Dal 2009 a oggi Kathmandu ha registrato una crescita del 63%, portando il numero di esemplari da 121 a 198. Pechino resta la minaccia più grande nella lotta all’estinzione di questi animali, le cui parti vengono usate nella medicina tradizionale cinese.Kathmandu (AsiaNews) – Il Nepal segna un punto a suo favore nella battaglia contro l’estinzione delle tigri selvatiche: per la prima volta in 40 anni, il Paese conta 198 esemplari di questi felini, registrando un aumento del 63% rispetto al 2009. Risale infatti a quattro anni fa l’ultimo censimento sulle tigri, che aveva rintracciato 121 esemplari.
Il Nepal ha iniziato a “contare” le sue tigri solo dagli anni ’70, con l’approvazione del National Parks and Wildlife Conservation Act 2029 B.S. e l’avvio del Tiger Ecology Project. All’epoca i grandi felini erano appena 70.
Per la National Tiger Conservation Committee (Ntcc) – guidata dal primo ministro ad interim Khila Raj Regmi – si tratta di un grande traguardo, che va preservato continuando a combattere il contrabbando.
Da questo punto da vista, la minaccia più grande arriva dalla Cina. “La cultura tradizionale cinese – spiega Ghanshyam Gurung, esperto nepalese del Wwf – incoraggia l’uso della carne e di altre parti di tigre in diverse medicine. Questo ha messo a rischio la vita dei grandi felini. Pechino e le sue autorità culturali e religiose devono aiutarci a combattere il contrabbando, che è diventato una minaccia non solo per le tigri, ma per la conservazione degli animali selvatici del Nepal”.
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