È un beve romanzo scritto dallo scozzese Robert Louis Stevenson (1850-1894), che formalmente ricalca il genere letterario poliziesco, uno “shocher”, un thriller, ma che in realtà contiene elementi culturali diversificati, come la psicoanalisi e la morale espressi in chiave metaforica.
Composto di dieci brevi capitoli (solo gli ultimi due sono relativamente lunghi), il testo fa riferimento alla vicenda dolorosa di un brillante medico, stimato scienziato, il quale sperimenta su di sé un elaborato chimico, una sorta di droga, capace di destrutturare l’unicità della persona, in cui convivono le due sfere del bene e del male, conferendo ad essi una specifica corporeità e autonomia: il Dr. Jekyll, il rispettabile medico, gentiluomo, animato di buoni propositi, dedito al progresso della scienza e prodigo verso i bisognosi, il Sign. Eduard Hyde, un essere spregevole, selvaggio, sordido, dal corpo minuto e deforme, dalle mani rattrappite, scarne e pelose, ma estremamente forte e agile, dal cui viso trapela una agghiacciante e malvagia espressione.
Hyde si macchia di orribili misfatti, godendo della sofferenza delle sue vittime, sollevando una comprensiva indignazione e disprezzo dell’integerrimo Dr. Jekyll, sebbene egli in qualche modo dentro di sé desiderasse abbandonarsi a divertimenti poco onorevoli. Oramai asservito al malvagio Hyde, avendo perso il suo controllo, non resta altro da fare all’infelice Dr. Jekyll che togliersi la vita, come atto estremo di liberazione.
Ci si chiede: a cosa mira Stevenson nel raccontare una siffatta storia tragicamente fantastica.
Il romanzo è uno stupefacente apologo sulla condizione umana: ogni uomo è un Dr. Jekyll e un Mr Hyde.
Letterariamente Stevenson con il suo romanzo segue il filone della letteratura del doppio, che trova l’espressione più alta nel Romanticismo tedesco, sebbene essa sia presente in maniera innocua e gioiosa nella letteratura classica e rinascimentale (Plauto e Shakespeare usano l’espediente letterario del sosia in maniera tale da suscitare riso e meraviglia, esprimendo la metafora dell’universale condizione umana dell’inganno). Tuttavia, il Romanticismo lo enuclea nella sua componente drammatica.
Dal punto di vista iconologico, l’opera di Stevenson è considerata uno stimolo alla riflessione freudiana sull’essenza dell’uomo nel suo libro “Perturbante” (1919), il quale mette in risalto ciò che è l’uomo e c he non conosce.
Il Dr. Jekyll è un moralista, che difende la sua immagine e il suo ruolo sociale, non si espone, realizza gli istinti bestiali della sua persona, delegando ad Hyde il ruolo dell’uomo repellente, orrido e laido. Il Dr. Jekyll concretizza le parti abominevoli della sua anima nella figura di Hyde, salvando la sua rispettabilità alto-borghese e la stima che spetta ad uno scienziato illustre e benefico. Mr Hyde (il verbo inglese to hyde significa nascondersi, celarsi) è la materializzazione degli impulsi malvagi che si nascondono nei meandri più profondi dell’uomo, creduto o che si crede onesto.
L’aspetto allegorico dell’ombra del Dr. Jekyll è limpida: Hyde incarna l’aspetto oscuro e malefico, distruttivo dell’uomo. L’espediente letterario di creare l’ombra del Dr. Jekyll. Nella sua autonomia., scindendola da sé, pone in risalto il pericolo a cui lì’uomo va incontro se sbriglia l’essere mostruoso che è dentro di sé, indebolendo la coscienza morale, permettendo ad “Hyde” di assorbire completamente Jekyll e asservendolo agli istinti animaleschi che si annidano nella sua anima.
Si è di fronte alla spericolatezza dell’uomo che libera e autonomizza le tendenze più repellenti che albergano sotterraneamente in lui.
È interessante la presenza nel mobilio che arreda il laboratorio di uno specchio, utile per visionare le fattezze di Mr Hyde e rimanere inorridito.
Lo specchio è l’allegoria della percezione che l’uomo ha della sua persona. Essa trapela attraverso un processo di rappresentazione anamorfica nella immagine dell’uomo. L’anamorfosi è presente in n famoso quadro di un pittore tedesco del XVI sec. Hans Holbein il Giovane, esposto alla National Gallery di Londra, in cui vengono riprodotti due giovani ambasciatori dagli abiti sontuosi, che testimoniano il fasto del loro ruolo sociale. Il quadro fa risaltare la luminosità dell’ambiente, lo sfarzo dei vestiti dei due dignitari, lo splendore del tappeto persiano e il pavimento in mosaico. Ma nella parte inferiore del quadro si accampa una figura biancastra e misteriosa, che , ad uno osservatore attento, si rivela essere un teschio, presenza ineluttabile della morte nel fiorire della vita.
In genere, “lo Strano caso del Dr. Jekyll e Mr Hyde” viene interpretato in chiave psicologica. Sebbene l’agnizione dell’ombra, ossia il riconoscimento delle proprie parti moralmente negative e perverse sia determinante nella vicenda spirituale di Jekyll, non risulta corretto l’espediente letterario della destrutturazione delle sfere del bene e del male, autonomizzandole: “Disgiunse in me quelle due sfere bene e del male, la cui fusione costituisce l’aspetto duplice della natura umana”.
Questa operazione Gustav Jung la definisce separazione e rifiuto dell’ombra. Secondo Jung l’ombra non va rifiutata, né tantomeno resa autonoma, scissa dall’io, ma deve rimanere legata all’Io, integra mediante un inarrestabile rapporto dialogico. In altre parole, l’uomo deve collocare al suo giusto posto, nel mondo complesso della sua personalità, la sua ombra, evitando la autonomizzazione delle parti inferiori del suo essere, e trasformando questo mondo oscuro di se stesso in pungolo efficacissimo che stimola la personalità verso il suo compimento.
Contro la soluzione di Freud, che vuole bonificare lo “Zuiderzee”, che puo condurre alle altezze del cielo, ma può sprofondare negli abissi infernali (come il caso di Jekyll, che sceglie il suicidio), Jung esprime ottimismo rispetto alla teoria di Freud della bonifica, affermando che l’integrazione è difficile, ma non impossibile. è qualcosa di personale, non regolato da norme. Ogni uomo deve scoprire quale è il luogo della sua anima,dove l’ombra , che non deve essere bonificata, può convertirsi da ostacolo a motore segreto di tutta la vita psichica.
Personalmente, considero più veritiera la tesi di Freud, che parla di bonifica. L’ottimismo di Young di integrare l’Ombra, ossia la componente malevola dell’essere umano, che soggiace nel sottosuolo della coscienza, nel processo psicologico dell’uomo tale da renderla uno stimolo alla realizzazione di atti benevoli, è l’eterna illusione dell’uomo che crede di poter autoredimersi. Secondo la concezione cristiana, io non parlerei di bonifica, ma di rinascita, se bonifica si intende l’intervento di prosciugare l’anima umana dalle putride acque melmose della malvagità dell’Ombra. Inoltre, bisogna definire”l’Ombra” dell’essere umano con la parola biblica “peccato”.
Le intuizioni di Stevenson sul dualismo presente nell’anima, dibattuta tra il bene e il male, drammaticamente in contrasto tra loro nella lotta per il dominio dell’uomo, possono e devono essere analizzati secondo una antropologia cristiana, evidenziando senza ombra di dubbio importanti analogie, ma anche stridenti contrasti.
In primo luogo , il dualismo delle sfere d’azione del bene e del male presente nell’animo umano è evidenziato nelle parole tragiche di Paolo, il prototipo dell’uomo che non riesce a liberarsi dalla sua condizione dolorosa di un essere spregevole: è consapevole di essere dibattuto, o meglio, di essere dilaniato dalla ricerca spasmodica di fare il bene e la tragica coscienza del suo fallimento, espressa con la dolorosa affermazione: “Io faccio quello che non voglio, ma non faccio quello che voglio”.
In secondo luogo, la ricerca di una “terapia” risolutiva della patologia spirituale dell’anima umana. Nel “Dr. Jekyll” emerge la fiducia umana nella scienza medica, o meglio, nella capacità umana di risolvere positivamente il dualismo morale dell’anima umana, anche se l’epilogo è tragico. La concezione cristiana della salvezza dell’anima umana è fuori dall’uomo. Il grido di gioia del cristiano è il grido di gioia di Paolo: …”Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo “, che segue quello più straziante
Della tragica consapevolezza di bonificarsi da sé: “…. Oh misero me , Chi mi libererà da questo corpo di morte?”.
Il protagonista tragico del Romanzo di Stevenson, il Dr Jekyll-Mr Hyde, si suicida, perché rimane inorridito dalla scoperta orrida della sua malvagità latente in lui, la quale malvagità, dopo essere stata sbrigliata, lo ha sopraffatto e asservito, e perché non ha trovato il salutare antidoto che lo avrebbe risanato. L’uomo tragico di Rom 14:25, personificato da Paolo, si lascia trasportare, invece, da un gioioso e liberatorio grido di gioia e di trionfo: “Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”, avendo trovato fuori di sé, nell’azione salvifica divina, il farmaco salutare della sua tragica condizione umana.
Cristo è il Liberatore della condizione tragica dell’uomo, sospeso tra bene e male, un essere spaventevole e mostruoso, che nasconde la sua vera natura, indossando i panni di un stimato signore di salotto, bene educato e di buoni sentimenti. Per quanto l’uomo possa nascondersi dietro la figura fittizia del gentiluomo, dedito a perseguire i più alti, nobili ideali di amore, pace, giustizia e solidarietà, verrà il momento in cui dovrà gettare la maschera e gridare con un incontenibile dolore: …” Chi mi libererà da questo corpo di morte?” e decidere quale strada imboccare , quella tragica che conduce all’autolesionismo, o quella che apre le porte verso la libertà e il riscatto: …”Il Signore è lo Spirito e dov’è lo Spirito del Signore lì c’è libertà”.
Paolo Brancè | Notiziecristiane.com
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