DAMASCO – Raggiungendo una nuova vetta di atrocità e barbarie, lo Stato islamico ha annunciato e mostrato oggi la morte del pilota giordano che aveva catturato in Siria alla vigilia di Natale: lo ha chiuso in una gabbia, lo ha cosparso di benzina, e lo ha dato alle fiamme, vivo. E poi ha diffuso il video di rito, di ben 22 minuti e 34 secondi. Ma stavolta il filmato è del tutto diverso dai precedenti, con i quali sono state annunciate le decapitazioni dei giornalisti e dei cooperanti occidentali e giapponesi: questa volta il condannato è un militare, un nemico dichiarato, che nel delirio degli emiri dello Stato islamico meritava evidentemente una morte ‘esemplare’, che desse il chiaro senso della vendetta, e che fosse anche di monito agli altri militari della coalizione anti-Isis guidata dagli Usa. E allora, questa volta non c’è l’ormai famigerato ‘Jihad John’, il boia vestito di nero dal forte accento britannico. Questa volta, il carnefice è un jihadista in tuta militare, un «emiro (comandante) di una regione dello Stato islamico colpita» dai bombardamenti, come afferma una voce fuori campo. Colpita da bombardamenti come quelli che andava a compiere il tenente Muaz Kassasbe quando il 24 dicembre il suo F-16 è precipitato nei pressi di Raqqa, capitale dello Stato Islamico. Quel giorno, i jihadisti dell’Isis mostrarono al mondo l’umiliazione del tenente Kassasbe, mentre veniva recuperato da un bacino d’acqua, nudo dalla cintola in giù, e affermarono che il suo caccia era stato abbattuto da uno dei loro missili. Circostanza che il Pentagono ha poi smentito, affermando che il velivolo aveva invece avuto problemi tecnici. Nelle immagini, realizzate dall’ormai tristemente nota ‘casa di produzione’ al-Furqan Media Foundation, si vede in una prima parte il pilota che indossa la tuta arancione come quelle del carcere di Guantanamo e degli altri prigionieri dell’Isis messi a morte. Ha un vistoso ematoma sotto l’occhio destro e pronuncia una sorta di monologo, spiegando vari aspetti della campagna anti-Isis.
Mentre parla, si alternano immagini di siti bombardati dalla coalizione. Poi, lo si vede chiuso in una gabbia. È poco più alta della sua statura. Kassasbe è in piedi, con le mani sul volto. L’emiro dà fuoco ad una striscia di benzina. Le fiamme raggiungono la gabbia, la circondano, e infine avvolgono il corpo del pilota. Nelle ultime immagini, un bulldozer ricopre il suo corpo di macerie, come le vittime carbonizzate dei bombardamenti mostrate poco prima, tra le quali c’è anche un bambino. Per i giordani il tenente Kassabe, che aveva 26 anni e apparteneva ad un’influente tribù, era un eroe, anche se l’impegno della Giordania nella coalizione anti-Isis non è particolarmente popolare. Anche per questo, Amman aveva accettato di trattare con l’Isis, sperando di poterlo riportare a casa. Aveva accettato di scambiarlo con una terrorista irachena, Sajida al-Rishawi, condannata a morte in Giordania perché coinvolta negli attentati ad una serie di alberghi di Amman in cui morirono una sessantina di persone. L’Isis voleva la sua liberazione: in cambio avrebbe rilasciato il giornalista giapponese Kenji Goto e risparmiato la vita a Kassasbe. Lo avrebbe ‘risparmiato’, ma non liberato. E aveva fissato un ultimatum. Nel frattempo, la Giordania aveva chiesto una ‘prova in vita’ del tenente, che non è mai arrivata. Così il termine fissato è scaduto, il giornalista giapponese è stato decapitato, e ora è arrivato anche il video della atroce morte del pilota. La prova richiesta da Amman, d’altra parte, non sarebbe mai potuta arrivare: secondo la tv giordana, infatti, il pilota è stato messo a morte oltre un mese fa, il 3 gennaio. Re Abdallah di Giordania, che si trovava in visita negli Usa, ha interrotto il viaggio ed è ripartito immediatamente senza rilasciare dichiarazioni. Obama invece ha tuonato contro la «brutalità» dell’Isis, che «rafforza la nostra determinazione» a sconfiggerlo. Ma se Abdallah non ha proferito parola, Amman – hanno fatto sapere fonti governative giordane – avrebbe già scelto la risposta da dare ai jihadisti: nel giro di poche ore, forse all’alba di domani, sarà messa a morte la terrorista irachena Sajida Rishawi assieme ad altri cinque condannati. (fonte)
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