Libri: La libertà di coscienza religiosa in Italia

peyrotUno degli argomenti cui più ho dato attenzione in questa rubrica negli ultimi anni è stato quello concernente la libertà di coscienza religiosa che dovrebbe essere rispettata come uno dei diritti umani principali e che sappiamo viene violata in diverse nazioni. E’ proprio di questi giorni la notizia dell’approvazione delle Linee Guida sulla libertà religiosa approvate dal Consiglio d’Europa che ribadiscono il diritto della libertà di pensiero e di libertà del proprio credo in tutto il territorio dei Paesi che aderiscono al Consiglio d’Europa e che impegnano lo stesso a farla rispettare in tutto il mondo.Anche il nostro Paese, dove la libertà religiosa esiste anche se, talvolta, minata da qualche sperequazione portata avanti dalla maggiore religione presente nel paese e da qualche legge regionale come quella lombarda che limita l’utilizzo di locali ( della chiesa evangelica pentecostale) se non aventi la giusta destinazione d’uso, è coinvolto in questo processo di rivitalizzazione di un concetto che è tuttora oggetto di un intenso dibattito.

Il nostro Paese, però, rispetto alle tradizioni del Nord Europa, è diventato culla della libertà religiosa molto di recente. Tutto il mondo evangelico ricorda nel mese di febbraio la settimana della libertà in cui viene commemorata la prima affermazione avuta sotto Carlo Alberto della libertà di culto in Italia. Sappiamo anche come, nel periodo risorgimentale, la libertà religiosa fosse vista come un valore da molti padri dell’unità italiana e di come alcuni di loro abbiano subito l’influenza del pensiero liberale europeo, in particolare delle idee del pastore svizzero Vinet che si pronunciavano contro l’idea che potesse esistere una religione di Stato che assumesse un ruolo privilegiato. Le leggi post-risorgimentali, infatti, avevano in parte attenuato le affermazioni dello Statuto Albertino sulla religione cattolica.

L’avvento dei Patti Lateranensi nel 1929 e la pacificazione avvenuta tra Stato italiano e Chiesa Cattolica durante il Fascismo, portarono nuovamente al rischio di sopravvivenza per le minoranze religiose. Sappiamo come, durante il Fascismo, dopo la promulgazione della legge sui culti ammessi, le persecuzioni di evangelici (soprattutto pentecostali e appartenenti a chiese di provenienza straniera) divennero quotidiane.

Proprio per questo motivo i principali intellettuali protestanti, nel momento in cui si stava arrivando ad una rifondazione del nostro paese, iniziarono nuovamente a riflettere su quali dovessero essere i criteri per difendere la libertà religiosa. I pastori valdesi e gli altri evangelici che si riunivano, proprio in quegli anni, nelle cosiddette “giornate del Ciabàs”, formularono un’idea di laicità e di separazione tra gli affari dello Stato e quelli della Chiesa che in parte riprendeva la tradizione liberale dell’Ottocento, in parte quella francese della laicità proveniente dalla legge del 1905 che prevedeva una rigida separazione tra Chiesa e Stato. Tra coloro che parteciparono a queste riflessioni l’unico giurista con una formazione che lo portava a poter interloquire con coloro che scrivevano la Costituzione era il giovane avvocato Giorgio Peyrot. Il giurista valdese, quindi, preparò un pamphlet intitolato La libertà di coscienza e di culto di fronte alla Costituente italiana, che fu regalato a tutti i membri dell’Assemblea e che doveva mostrare, in sintesi, quale fosse il pensiero del mondo evangelico italiano a riguardo. La casa editrice GBU proprio ad inizio di anno ha deciso di riproporre al pubblico italiano (in particolare evangelico) questo testo.

Il breve scritto di Peyrot (che, come molti sanno diventerà poi l’ispiratore della maggior parte delle Intese che le chiese evangeliche hanno stipulato dopo il 1984 con lo Stato italiano), dopo una breve rassegna sullo stato dell’arte in cui fa il punto della situazione, in tre brevi capitoli, propone quanto, a suo parere, debba essere tutelato in materia religiosa dalla nuova costituzione. Per l’A., infatti, la libertà religiosa è strettamente vincolata alla libertà di coscienza ed alla tutela della persona che, liberamente, decide quale debba essere (o non essere) il proprio credo. Accanto a questa libertà personale bisogna che si affianchi la libertà di culto: bisognerebbe che lo stato italiano tratti tutti i culti in maniera neutrale e senza avere né alcuna preferenza, né alcuna discriminazione, rimanendo estranea alla vicenda delle Chiese e delle religioni (non dimentichiamo che in Italia la presenza ebraica era ancor più antica di quella valdese). Non manca poi un ribadire la neutralità dello Stato che non dovrebbe permettere a nessuna religione di dominare in particolari luoghi pubblici, non dovrebbe permettere l’insegnamento di una particolare religione nella scuola e non dovrebbe dare particolari preferenze ad un matrimonio piuttosto che ad un altro.

Il testo è corredato da una bella introduzione di Stefano Gagliano che inquadra molto bene il periodo ed anche parte del dibattito costituente, mostrando come le proposte di Peyrot fossero troppo avanzate per il periodo e come, alla fine, l’approvazione degli artt. 7 e 8 della Costituzione, abbia solo in parte soddisfatto le richieste fatte dai Valdesi e dagli evangelici dell’epoca. La postfazione di Margiotta-Broglio ricorda come il testo diventi “attuale” anche alla luce dell’attuale dibattito sulla Costituzione e sulla riscoperta del dibattito che portò all’elaborazione della nostra legge fondamentale. Il testo lo raccomandiamo, quindi, per la sua importanza storica e per il fatto che dimostra come il mondo evangelico italiano sia stato attivo anche in momenti difficile, cercando di dare il suo piccolo contributo sulle grandi questioni quando ce ne era bisogno. Appare chiaro che oggi il problema, in una società sempre più multiculturale, vada affrontato in maniera differente, ma ciò non significa che le suggestioni di Peyrot, rimangano attuali.

Valerio Bernardi –  DIRS GBU

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