India: resiste la “farmacia dei poveri”

Lo scorso novembre la Corte di appello indiana aveva revocato il brevetto su un farmaco per curare l’epatite C della svizzera Roche, sfidando il suo monopolio su questa terapia. Pochi mesi più tardi il 5 marzo, sempre in India, la tedesca Bayer perdeva un ricorso contro la versione low cost di un altro costoso farmaco anti cancro, il Nexavar, prodotto dall’indiana Natco Pharma perché “non era accessibile alla maggior parte dei malati”. Ora dopo sette anni di battaglia legale tra il colosso farmaceutico elvetico Novartis e l’India, la Corte Suprema indiana ha respinto lo scorso 1 aprile (in una sentenza che è tutt’altro che uno scherzo) il ricorso dell’industria farmaceutica relativo al brevetto del farmaco anti tumore Glivec, che per l’elevato costo non salvaguarderebbe l’accesso ai farmaci e il diritto alla salute della popolazione, e ha deciso che l’industria locale può produrre il medicinale come farmaco generico low cost. L’India, infatti, produce da anni versioni generiche a basso costo di farmaci che vengono utilizzati in tutto il mondo e nel Paese la legislazione è molto severa su quello che deve o non deve essere brevettato, come nel caso di medicinali già esistenti come l’antitumorale della Novartis che, secondo l’ufficio dei brevetti indiano, sarebbe uguale all’Imatinib, un farmaco con brevetto scaduto. Secondo i giudici, il farmaco Glivec non è quindi una “invenzione”, ma una “riformulazione” di un preparato contenente la stessa molecola. Si tratterebbe insomma di quello che gli addetti ai lavori chiamano evergreening, una pratica usata dalle industri del farmaco per rinverdire un vecchio prodotto e rimetterlo sul mercato con un nuovo brevetto.

L’atteso verdetto del massimo organo giudiziario indiano permetterà ora ai gruppi farmaceutici indiani come Cipla e Rambaxy di continuare a produrre la versione generica del medicinale usato per trattare una rara forma di leucemia. Secondo diverse associazioni indiane di difesa dei diritti umani e Medici Senza Frontiere (Msf), che ha lanciato la campagna internazionale a favore dei generici Drop the Case raccogliendo oltre 500.000 adesioni, si tratta di una sconfitta di “big pharma” e di una conferma dell’India come “farmacia dei poveri” mondiale. “È un enorme sollievo per i milioni di pazienti e medici nei Paesi in via di sviluppo che dipendono dai farmaci a basso costo provenienti dall’India, e per i fornitori di cure come Msf”, ha affermato Unni Karunakara, presidente internazionale di Msf. “La decisione della Corte Suprema rende ora i brevetti sui farmaci di cui noi abbiamo un disperato bisogno meno attuabili. Si tratta di un segnale forte per la Novartis e per le altre multinazionali farmaceutiche che dovranno desistere dall’attaccare la legge indiana dei brevetti”. Una vittoria importante, ma per nulla facile.

La Novartis ha citato per la prima volta il governo indiano in tribunale nel 2006 al fine di ottenere una più ampia concessione di brevetti per i propri prodotti rispetto a quanto stabilito dalla legge indiana (Patents Act, 2005). Nella prima causa davanti all’Alta Corte di Chennai, la Novartis ha sostenuto che la legge non rispettava le regole stabilite dall’Organizzazione Mondiale del Commercio e violava la Costituzione indiana. La Novartis ha perso la causa nel 2007, ma ha fatto ricorso dinanzi alla Corte Suprema che ha definitivamente respinto le sue richieste. “Per sei anni la Novartis ha tentato di spingere l’India a cambiare una parte della propria legge sui brevetti che, invece che i profitti aziendali, tutela l’accesso dei pazienti a medicinali a prezzo ridotto”, ha dichiarato Leena Menghaney, responsabile della Campagna di Msf per l’Accesso ai Farmaci in India. “L’attuale sistema di leggi indiano [ed in particolare una clausola nota come Sezione 3(d)] è stato concepito proprio per impedire alle case farmaceutiche di estendere il loro monopolio sui farmaci attraverso l’ottenimento di nuovi brevetti su forme leggermente modificate di farmaci per i quali il brevetto è scaduto o in scadenza”. “Abbiamo avuto modo di verificare direttamente i benefici concreti apportati alla tutela della salute pubblica dalla legge indiana sui brevetti”, ha continuato la Menghaney.

“Grazie al rigore di questa legge per esempio sono stati respinti brevetti su versioni pediatriche e combinazioni a dose fissa di medicinali per la cura dell’HIV, formulazioni per le quali è quanto mai necessario disporre di equivalenti generici a basso prezzo”. Non è difficile immaginare come le conseguenze di una ipotetica vittoria della Novartis avrebbe avuto una portata mondiale, costringendo l’India a concedere più brevetti di adesso limitando la competizione dei farmaci generici, che ha contribuito, come ha suggerito Msf, “ad abbassare il prezzo dei farmaci per l’Hiv del 99% dal 2000 a oggi, ed ha reso possibile l’accesso alle cure antiretrovirali per 8 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo”. Basta pensare, infatti, che curare un malato di Aids costava 10.000 dollari l’anno nel 2000, con i medicinali griffati, mentre il costo delle stesse cure con i generici prodotti in India è di 120 dollari l’anno. Analogamente, sebbene la Novartis fornisca gratuitamente il Glivec e altri prodotti a determinate categorie di pazienti, il prezzo dei medicinali originali continua a rimanere proibitivo e un mese di trattamento con il Glivec costa circa 2.600 dollari, mentre la copia indiana è venduta a soli 175 dollari. Si tratta di un’enorme differenza che va a vantaggio dei malati di tutto il mondo dato che l’India, insieme al Brasile, è oggi uno dei maggiori esportatori di farmaci generici. Anche se i ripetuti attacchi legali della Novartis alla Sezione 3(d) avevano lo scopo di garantire una maggiore concessione di brevetti in India, anche per farmaci già esistenti, Ranjit Shahani, vice presidente e managing director di Novartis, ha ricordato che la sentenza ha sollevato preoccupazioni sulla questione del finanziamento all’innovazione medica sottolineando come “scoraggi la ricerca di farmaci innovativi, essenziale per l’avanzamento della scienza medica al servizio dei pazienti” e “rischi di ostacolare i progressi medici nelle patologie per le quali non sono ancora disponibili opzioni terapeutiche efficaci”. Ma in realtà al momento l’innovazione medica è finanziata attraverso i prezzi elevati dei farmaci coperti da brevetti monopolistici, a spese dei pazienti e dei governi dei Paesi in via di sviluppo che non possono permettersi quei prezzi. “Per questo – ha spiegato Karunakara – invece di cercare di abusare del sistema dei brevetti modificando le regole e rivendicando sempre più brevetti su vecchi farmaci, l’industria farmaceutica dovrebbe concentrarsi sulla vera innovazione, e i governi dovrebbero sviluppare delle regole che consentano lo sviluppo di farmaci resi subito disponibili a prezzi accessibili. Si tratta di un dialogo che deve iniziare al più presto”.

Se oggi l’India è la farmacia dei Paesi in via di sviluppo, “le conseguenze di questo caso vanno ben oltre i confini del Paese”, ha concluso Manica Balasegaram, Direttore Esecutivo della Campagna Accesso ai Farmaci di Msf. “Le azioni legali della Novartis ora non sono più una minaccia per la salvezza di milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo e invitiamo la multinazionale a essere parte della soluzione e non del problema”. Il vero progresso in campo medico non è il profitto, ma la capacità di fornire farmaci sempre più alla portata delle tasche di tutti i malati.

Tratto da Unimondo.org

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