Non perdiamoci di vista

Salmo 37 v. 25 “Sono stato fanciullo ed ora sono divenuto vecchio, ma non ho mai visto il giusto abbandonato, né la sua progenie mendicare io pane”.

In questo giorni ho avuto modo di sfogliare le pagine di un vecchio libro cristiano scritto dal Past. Charles Allen dal titolo LA PSICHIATRIA DI DIO ed ho subito capito che si trattava davvero di uno strumento prezioso di cui Dio mi aveva fornito per la mia edificazione.

Il testo è incentrato sul famoso Salmo 23 ma, nell’esaminare lo stesso, l’autore utilizza numerosi passaggi biblici tratti da ambedue i testamenti.

Il salmo 37 citato in apertura è proprio uno di questi e credo fermamente racchiuda una verità spirituale capace di mitigare ogni pensiero negativo, divenendo una “pillola cristiana” contro ogni forma di ansia.

Il re Davide, autore di quello che a mio giudizio è un’inestimabile perla di saggezza cristiana, scrisse il salmo 37 intitolandolo come “Sicurezza di quelli che confidano nell’Eterno ed insicurezza dei malvagi”.

Il salmista nei 40 versetti che compongono il testo invita a distogliere lo sguardo ovvero la nostra attenzione dalle persone malvagie che “apparentemente” prosperano ed a concentrarci invece su ciò che l’Eterno degli Eserciti è pronto ad operare in favore di coloro che si affidano a Lui.

Non è infatti un caso che il primo rigo del verso 1 del salmo 37 esordisca con: “Non affliggerti a motivo dei malvagi”.

Il re Davide, profondamente ispirato dallo Spirito Santo, comprese che angosciarsi per “l’agio” in cui godono avvolte gli empi è realmente come avere a che fare con l’oppio di Satana ovvero “impelagarsi” in un inutile stordimento fine a se stesso.

In altre parole il Signore sussurrò al cuore del salmista dicendo: “pensa a te, non guardare gli altri e quello che fanno, non è una questione che riguarda te, ma Me!”.

Il Signore non vuole per nessun motivo che possiamo perderci allontanandoci  dal sentiero che Lui ha tracciato per noi perché solo se resteremo saldi nelle sue vie “quando cadremo non saremo atterrati, perché l’Eterno ci sostiene la mano” come scritto nel verso 24.

Quindi struggersi per la prosperità di coloro che sappiamo palesemente non meritevoli di vivere in una condizione di agio è inutile ed anticristiano esattamente come vivere nel panico davanti ad una situazione avversa che ostacola la nostra realizzazione sia essa familiare, economica o lavorativa.

Dio si rivolge a noi oggi esattamente come fece Pietro nei confronti dello zoppo che mendicava davanti alla porta Bella del tempio, sperando che qualcuno ne avesse compassione, concedendogli qualche moneta per protrarre la sua misera esistenza ancora per un altro giorno.

Nel Libro degli Atti Pietro, insieme all’apostolo Giovanni, fissò lo sguardo sul paralitico ed avendone compassione per la miserabile esistenza che conduceva si rivolse a lui dicendogli soltanto due parole “Guarda noi”.

Immagino che Pietro, alla vista del mendicante, posò la sua mano callosa da pescatore sulla spalla dell’uomo fissandolo intensamente negli occhi con uno sguardo penetrante e tipico di colui che nella vita ha conosciuto bene “afflizione e tribolazione” ma era andato oltre avendo avuto un esperienza diretta con “Colui che ha vinto il mondo”.

Lo sventurato accasciato ai piedi della porta Bella nel Tempio di Gerusalemme è l’immagine del credente che, in preda agli eventi avversi della vita che lo colpiscono, resta disorientato e si guarda attorno ovunque, fissando lo sguardo su tutto tranne che su Chi può realmente trainarlo fuori dalla sua avversità.

Da Davide a Pietro le cose per il credente di oggi non sono poi così cambiate dal momento che sempre più spesso viene commesso l’errore  o se vogliamo “l’orrore” di affidarsi alle emozioni, agli stati d’animo ed ai nostri preconcetti che ci paralizzano in una situazione di stallo tipo “sabbie mobili” in cui è possibile solo continuare a sprofondare anziché uscire.

Per evitare una pericolosa “paralisi spirituale” è buona cosa porre il nostro sguardo su Cristo evitando sia di “sbirciare” cosa accada nell’orto del nostro vicino empio o di rassegnarsi amaramente ad una dinamica esistenziale che sembra insormontabile.

Tutto questo non sarà sicuramente facile ma non impossibile per chi ha fede anche se questa fosse molto più piccola di “un granel di senape”.

Cogliamo l’invito del Salmista, esattamente come enunciato nel verso di apertura, vivendo nella piena consapevolezza che il giusto non è mai stato abbandonato da Dio.

È questo l’orizzonte verso il quale non dobbiamo volgere lo sguardo della fede ovvero la piena consapevolezza che le circostanze potranno avvolte essere avverse ma non prevarranno mai su di noi.

Come il cavallo vincente si vede all’arrivo e non alla partenza, capitalizziamo l’incoraggiamento espresso del Re Davide nel Salmo 37 vivendo nella piena consapevolezza che quando trarremo le somme alla fine di ogni giornata i conti saranno sempre in positivo.

Impariamo quotidianamente a dimorare all’ombra delle promesse contenute nella Sacra Scrittura poiché Colui che le ha fatte è fedele per adempierle ed avrà sempre cura dei suoi amati figli.

Concludo esortandoti a credere con forza che in qualunque momento della tua vita ed in ogni circostanza che stai attraversando Dio avrà sempre l’ultima parola in tuo riguardo.

Dio ti benedica.

Roberto Curi

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