Mali, dove la persecuzione ha costretto all’esodo


VERONA – Sembra aver sorpreso più d’uno l’entrata del Mali nei primi dieci posti della WWList, la classifica dei paesi persecutori dei cristiani resa pubblica martedì scorso da Porte Aperte, l’organizzazione internazionale cristiana evangelica a sostegno della Chiesa perseguitata. Il Paese si è piazzato subito addirittura al settimo posto.
«La maggiore fonte di persecuzione in questo paese – spiega oggi in una nota Porte Aperte – è l’estremismo islamico. In precedenza il Mali era un tipico stato africano occidentale, con una forma in gran parte moderata di islam. Generalmente vi era un certo grado di libertà di vivere la propria fede. Tuttavia la situazione è cambiata repentinamente con la conquista della zona nord del paese da parte dei separatisti tuareg e dei combattenti islamisti e la creazione dello stato indipendente di Azawad ad aprile del 2012. In poche settimane si è stabilito uno stato islamico e si è adottata la legge islamica. Molti cristiani sono stati obbligati a fuggire e le chiese sono state saccheggiate o bruciate».
Alcune testimonianze raccolte dagli operatori di Porte Aperte tra credenti evangelici del Mali: «Gli islamisti hanno invaso la mia città (Gao). Mi hanno sparato in faccia. Sono stato portato all’ospedale da amici e mi è stato rimosso il proiettile. Dio mi ha salvato», racconta Toure, sopravvissuto all’invasione. È salvo, anche se sfigurato, mentre venti delle persone che erano con lui sono morte. Ora, come migliaia di altri cristiani, è fuggito a Bamako, in un esodo che ha coinvolto persino musulmani moderati, impauriti dal radicalismo degli invasori. Molti dei profughi cristiani sono in ansia per familiari e amici rimasti nel nord, poiché non hanno più loro notizie. «Ho dato la mia vita a Cristo due anni fa ma tutti i membri della mia famiglia sono musulmani, è per questo che mia moglie e mia figlia mi disprezzano. Quando gli islamisti hanno conquistato Timbuctù e hanno iniziato i rastrellamenti per uccidere i cristiani, sono scappato in Mauritania», afferma Mohamed Habi, altro cristiano sopravvissuto. «Ho implorato – prosegue – mia moglie e mia figlia di venire con me, ma loro hanno rifiutato. Mia moglie mi ha chiesto di rinnegare Cristo e di rimanere nel nord con loro, ma non ho potuto…». L’uomo, nel ricordare e raccontare, era «profondamente scosso» riferisce l’operatore di Porte Aperte. Quest’organizzazione, grazie al sostegno dei credenti di paesi in cui gli evangelici sono liberi di professare la loro fede, nel corso del 2012 ha potuto portare aiuti di prima necessità e medicinali ai profughi interni in Mali (l’UNHCR ha stimato fino a 250 mila quelli fuggiti in altri paesi). «Abbiamo nove figli, se non fosse stato per il vostro aiuto, come saremmo riusciti a sopravvivere?», si chiedeva Zeinabou Walatalhamir, profugo cristiano a Bamako. «Questo – termina la nota di Porte Aperte – è stato possibile grazie al vostro continuo sostegno. Grazie di cuore perché il vostro sacrificio si tramuta in tangibile sostegno per altri membri del Corpo di Cristo».
On line è disponibile la WWList 2013 (http://bit.ly/Zx7hEy), in febbraio con la rivista di Porte Aperte (ad abbonamento gratuito, qui il modulo per riceverla: http://bit.ly/XnrcpL) ne sarà diramata la mappa cartacea in formato poster. [gp]

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