Il matrimonio tra organizzazione e civiltà

Sembra un dato scontato ma la nostra vita quotidiana scorre all’insegna della relazione. A volte intima e a volte superficiale. Un ambiente lavorativo, una vita di gruppo tra amici, un fidanzamento, un matrimonio ecc risentono tutti di una relazione tra le parti. Ma ancora di più, risentono, di una organizzazione, di una flessibilità interiore non sempre attuabile. Spesso a motivo del nostro narcisismo che ci porta ad essere incivili, irrispettosi degli uni verso gli altri. Tradendo, al contempo, quel principio cardine dell’antropologia cristiana che è il rispetto degli uni verso gli altri: “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” (Gv 15,12).

Ma in quanto a specificare concetti relazione e matrimonio spesso ci troviamo di fronte ad una complessità. Viene da chiederci perché? Per una serie di motivi che riguarda l’organizzazione. Si tutto è in funzione di un’organizzazione. Bhè, si potrebbe pensare che essendo una organizzazione basti trovare le sue regole di funzionamento. Ma non sempre la questione è in questi termini. Anche la più piccola organizzazione umana, quale, appunto il matrimonio, diventa materia complessa. A motivo della intimità che entra in gioco nell’organizzazione tra le parti. Nascono come funghi corsi sulla felicità, sul matrimonio felice, sulla coppia felice, vere e proprie mistificazioni e illusioni se non si fa riferimento alla cultura ecclesiale del matrimonio è come “patto” con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita orientata al bene comune (Can. 1055 – §1.). Al di là della descrizione il patto ci riporta all’organizzazione. In quanto organizzazione si fa riferimento alla teoria della contingenza, sviluppatasi negli Stati Uniti negli anni 1960-70, secondo la quale non esiste un unico modello organizzativo standard. Ogni organizzazione dipende dagli obiettivi, dall’età, dal luogo dalle componenti personali e sociali di ogni membro. Tutto quanto ci porta a pensare che non esistono buone o cattive relazioni ma il rispetto civile che ognuno mette nella costruzione della organizzazione. Inutile sprecare fiato sui guru della felicità, che propongono per tutti le stesse considerazioni, sul matrimonio felice o sulla coppia felice. La fine del matrimonio, in quanto relazione e organizzazione, è nella mancanza di reciproco atto civile basato sul rispetto. Si è pronti all’ira senza motivo, si è pronti alla vendetta, si è pronti al dire “mi hai offeso te la farò pagare”. Ogni relazione, ogni matrimonio, così come ogni organizzazione familiare o lavorativa non funziona nel termine della muta e silenziosa vendetta. Aspetti quali risentimento, rancore, rabbia, vendetta non sono contemplati nell’ambito di una relazione civile. Pur tuttavia non si può negare che la relazione di ogni tipo e grado risente di un attrito tra le parti, diciamo di un conflitto. E’ proprio nel conflitto la saggezza per raffinarsi nella crescita. Forse la cosa più interessante da comprendere è il cosa alimenta il conflitto, la tensione, il contrasto che alimenta l’inciviltà relazionale. E questo ci porta a fare un passaggio, mentre gli pseudo guru propongono come eliminare il conflitto, la saggezza spirituale dice il contrario; come crescere dal conflitto. Come psicologo e psicoterapeuta non posso non prendere in considerazione l’importanza del autoanalisi. La psicologia di Gesù, ci dice di guardare la trave nei propri occhi prima di scorgere la pagliuzza nell’occhio del fratello (P. Riccardi, Parole che trasformano, psicoterapia dal vangelo. Ed Cittadella Assisi, 2016). Senza spulciare manuali di psicologia e psichiatria possiamo fare riferimento a quello che il filosofo, Martin Buber, solleva come problema del narcisismo; l’incapacità di stabilire relazioni alla pari Io-Tu. Nella mia operatività clinica spesso rilevo come per il narciso l’altro è il nemico. Di conseguenza i loro rapporti sono in termini di Io-Io e questo produce una psicologia del tipo vendetta. “Se non sei come dico io, come la penso correttamente io, non ti riconosco né ti rispetto”. Per la cultura narcisista l’altro esiste in virtù di una proprietà. Il narciso guarda il mondo dall’alto in basso. Il narcisista, dato il rapporto finalizzato a non riconoscere l’altro diventa incivile, spesso aggressivo e svalutante i bisogni altrui. Non si adatta alla organizzazione. Anzi è questa a doversi adattare al suo modo e mondo. In sostanza questi non pensano agli altri da rispettare e confrontarsi ma da sottomettere. Quando ci confrontiamo con gli altri impariamo anche a guardare a loro bisogni e saper rispondere ai bisogni altrui è la base di ogni organizzazione e civiltà, dove il matrimonio e la relazione possono progredire e crescere. Quando ci scontriamo con gli altri, vediamo solo i nostri bisogni frustrati, ed è qui che scatta la molla del narciso che non ammettendo diventa irrispettoso e irriconoscente. La nostra, purtroppo, è spesso una cultura della disorganizzazione e inciviltà. Allora possiamo bene riflettere come il fallimento di relazioni significative, quali un’organizzazione come il matrimonio, possa trovare causa nella cultura della inciviltà.

Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com


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