L’«angelo della morte» torna clamorosamente in libertà: affiliata della setta che compì la terribile strage

Sarebbe prossima la scarcerazione di colei che è definita l’«angelo della morte», protagonista e causa di una efferata strage avvenuta alla fine degli anni ’60.

Dopo oltre cinquant’anni passati in prigione nelle prossime settimane potrebbe tornare in libertà.

Los Angeles, 10 agosto 1969. Sono le prime ore del mattino: Leno LaBianca, 44 anni, proprietario di un supermercato, è assopito sul divano della sua abitazione, al 3301 di Waverly Drive. In casa con lui c’è la moglie Rosemary, di 38 anni.

Improvvisamente nella villa dei LaBianca fanno irruzione Charles Manson e tre adepti della sua «Family», la comune hippie di cui Manson è il guru riconosciuto. Da qualche tempo la «Famiglia» si è stabilita in un ranch nella San Fernando Valley dove Manson, indiscusso leader carismatico della setta, ha spinto il gruppo di discepoli (gli adepti in tutto arriveranno a essere un centinaio) all’uso di droghe allucinogene e alla pratica dell’amore libero con tanto di deliri a sfondo orgiastico e pansessualistico, autoproclamandosi profeta e messia di una nuova religione (si atteggia lui stesso a pseudo-Cristo).

Le stragi della «Manson Family»

Ben presto alla droga e alla promiscuità sessuale segue il crimine di sangue. Ossessionato dalla fine del mondo e dalla profezia di una imminente guerra razziale, Manson dà il via a una serie di omicidi rituali per propiziare l’Helter Skelter, il duello finale tra bianchi e neri da lui vaticinato, pare nel tentativo di far ricadere la colpa sugli afroamericani e scatenare così le ostilità.

La sera prima la «Family» si era resa protagonista del sanguinoso eccidio di Cielo Drive, presentandosi nella villa dove l’attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski (a Londra in quel momento), stava organizzando una festa. È un massacro: muoiono in cinque e a nulla valgono le suppliche della Tate, incinta, che implora pietà in nome della creatura che porta in grembo. Muore anche lei in un lago di sangue, suppliziata da decine di pugnalate.

La notte successiva tocca ai LaBianca. Dopo essersi introdotto nella villa, Manson ordina a tre dei suoi fedelissimi di ucciderli. Tra di loro c’è anche la ventenne Leslie Van Houten. È la più giovane del commando assassino. Prima si limita, racconterà, a trattenere Rosemary LaBianca con una federa sopra la testa mentre gli altri la pugnalano. Poi anche lei, infervorata, le pianta sedici volte la lama nel corpo. I tre carnefici, dopo essersi accaniti sui cadaveri (scrivendo la parola «War», guerra, sul petto di LaBianca e trafiggendo i corpi dei coniugi con un forchettone da arrosto), col sangue delle loro vittime scrivono poi sulle pareti della casa: «Morte ai porci», «Insorgete», «Helter Skelter».

L’«angelo della morte» presto libero?

L’eco di quelle stragi sarà enorme mentre Manson e i seguaci della «Family» autori di quei brutali omicidi verranno catturati e condannati. Manson, indiscusso leader carismatico della setta assassina, non ha mai rivelato il vero movente dei delitti. Morirà in carcere nel 2017 a 83 anni senza aver più la possibilità di rivedere la luce del sole. Una possibilità che invece presto potrebbe avere il suo «angelo della morte»: Leslie Van Houten, adesso 73enne. Dopo 53 anni passati in prigione potrebbe infatti essere rimessa in libertà.

Gavin Newsom, governatore della California, ha annunciato che non chiederà alla Corte Suprema californiana di bloccare la libertà condizionale per Leslie Van Houten. Una decisone che, di fatto, apre le porte al rilascio della donna dopo il lunghissimo periodo di detenzione seguito alla condanna per l’eccidio dei LaBianca. Inizialmente era arrivata per lei la condanna alla pena capitale, poi commutata in ergastolo dopo la cancellazione della pena di morte in California nel 1972.

Via libera dunque alla sua scarcerazione, malgrado la delusione dello stesso Newsom. «Più di 50 anni dopo che il culto di Manson ha commesso questi brutali omicidi, le famiglie delle vittime ne risentono ancora», ha dichiarato il governatore californiano. Indignati i parenti delle vittime alla notizia del probabile rilascio di Van Houten. «Io e la mia famiglia abbiamo il cuore spezzato perché ancora una volta ci ricordiamo di tutti gli anni in cui non abbiamo avuto mio padre e la mia matrigna con noi», ha dichiarato all’Associated Press Cory LaBianca, figlia di Leno LaBianca.

Leslie Van Houten, da un’adolescenza difficile alla setta di Manson

Leslie Van Houten, nata nel 1949, era entrata a 19 anni nella setta di Manson. Un epilogo giunto dopo un’adolescenza difficile dove aveva cominciato a assumere droghe (LSD, anfetamine e hashish). Scappata più volte di casa, a 17 anni rimane incinta e la madre la costringe ad abortire (cercando pure di convincerla che non si trattava di un vero e proprio aborto, trovandosi il bambino ancora nelle prime fasi della gravidanza).

Dopo l’episodio dell’aborto forzato, ha rivelato in passato Leslie, la giovane si è sentita allontanare dalla famiglia iniziando a covare una profonda rabbia nei confronti della madre. Dopo un periodo di avvicinamento allo yoga e alla cultura hippie, Leslie entrerà nella comune di Charles Manson nell’estate del 1968. Cadrà così in un vortice di allucinate – e diaboliche – fantasie pseudoreligiose, non senza aver prima detto a sua madre che non l’avrebbe contattata mai più.

Nelle prossime due settimane Van Houten, dopo l ‘esame del suo dossier da parte del comitato per la libertà vigilata e l’elaborazione dei documenti, potrebbe uscire dal carcere California Institution for Women, il carcere dove ha passato oltre 50 anni.

Dopo il rilascio passerà un anno circa in una casa di accoglienza, per imparare le abilità di base della vita quotidiana, come fare la spesa. Dopo oltre mezzo secolo passato dietro le sbarre, ha spiegato il suo legale, la donna non è in grado di usare un bancomat, un telefonino e meno che meno un computer.

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