La nascita è una migrazione, come sostengo nel mio volumetto DIASPORA, edito presso Il Faro edizioni, Trento:
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Diaspora versus autoctonia. La nascita di per sé non è ancora l’evento che decide l’autoctonia, giacché chi viene al mondo viene da un altrove, per quanto ignoto esso sia; e dunque anche l’uscita dal ventre materno si configura come atto di migrazione, sempre accompagnato dal rischio di naufragio e annegamento.
Nessun neonato sarebbe dei “nostri” per i sostenitori del diritto primario dell’autoctonia e dunque dovrebbe dichiarare le proprie generalità, lasciarsi identificare, in attesa che qualcuno decida se è autorizzato a rimanere. E non a caso al neonato si attribuisce un nome e un adulto, anche lui però migrante una volta, lo riconosce e lo accoglie. L’autoctonia è la condizione di chi, trascorso un certo tempo nello stesso luogo e avendo dimenticato la sua origine di migrante, rivendica un diritto speciale rispetto a chi sopraggiunge. L’uomo è naturaliter animale migrante ab origine e l’autoctonia è l’invenzione di chi vorrebbe opporsi al movimento della vita.
L’autoctonia, celebrata nel mito di Cadmo seminatore dei denti del drago sconfitto, non è una categoria dello spirito, ma l’Europa sembra oggi aggrapparvisi di nuovo, dimenticando l’origine straniera della stessa figlia di Agenore, re di Tiro.
Claudio Tugnoli
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