Orizzonte complesso e globale

index-201x300

index-201x300The Global Diffusion of Evangelicalism Brian Stanley | Recensione di: René Breuel

The Global Diffusion of Evangelicalism: The Age of Billy Graham and John Stott. Nottingham, England: Inter-Varsity Press, 2013. 283 pp. $18.50 Rimarrà la fede evangelica un movimento coeso e sostanzioso nel ventunesimo secolo, data la diffusione globale e la diversità interna che ha raggiunto? O si fratturerà in traiettorie e tribù divergenti? Questa è la domanda al cuore dell’autorevole storia dell’Evangelismo mondiale di lingua inglese nella seconda metà del ventesimo secolo di Brian Stanley. Il libro copre la quinta “era” o generazione evangelica, dopo la sua nascita con i risvegli di Whitefield, Edwards e Wesley negli anni 40 del 1700; la sua espansione, maturazione e coscienza sociale con Wilbeforce, Finney, More, e Chalmers; la sua prominenza ecclesiastica nel mondo di lingua inglese con Spurgeon e Moody; la sua rottura dai dibattiti tra fondamentalisti e liberali e la nascita del Pentecostalismo nell’inizio del ventesimo secolo. Lo scenario ora non è più transatlantico, né occidentale, come nelle ere precedenti, ma globale. I semi del movimento missionario diedero vita a movimenti nazionali vivaci, ed avanzi nelle tecnologie di trasporto e comunicazione resero l’Evangelismo una famiglia globale. Le sfide del successo È una storia, secondo la penna abile di Stanley, di una diffusione senza precedenti della fede che portò anche a complessità geografiche, culturali e teologiche. “Questo periodo è segnato da una crescente diversificazione della tradizione evangelica come conseguenza della sua continua diffusione culturale e geografica e dalle risposte strategiche divergenti degli evangelici agli avanzi del secolarismo nel tessuto intellettuale, morale e sociale della Cristianità occidentale”. (pag. 27) Stanley osserva tre fasi di sviluppo evangelico nel dopoguerra. Nel primo periodo, che va circa dal 1945 al 1960, i leader cercarono una “chiarezza di identità” che andasse oltre le polemiche tra fondamentalisti e liberali dell’inizio secolo, raggiunta negli Stati Uniti attraverso la fondazione di un ente rappresentativo (la NAE), un portavoce (Billy Graham), una scuola per formare futuri leader (il Seminario Fuller) e una rivista d’opinione (la Christianity Today). In Inghilterra, tale via di mezzo fu tracciata da leader come John Stott e J. I. Packer nella Chiesa d’Inghilterra e Martyn Lloyd-Jones tra le chiese libere. Internazionalmente, la ricerca evangelica di identità e missione in questo periodo portò alla formazione dell’International Fellowship of Evangelical Students (1947), la World Evangelical Fellowship (1951) e il Comitato Lausanne per l’Evangelizzazione Mondiale (1974). Nel secondo periodo, i lunghi anni sessanta che vanno dal 1958 al 1974, il consenso raggiunto “si mantese relativamente fermo e esercitò crescente influenza”, come mostra l’esempio del Congresso Mondiale di Evangelizzazione a Berlino nel 1966. (pag. 28) Tuttavia, le culture occidentali e le fondamenta della cristianità cambiarono drasticamente in questo periodo. Questo portò a numerose strategie di risposta, esaminate nel libro in modo più dettagliato nei capitoli sulla missione, la teologia e la predicazione, l’apologetica, l’ermeneutica e l’etica sociale e sessuale. Il terzo periodo, dal 1974 al 2000, testimoniò la diffusione globale della fede e la crescente differenziazione della fede. Il movimento carismatico penetrò molte denominazioni storiche e portò alla formazione di vari network e megachiese, a fianco delle denominazioni classiche del Pentecostalismo. Il culto evangelico diventò più soggettivo e voltato alle sensazioni, ed alcuni leader cercarono “un’integrazione o così detta “convergenza” tra tradizioni evangeliche, carismatiche e sacramentali”. (pag. 240). Però la più grande sfida alla coesione del movimento evangelico consisté nel cambio da un centro gravitazionale transatlantico ad uno meridionale. Crescite notevole e a volte drastiche produssero grandi popolazioni evangeliche nell’Africa subsahariana, nell’America Latina, e in zone dell’Asia quali la Corea, l’India, e la Cina. “La situazione cominciò a cambiare soltanto quando diventò chiaro che l’Evangelismo era ora una comunità globale multiculturale che includeva un settore grande e crescente che non era né bianco né benestante”. (pag. 155) Stanley nota qui l’importanza del Congresso di Losanna del 1974, che ridefinì il consenso evangelico includendo anche voci globali e affrontando questioni sociali che non erano state affrontate appropriatamente prima. Il Congresso ebbe “un’importanza basilare per l’identità culturale e futuro orientamento missiologico del movimento evangelico mondiale” (pag. 155) e fu seguito dalla formazione del Movimento Losanna e da congressi a Manila (1989) e Città del Capo (2010). Diffusione o disintegrazione? Nei primi anni del ventunesimo secolo, Stanley osserva il notevole successo globale della fede evangelica: al centro del Protestantesimo americano dopo il declivio delle chiese storiche; penetrata nelle grandi denominazioni del Regno Unito, Canada e Australasia; sempre più prominente e diffusa globalmente. (pag. 235) Tuttavia, si domanda anche se l’Evangelismo non soccomberà al proprio successo e si frantumerà in movimenti divergenti. È la domanda rivolta in modo indiretto ad ogni lettore del libro: che traiettorie sono scritte dalla attuale leadership evangelica? Come sembrerà l’Evangelismo globale ad uno storico nel 2015? Ci sarà molto in comune tra un giapponese riformato, un finlandese carismatico e un argentino aperto/emergente? Stanley nota sia valutazioni pessimiste che si preoccupano per esempio dell’integrità dei vangeli di salute e prosperità che animano molto della crescita in paesi in via di sviluppo, sia l’osservazione che l’Evangelismo ha superato ripetutamente momenti di crisi e riallineamenti più grandi.

Conclude osservando, però, che dibattiti nell’emisfero nord “difficilmente determineranno il futuro dell’Evangelismo… come quelli nelle strade, baraccopoli e villaggi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina”. (pag. 247) Il movimento è ora più ampio; l’orizzonte è complesso e globale. Il ruolo delle network internazionali e forum come l’imminente Lausanne Younger Leaders Gathering sarà chiave per mediare il dialogo tra continenti e prospettive teologiche. La continuità incarnata del Vangelo nella comunità di fede si è trasferita ad una nuova geografia, e in questa geografica fiorirà o scemerà. René Breuel è il pastore fondatore della Chiesa Evangelica San Lorenzo a Roma, l’editore di wonderingfair.com, e l’autore di The Paradox of Happiness.

Fonte: http://www.cristiani.info/

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook