Muri che proteggono, muri di odio?

Muri-che-proteggono-muri-di-odio_mediumNon si impiegarono più di 18 ore per avviare l’erezione del muro di Berlino il 12 agosto 1961. Ci sarebbero voluti 28 anni per abbatterlo. La demarcazione di un confine tra territori ideologicamente contrapposti, ai quali fu affidata la concreta materializzazione della “cortina di ferro” annunciata nel secondo dopoguerra, fu ufficialmente giustificata da esigenze di protezione, per evitare un’aggressione da parte dello schieramento opposto.

 Nella foto: Murale di Banksy presso la Striscia di Gaza

Fa riflettere la considerazione che, per la stessa concezione, l’imperatore Qin Shi Huangdi decise di costruire la Grande Muraglia Cinese. Era il III secolo a.C.. Un esempio, paragonabile in piccole dimensioni a quello cinese, fu il vallo dell’imperatore romano Adriano: un muro fortificato tra Inghilterra e Scozia, che intendeva proteggere le frontiere dell’impero romano in Britannia dagli attacchi degli scozzesi, nel II secolo d.C.

Possibile che, a distanza di centinaia di anni, non siano ancora stati ideati e rafforzati strumenti e forum di conciliazione e dialogo piuttosto che di separazione? Evidentemente no, se oggi i muri innalzati a rafforzare i confini e a dividere i popoli sono tanto numerosi. Alcuni esempi? La barriera di separazione israeliana in Cisgiordania, costruita dal 2002 “allo scopo di impedire l’accesso di terroristi palestinesi nel territorio nazionale”; forse i 700 Km di muro più noti e conosciuti al mondo che hanno stimolato una fervente attività di condanna da parte delle istituzioni internazionali, specie dalla Corte di Giustizia dell’Aia; e campagne di sensibilizzazione da parte di artisti e musicisti sui problemi legati alla presenza della barriera divisoria, ribattezzata dai più critici “della vergogna”, come i celebri murales dipinti dal graffitaro inglese Banksy sul muro a Betlemme. Di più recente costruzione è la lunga barriera di cemento, fossati e filo spinato che salvaguarderebbe l’Iran dai trafficanti di stupefacenti (specie di eroina) lungo il confine montagnoso con il Pakistan. Una decisione che Teheran ha condiviso con Islamabad, e che ha seguito quella analoga di fortificare tutta la frontiera con l’Afghanistan per arrestare il traffico di oppio verso i mercati europei. Un vero e proprio “effetto domino” per una regione dai rapporti interstatali piuttosto conflittuali: il Pakistan non ha potuto fare a meno di innalzare a sua volta una barriera di 2.400 Km sul confine con l’Afghanistan; e anche l’India ha avanzato la concreta ipotesi di costruzione di un muro lungo la cosiddetta linea di controllo della regione del Kashmir, ossia quella che divide la zona sotto l’influenza indiana da quella pakistana. Un gesto che potrebbe acuire le difficili relazioni tra i due Paesi, marcate, anche in questo caso, dalla presenza di un muro di 3.300 km che l’India ha costruito lungo la frontiera con il Pakistan. Anche l’Arabia Saudita ha costruito un alto muro sorvegliato sul confine al sud, per impedire l’accesso al Paese dallo Yemen, e a nord uno analogo lungo la frontiera con l’Iraq. E ancora una barriera divisoria esiste tra Iraq e Kuwait, innalzato dopo l’invasione di Saddam Hussein del 1990, tra gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman, nonché tra l’Uzbekistan e il Tagikistan.

Al pari di quella fra India e Pakistan, anche la storica inimicizia tra Corea del Nord e Corea del Sud è stata concretata da una barriera di separazione sulla linea dell’armistizio sancita nel 1953 alla conclusione della sanguinosa guerra di Corea: se non un muro nel senso letterale, qualcosa di molto simile. La buddhista Thailandia ha invece innalzato nel 2006 un muro fortificato nel tratto di frontiera più accessibiledalla musulmana Malesia, per limitare l’influenza del fondamentalismo islamico sul suo governo.

Non dimentichiamo poi il cosiddetto muro di sabbia, alto dieci metri e lungo 2.720 km, fatto costruire da re Hassan di Marocco a partire dal 1981 per proteggere le popolazioni residenti a nord della zona del Saharawi controllato dal Frente Polisario. E ancora una barriera separatoria elettrificata è stata innalzata nel 2003 dalBotswana sulla frontiera con lo Zimbabwe, ufficialmente per la prevenzione della malattia mano-piede-bocca. In Maghreb, la Spagna ha eretto delle doppie barriere elettrificate a difesa delle sue due enclave, Ceuta e Melilla, allo scopo di impedire l’accesso degli immigrati marocchini o sub-sahariani, che di certo la posizione delle due città favorirebbe. Analoga ragione che ha indotto il governo degli Stati Unitia erigere una sorta di muro sul confine con il Messico, così da arrestare ulteriormente l’ingresso senza visto nel Paese.

In Europa la barriera più celebre ancora esistente è quella che divide in due Cipro, da quando la Turchia rivendicò e occupò una parte dell’isola, che da allora costituisce la Repubblica autonoma di Cipro Nord.

Che servano a impedire l’immigrazione, il traffico di stupefacenti, i conflitti, gli attacchi terroristici, o a marcare una specifica area geografica, questi muri si alzano quasi sempre con funzioni di protezione. Anche l’Italia non ne è esente. Fino al 2004 un muro divise la città di Gorizia dalla parte jugoslava (ora slovena) della città, Nova Gorica. Perché non parlare poi della proposta lanciata alcuni mesi fa dalla Lega dei Ticinesi, al momento sospesa, di costruire una barriera di separazione tra Chiasso e Como. L’obiettivo? Contrastare l’accesso in Canton Ticino dalle province di Como e Varese dei lavoratori frontalieri italiani, nonché di altri immigrati.

Le decisioni governative in merito all’innalzamento o meno di muri sui confini dovrebbero rispecchiare la volontà dei cittadini, i loro timori e aspettative per il futuro. Un Paese chiuso in se stesso e timoroso dell’esterno costituisce l’esatto opposto di quel modello di “uni-mondo” che anche questo portale on line tenta di promuovere. Sta quindi a ognuno di noi decidere se essere o meno soltanto “un mattone nel muro”.

Miriam Rossi

Fonte: unimondo.org

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