Nepal: immigrazione e morti sospette

NEPAL_-_Unemployed_(600_x_450)Lavoro in nero, edilizia e morti sospette. Le morti silenziose degli immigrati nepalesi in Arabia Saudita, Quatar, Malaysia, Emirati Arabi, Kuwait e Bahrein, tra schiavitù e discriminazione.

Il Nepal ogni anno un grandissimo numero di persone è costretto a migrare in un altro paese nel tentativo di fuggire dalla povertà. I flussi migratori provenienti dal Nepal sono diretti soprattutto verso Arabia Saudita, Qatar e Malaysia, seguiti da Emirati Arabi, Kuwait, Bahrein e Corea

In questi paesi i migranti trovano lavoro principalmente nei settori dell’edilizia e dell’industria pesante, ma vengono impiegati anche come custodi o domestici. Il numero ufficiale di lavoratori nepalesi residenti all’estero si aggira attorno ai 3 milioni ma, se consideriamo anche tutti gli immigrati irregolari, la cifra sale rapidamente, arrivando a sfiorare i 5 milioni.

migranti costituiscono per il Nepal un’importantissima risorsa, in quanto le rimesse che inviano in patria contribuiscono in modo considerevole allo sviluppo dell’economia locale. E’ stato calcolato che le rimesse dei migranti nepalesi costituiscono il 24% di tutte le entrate dello stato.

Il sito internet Asia News, tuttavia, in un suo recente articolo ci rivela il terribile costo umano di tutta questa ricchezza, dietro la quale si cela una realtà di abusi e sfruttamenti. Alcune recenti indagini hanno portato alla luce il fatto che, dal 2000 fino ad oggi, più di 7.500 lavoratori nepalesi migrati nei paesi arabi sono morti in circostanze misteriose, di cui 3.500 nella sola Arabia Saudita. Secondo i dati più recenti, negli ultimi 3 mesi del 2013 sono già stati registrati 65 decessi. Sebbene queste morti vengano registrate dalle autorità saudite come “morti naturali”, sono sempre di più le testimonianze che collegherebbero i decessi a condizioni di lavoro disumane, paragonate ad una moderna forma di schiavitù.

Queste sono rese ancora più gravi dalla pratica, molto frequente fra i datori di lavoro, di confiscare il passaporto dei propri dipendenti, tenendoli in questo modo sotto continuo ricatto. I lavoratori diventano in questo caso dei veri propri schiavi, perché non possono licenziarsi, muoversi liberamente e lasciare il paese senza il permesso del loro padrone. Inoltre, date le condizioni di estrema povertà in cui vivono, sono costretti ad accettare qualsiasi tipo di condizione di lavoro, pur di guadagnare un po’ di soldi da inviare alle proprie famiglie.

Oltre a questo, nei paesi musulmani si registrano anche migliaia di casi di immigrati nepalesi discriminati e, a volte, addirittura torturati, per la loro diversa fede religiosa. 

Per far sì che tutto questo abbia fine, i nepalesi devono avere la possibilità di combattere la povertà e creare sviluppo nel proprio paese, per non essere più costretti a emigrare. La Fondazione Fratelli Dimenticati (www.fratellidimenticati.it) crede che questo possa essere possibile grazie al Sostegno a Distanza (per maggiori informazioni: http://www.fratellidimenticati.it/sostegno-a-distanza/).

La fondazione sostiene tre centri in Nepal, nei villaggi di Bharawal, Chakargati e Biratnagar. In queste zone il tasso di povertà è davvero elevatissimo, e i bambini spesso non hanno alcuna possibilità di ricevere un’istruzione e formarsi professionalmente. Con le offerte del Sostegno a Distanza è possibile consentire a questi bambini di pagare le rette scolastiche, acquistare il materiale necessario allo studio, ricevere ogni giorno dei pasti nutrienti e usufruire di un’adeguata assistenza sanitaria. Per i più poveri, infatti, spesso questi non sono dei diritti, ma dei privilegi che solo pochi possono permettersi. Solo con l’istruzione questi bambini saranno in grado, in futuro, di trovare un buon lavoro e di contribuire allo sviluppo del proprio paese, senza essere costretti ad emigrare.

Per informazioni: Fondazione Fratelli Dimenticati ONLUS – info@fratellidimenticati.it – www.fratellidimenticati.it

Saluti,

Giulia Doriguzzi
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook