IL RIFIUTO DELLA NARCOSI

i Cristian Nani, direttore di Porte Aperte in Italia

BEATI GLI AUDACI – PARTE 4

E giunti a un luogo detto Golgota, che vuol dire “luogo del teschio”, gli diedero da bere del vino mescolato con fiele; ma Gesù, assaggiatolo, non volle berne. (Mat 27:33-34)

Di recente mi sono soffermato su questo strano gesto di Gesù, perché secondo storici quell’offerta non era un’ulteriore cattiveria. Il crocifisso era sottoposto a una morte terribile. Ma la pratica di questa tortura a Gerusalemme era variata rispetto all’usanza romana, a motivo di 2 richieste fatte dai giudei e accettate: l’uso di una sorta di perizoma per coprire le nudità e l’offerta di questa bevanda che intontiva il condannato, il quale viveva il tempo del patibolo in stato di semi-coscienza o minor lucidità.

Gesù doveva avere una sete lacerante, assaggia, capisce di cosa si tratta e la rifiuta.

Rifiuta un narcotico in sostanza. Mi è stato fatto notare che non lo fa per masochismo, anche se alcuni possono costruire significati sul suo “voler sentire tutto il dolore del peccato”. Si può dire che lo faccia anche per essere lucido. Se avesse perso conoscenza o lucidità, non avrebbe detto parole come:

Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno (Luca 23.34)

In verità ti dico che oggi tu sarai con me in paradiso (Luca 23.43)

Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato (Mc 15.34)

È compiuto (Gv 19.30)

Padre nelle tue mani rimetto lo spirito mio (Lc 23.46)

Pensiamo alla morte di Gesù SENZA queste parole… la morte di Gesù senza l’esplicito decreto del perdono; senza l’espressa speranza del paradiso; senza il grido di angoscia che esprime tutte le nostre angosce; pensiamo alla sua passione senza quel “è compiuto” e senza la consegna di sé al Padre…

No, Gesù non poteva perdere lucidità.

Allora serve un rifiuto della narcosi, un rifiuto del vivere anestetizzati da mille piaceri, tentazioni e fughe, in perenne evasione dalla sofferenza, serve uno sguardo lucido e adulto sulla vita, tutta la vita, sofferenza compresa, non un carpe diem ma un pieno e abbondante carpe vitam.

Serve non fuggire dai nostri deserti, perché Gesù ce lo ha insegnato nelle sue tentazioni: il deserto non è la tua sconfitta, e il deserto non è solo un digiuno, è un mangiare di meglio, per questo rispose al tentatore: “non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola uscita dalla bocca di Dio”. Nel deserto c’è la manna. Nel sacrificio c’è un cibo migliore.

Non fuggiamo dal servo sofferente! Non fuggiamo dal costo del discepolato!

Altrimenti offriremo al mondo un Gesù tanto piccolo quanto una pillola di ibuprofene.

Gesù non ci anestetizza.

Gesù ci risveglia a nuova vita, abbondante, in tutte le sue sfaccettature, perfino eterna!

In Lui abbiamo la speranza definitiva.

In Lui siamo figli di Dio.

Siamo servi del RE.

Siamo beati. E audaci.

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