare intorno a Se un popolo fedele. Gesù stesso affermò “«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?” Allora dichiarerò loro: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!” (Mat. 7:21-23). Con queste parole Gesù è molto chiaro. Egli sostiene che c’è una santità senza la quale nessuno vedrà Dio e c’è una giustizia pratica, quotidiana, vissuta, senza la quale nessuno vedrà il Paradiso. Il che significa che, nel giorno del giudizio, Gesù dirà a più di qualche credente “Non vi ho mai conosciuti! Allontanatevi da me, operatori d’iniquità!”. E anche se gli diranno “Signore, Signore, abbiamo fatto molte opere potenti nel tuo nome, e siamo andati in chiesa ogni domenica…”, Egli li congederà come malfattori, perché non hanno la santità senza la quale nessuno vedrà il Signore. Questa è la realtà di coloro che frequentano i culti abitualmente e che credono di essere salvati perché convertiti da diversi anni, ma non si accorgono che sono diventati tiepidi, pigri, superficiali quanto alla grazia, al sacrificio di Cristo e alla salvezza, e non comprendono che la prova della genuinità della vera vita cristiana è la perseveranza nella fede, nella santificazione e nelle buone opere. Paolo dice: “Badiamo di non rifiutare d’ascoltare colui che parla; perché se non scamparono gli Israeliti nel deserto, quando rifiutarono d’ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo”. Perché “se [ con la nostra superficialità spirituale ] avremo calpestato Gesù e considerato profano il sangue del patto con il quale siamo stati santificati, e se avremo disprezzato lo Spirito della grazia, saremo giustamente giudicati da Dio!” (Ebr. 12:25; 10:29). “Infatti”, dice l’apostolo Pietro, “è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio; e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non ubbidiscono al vangelo di Dio? E se il giusto è salvato a stento, dove finiranno l’empio e il peccatore?” (1Pt. 4:17-18). Quindi, cari nel Signore, come il re Davide, chiediamo a Dio di rinnovarci nel cuore e nello spirito, affinché lo Spirito Santo, possa sradicare da noi quel torpore, letargo e pigrizia spirituale, quella comodità, e soprattutto quella superficialità, insensibilità, quel nostro dare per scontate la grazia e la salvezza di Dio, credendo che il regno di Dio ci spetta automaticamente perché convertiti da diversi anni. Gesù è stato molto chiaro: “Chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato!”.

“Avviciniamoci, dunque, a Dio con un cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i nostri cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché fedele è colui che ha fatto le promesse” (Ebr. 10:22-23). Dio ci benedica e ci aiuti.

(Alessio Sibilla)

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