non temiamo di sperare

Eliseo le disse: “L’anno prossimo, in questo stesso periodo, tu abbraccerai un figlio”. Lei rispose: “No, mio signore, tu che sei un uomo di Dio, non ingannare la tua serva!” (2Re 4:16)

Il profeta Eliseo esercitò il suo ministero in un periodo complicato e per molti versi difficile: apostasia, carestie, guerre e malattie flagellavano la vita degli Israeliti.

Una fede sincera e generosa
In un tale contesto, nei suoi viaggi, il profeta fu spesso ospite di una famiglia che mostrò di avere grande fede e devozione realizzando in casa propria una stanza per colui che era riconosciuto chiaramente come un santo uomo di Dio. Ci troviamo davanti a un bellissimo esempio di famiglia credente che riconosce, accoglie e onora il ministero.
Il profeta, colpito da tanta generosità, volle ricompensare la loro fede con la promessa di un dono inatteso e insperato: un figlio. Si trattava di una gratifica veramente speciale per una coppia che, evidentemente, non aveva più alcuna speranza di avere un erede.
Il nostro versetto di riferimento descrive la reazione della donna che, seppure rispettosa nei confronti del profeta, credente e timorata di Dio, reagì quasi impaurita: “Mio signore, non illudermi, tu che sei uomo di Dio!”

Una fede rassegnata: la paura di sperare
La Sunamita, pur essendo un esempio positivo di fede, rappresenta il tipo di fede che tende a rassegnarsi alla realtà e ad accontentarsi nelle proprie limitazioni. In questo modo finisce per ridurre di molto le opportunità di crescita, benedizione e servizio che Dio potrebbe e vorrebbe donarle. Dovremmo sapere che “essere contenti nello stato in cui ci troviamo” non significa rassegnarsi alla sterilità e alla mediocrità spirituale.
Spesso la fede che si accontenta è la reazione, irritata e delusa, a un tipo di cristianesimo che promette “tutto a tutti” e che alimenta sogni di gloria, egoismo e materialismo.
Se è vero che questo tipo di predicazione è deleterio, nessuno di noi può andare all’altro estremo, diventando vittima della “paura di credere” negli interventi miracolosi di Dio nelle nostre vite, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità.
Il miracolo non era stato richiesto dalla donna e nemmeno dal marito ma fu un’iniziativa divina mediante la strumentalità del Suo profeta e lei avrebbe fatto bene a fidarsi.
Una fede provata: Il dovere di sperare.
Conoscendo il sentimento della donna, il profeta non si mostrò risentito, ma la lasciò andare alle sue cose. Sta di fatto che il figlio nacque e crebbe, e la famiglia gioiva di questa benedizione. La storia, ben nota alla gran parte di noi, presenta un colpo di scena: la morte improvvisa del ragazzo, ormai cresciuto. In quell’occasione la fede della donna, duramente provata, mostrò un risvolto inatteso e molto edificante. Dopo aver lasciato il figlio esanime a casa, mentre si recava dal profeta, quando le fu chiesto: “Stai bene? Sta bene tuo marito? E il bambino sta bene?”, la sua risposta fu semplice quanto netta: “Bene” (versione Diodati). Davanti al più orrendo dei lutti, la perdita dell’unico figlio, la Sunamita non si lasciò andare alla disperazione ma chiese e pretese che l’uomo di Dio tornasse a casa con lei e nulla l’avrebbe fatta desistere da quell’intenzione. Colei che aveva avuto paura di restare delusa davanti alla promessa di una gravidanza, ora credeva fermamente nel ritorno in vita del suo unico figlio.
L’epilogo della storia è noto: il ragazzo tornò miracolosamente in vita ed Eliseo lo restituì a sua madre.

La sfida: il dovere di sperare, senza paura di essere delusi
Non è necessario insistere per dimostrare che l’anno appena iniziato ci ha colti in uno dei periodi più bui della storia, nel mezzo di una crisi la cui natura, intensità e durata nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare e la cui fine nessuno sa prevedere.
La nostra fede è messa alla prova: il rischio dello scoraggiamento e dello sviamento non è affatto remoto e non sta risparmiando nessun credente e nessuna comunità.
La paura di rimanere delusi sta inducendo molti credenti a vivere una fede mediocre che non riesce a fidarsi, a sperare e a realizzare le benedizioni, la provvidenza e la potenza di Dio.
In questo contesto il nostro testo biblico fornisce un grande incoraggiamento: se la presenza e la parola di Eliseo furono in grado di suscitare, alimentare e premiare la fede di una famiglia in quei tempi cupi, quanto più noi oggi possiamo essere incoraggiati a vivere una fede piena e vittoriosa, non superficiale e disinteressata, confidando nella presenza, nella Parola e nella potenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo!

Cari fratelli e sorelle in Cristo, non illudiamoci con falsi ottimismi, ma non lasciamoci scoraggiare arrendendoci al pessimismo causato da una realtà difficile. Piuttosto entriamo in questo nuovo anno fondati sulle promesse della Parola di Dio, sapendo che – nonostante tutto e qualunque cosa accada – possiamo e dobbiamo sperare contro speranza.
Crediamo con tutto il cuore che, quest’anno ancora, potremo insieme lodare il Signore, continuare a edificare la Sua chiesa senza mai smettere di evangelizzare, come da Suo mandato, fino all’estremità della terra e fino al Suo prossimo, desiderato ritorno!

Gaetano Montante

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