Iran, gli Ayatollah temono le preghiere e le chiese “domestiche”

Il fenomeno dei cristiani che pregano nelle case preoccupa il regime. E cresce il numero di arresti per i convertiti dall’Islam al cristianesimo. Il governo di Teheran sta lanciando una nuova offensiva contro le “chiese domestiche”, cioè i piccoli gruppi di cristiani che non potendo affiliarsi alle confessioni ufficialmente riconosciute (e controllate) dallo Stato si riuniscono in case private per celebrare la propria fede. L’allarme viene lanciato da Mohabat, un’agenzia cristiana iraniana. “Khorasan” un giornale governativo, ha pubblicato una lunga dichiarazione di Bahman Amiri Moghaddam, capo della polizia della provincia di Khorasa-Ravi, in cui si affermava che le forze dell’ordine “si erano occupate di un gruppo di persone che aveva formato una rete di chiese domestiche a Mashhad, e perseguirà legalmente tutte le persone coinvolte”.

Non sono stati resi noti i nomi degli arrestati, la cui attività, secondo il capo della Polizia era rivolto a “promuovere superstizioni e credenze corrotte nei loro incontri notturni. Incantano i giovani e con i loro modi gentili li attraggono verso la loro fede”. Secondo Mohabat si tratta di notizie provocatorie; che però hanno come scopo quello di creare un’atmosfera di allarme e di “caccia alle streghe” nei confronti di un fenomeno che evidentemente preoccupa i vertici dell’ufficialità.

Qualche tempo fa “Ati News”, che secondo i dissidenti iraniani è collegato con agenzie di sicurezza governative, ha pubblicato un rapporto in cui si diceva che era stata identificata la presenza di chiese domestiche in città “islamiche” come Qom e Mashhad. Mashhad è un luogo di pellegrinaggio per i fedeli sciiti, ed è il luogo di nascita del supremo leader iraniano, Seyyed Ali Khamenei. Un dettaglio destinato, naturalmente, a provocare l’indignazione del lettore. Il rapporto affermava che “questi luoghi sono presi in affitto da responsabili delle Chiese per convertire i giovani”. E continuava: “Sapendo che i cristiani hanno i loro edifici religiosi, questo appare come un piano per corrompere e portare divisione fra le religioni”.

Secondo fonti iraniane cristiane, il numero di arresti per coloro che sono passati dall’islam al cristianesimo è aumentato negli ultimi anni. Questo ha avuto come conseguenza che molti convertiti non hanno libero accesso agli edifici religiosi ufficiali in Iran, che sono sorvegliati con grande cura dai servizi di sicurezza, proprio per verificare i nuovi arrivi…Di conseguenza i convertiti cristiani preferiscono riunirsi in piccoli gruppi a casa di questo o di quello, per pregare, celebrare, studiare la Bibbia e seguire corsi di catechesi e teologia.

Certamente la diffusione di Internet e della rete ha contribuito a risvegliare, soprattutto nei giovani un grande interesse e curiosità per esperienze spirituali diverse da quelle offerte dal regime degli Ayatollah. E la crescita delle chiese domestiche è uno degli effetti pratici di questo sentimento. Il cristianesimo “selvaggio” fuori controllo è sempre stato, negli ultimi anni una preoccupazione costante del regime. Che si sta trasformando in qualche cosa di più. Jawan News, uno degli organi di informazione dei Guardiani della Rivoluzione, qualche mese fa parlava di una crescita in tutto il Paese, e della presenza di duecento “chiese domestiche” nella sola città di Mashhad. E un alto esponente del regime sosteneva che in molte aree sono distribuiti libretti e opuscoli cristiani gratis nelle famiglie.

(fonte La Stampa)


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