Luci ed ombre della relazione

Oggi si fa un gran parlare di relazione. Tra amici, tra partner, tra colleghi di lavoro, tra maestro e allievo ecc… siamo sicuri che ne abbiamo compreso il senso e la modalità del viverla. Eppure i dati di oggi parlano chiaro; crisi della relazione (P. Riccardi “Personalità e patologie relazionali: come affrontarle” in notiziecristiane.com articolo del 16/02/2018). Oggi definiamo la relazione in crisi e secondo i dati ISTAT, relativi al 2015, è in aumento l’instabilità relazionale. Questo significa che il senso e il significato della relazione non è più colto nella giusta maniera. Le persone, in ogni contesto, vivono il conflitto di rapporto, che noi psicologi e psicoterapeuti chiamiamo e definiamo di relazione. Ma siamo sicuri di avere compreso il senso e l’importanza della relazione? Parliamo di relazione in tutto. Ma è con il cristianesimo che la relazione assume un particolare significato di vita e morte espressa nel significato della croce, tra l’orizzontale e il verticale, tra l’uomo e il trascendente, Dio. Assume particolare importanza pratica nella vita di ogni giorno, fatta di confronto e incontro con l’altro simile; il prossimo. Diventa, la relazione, il comandamento per eccellenza di Gesù: «Amerai il prossimo tuo come te stesso; Non c’è altro comportamento più importante» (Mc- 12,29 – 31). Vi è, in questo passaggio, il senso della relazione tra me e l’altro, tra me e il prossimo. Chiariamo il concetto, Rel-azione, dal latino rel-igare, legare insieme e insieme fare qualcosa, compiere azione. Si deduce che l’uomo non è un essere isolato e oscilla tra la ricerca dell’intimità con l’altro/i (il prossimo) e la sua evoluzione personale (se stessi) per socializzare e insieme fare qualcosa. Oggi, purtroppo, si riscontra una paura dello stare insieme, del condividere e l’altro, il prossimo si configura come il nemico. Ma è proprio nel processo tra ricerca dell’intimità con l’altro/i (amare il prossimo) e la propria evoluzione personale (amare se stessi) che definisce quella che noi psicologi chiamiamo senso di identità. Ognuno ha senso ed è significato per l’altro. Mi piace riportare l’affermazione dello psichiatra esistenzialista Ronald Laing (L’io e gli altri, 1987), quando afferma che “gli altri possono o contribuire all’autorealizzazione del soggetto o, in maniera decisiva, al suo smarrimento (alienazione), fino ai limiti della pazzia.” (Laing R. p.7). E’ probabile che la nostra pazzia sia in riferimento ad una ricerca smoderata della “relazione sana” che assicuri identità, sicurezza, autostima ed ha le radici in quelle relazioni primarie tra madre e bambino che hanno come senso la Protezione, il Conforto e il Sostegno. Messi insieme questi tre aspetti strutturano la personalità matura che è capace di relazionarsi in maniera autonoma, consapevole, spontanea e intima con il mondo circostante e con se stessi. E’ colei che è capace di governare impulsi e sensazioni al servizio del bene comune. Oggi assistiamo ad un estremo della vita o ci lasciamo prendere dal tutto, vedi le patologie della dipendenza in aumento, dal sesso, da internet, dalle chat, dai social, dal gioco, dal cibo, dall’affettività o ci neghiamo al tutto, vivendo nel proprio mondo da schizoide (coloro che si chiudono in se emotivamente). Senza rendersene conto diventiamo vittima di noi stessi. O meglio delle proprie passionalità, del proprio piacere. Ci si rovina con le proprie mani, o meglio con il proprio modo di vivere senza fiducia nella relazione ed è per questo che il salmista recita: «Ecco l’uomo che non aveva fatto di Dio la sua fortezza,ma aveva fiducia nell’abbondanza delle sue ricchezze, e si faceva forte della sua perversità!» (Salmo 57).

Pasquale Riccardi

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