Un paio di jeans e una camicetta donati da un’associazione benefica, 75 dollari in tasca e la laurea presa in cella. Paula Cooper ha messo piede fuori dal carcere di Rockville, in Indiana, per la prima volta dopo 27 anni. Con una sola speranza. Che non tutti negli Stati Uniti ricordino il suo nome.
Per più di un quarto di secolo Paula aveva aspettato di morire in prigione. O sulla sedia elettrica, o perché sapeva che avrebbe finito i suoi giorni nell’istituto di correzione dove era entrata sedicenne. Invece ora, a 43 anni e dopo essere stata protagonista di una delle più imponenti campagne contro la pena di morte della storia, la donna afroamericana condannata per un brutale omicidio ha una seconda opportunità – e prega che il mondo fuori dalle mura della prigione sia disposto a dargliela.
La sua storia ha diviso l’America più volte. Prima nel 1985, quando fu arrestata per aver ucciso a coltellate un’anziana catechista per rubarle una vecchia auto e 10 dollari. Allora ci fu chi chiedeva clemenza per la 15enne nera, proveniente da una famiglia sfasciata e cresciuta in mezzo alla violenza, e chi invocava una sentenza modello per punire senza pietà ciascuna delle 30 pugnalate inferte sul corpo della 78enne Ruth Pelke. Il giudice del caso, James Kimbrough, la pensava come questi ultimi e condannò Paula alla morte, facendone la più giovane detenuta nel braccio della morte nella storia americana. Ma chi pensava che giustizia era fatta si sbagliava.
La notizia del verdetto fece il giro del mondo, avviando una petizione che avrebbe raccolto più di due milioni di firme contro la sua esecuzione. Poco dopo, nel 1988, la Corte Suprema americana decretò che nessun criminale poteva essere condannato a morte per delitti commessi prima dei 16 anni (nel 2005 l’età è stata alzata a 18 anni). Lo stesso anno l’Indiana fu costretto a cambiare le sue leggi (che fino a quel momento prevedevano la messa a morte anche di bambini di 10 anni) e la sentenza di Paula fu commutata a 60 anni di carcere. Da allora la donna ha dedicato i suoi giorni allo studio, a un progetto per l’addestramento di cani per i non vedenti e all’assistenza psicologica di altre detenute.
Un percorso seguito da vicino e incoraggiato da Bill Pelke, nipote della vittima di Paula, che negli anni Novanta si era avvicinato all’assassina della nonna per assicurarle il perdono della famiglia. I meriti acquisiti durante la detenzione sono di recente stati trasformati in sconti di pena, tanto che qualche mese fa Paula Cooper è stata informata che, con ogni probabilità, non sarebbe morta in carcere. Sarebbe invece uscita, e avrebbe avuto la possibilità di ricominciare. Ma anche questo capitolo della sua vita ha diviso l’America. Accanto a chi celebra la riabilitazione della donna ci sono migliaia di persone che hanno preso d’assalto i siti Internet della prigione e del governatore dell’Indiana con inviti a ripensarci. C’è anche chi promette che farà di tutto per non permettere alla Cooper di voltare pagina, facendo sapere ai suoi nuovi vicini e al suo datore di lavoro chi è veramente.
Per questo il Dipartimento carcerario dell’Indiana ha portato la donna in una località segreta, fuori dai confini dello Stato. Dove Paula spera che il suo nome e il suo volto siano solo un nome e un volto qualunque.
Perché, per noi, è così difficile perdonare? “Perdonare significa liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero, forse sei tu! Questo è quel che è successo per il caso di Paula Cooper, dove la forza del perdono manifestata dal nipote della vittima verso la carnefice ha fatto sì che si attuasse il ravvedimento e il pentimento prima verso Cristo e poi verso i familiari della vittima. Il nipote della vittima era scioccato nel vedere, allora minorenne, Paula Cooper veramente pentita per ciò che aveva fatto; ma la benedizione più grande per Paula fu che Bill Pelke dopo aver visto ciò che aveva fatto chiese a Gesù di entrare nel proprio cuore. In seguito alcune persone vicine a Paula Cooper diedero la loro vita a Cristo dopo aver visto la sua potente testimonianza.
Parliamo spesso del perdono e diciamo a noi stessi che dobbiamo perdonare, ma quando ci troviamo faccia a faccia con la questione o la persona, ci chiediamo se abbiamo davvero perdonato, non solo con il cuore ma anche con la mente e con l’anima. Ricorda, non importa quanto possa essere grave il torto subìto, puoi tornare a essere una persona felice e guarita se arriverai a un sincero e profondo perdono del peccato subìto.
Prego che il racconto dell’esperienza personale vissuta con la storia di Paula Cooper possa essere di aiuto a quanti desiderano di più nel loro cammino spirituale.
La mancanza di perdono, influenza fortemente lo stato di salute di coloro che vivono in questa condizione, causando invecchiamento precoce e ulcere, il sistema nervoso è uno dei primi a subirne gli effetti negativi. L’insonnia e la difficoltà a mantenere uno stato mentale diurno sereno, la spossatezza possono essere gli effetti della pressione mentale causata dalla mancanza di perdono.
Man mano che invecchiamo l’incapacità di perdonare diventa un comportamento sempre più radicato, dal momento che negli anni modella letteralmente il nostro cuore e la nostra mente alla propria immagine. Per questo motivo deve essere trattato il prima possibile allorché si presenta nella nostra vita, per il benessere della nostra anima e dell’intero nostro essere.
Potremmo riuscire a coprire il nostro stato d’animo anche per molto tempo, ma ciò che è nel cuore sicuramente fuoriuscirà manifestando profonda amarezza attraverso la nostra bocca, il peggio di tutto è che in tal modo essa influenzerà negativamente anche altri che sono innocenti.
Molti assumono farmaci, nel tentativo di “normalizzare” la propria vita, ma nessuna terapia medica può curare un cuore che rifiuta di perdonare. Tali farmaci al contrario finiscono per intorpidire la mente senza poter effettivamente risolvere il problema, perciò i dottori dicono chiaramente a quei pazienti che vi ricorrono, di doverli assumere per tutta la vita.
Sarebbe tanto più facile (e meno dannoso per il fegato) risolvere la questione sulle ginocchia, in preghiera, trovando pace alla propria anima.
La salvezza in se stessa è tutta concentrata sul perdono dei nostri peccati. Chiediamo a Dio di perdonarci dai nostri molti falli e per fede crediamo che Egli lo fa, tuttavia molti hanno molta difficoltà a riceverlo, perché l’incapacità di perdonare porta non solo tristezza, ma anche il senso di condanna dentro di noi.
Molte volte troviamo difficile perdonare alcuni che ci hanno fatto un torto e poniamo tante scuse sui motivi per cui non lo facciamo.
In Matteo 6:14-15 è piuttosto chiaro relativamente al fatto che nessuno di noi è perdonato da Dio se non perdona a sua volta.
Quest’affermazione di Cristo nonostante sia molto seria per la salvezza della nostra anima è considerata con troppa leggerezza e talvolta ignorata, poiché molti ritengono che non sia applicabile alla loro situazione specifica, per la gravità del torto subìto.
Molti accampano delle scuse relativamente alla fragilità umana, ma Gesù non lo fece. La mancanza di perdono è una delle questioni che divide di più la Chiesa e crea ferite e danni. Nonostante la debolezza e la vergogna che abbia procurato in molte radunanze ci ostiniamo a pensare che anche Dio la ignori e la consideri con leggerezza.
Forse mi dirai: “Cosa ne sai tu? Tante volte la questione non si è risolta con severità ma con tolleranza. Può mai essere questa una ragione per cui l’entrata nel Regno di Dio è stretta e pochi sono quelli che ci vanno”? Se solo riuscissimo a vedere la serietà del soggetto e come blocca il cuore dell’uomo dall’entrare nella presenza di Dio ci ravvedremmo con lacrime.
È stato il triste frutto della mancanza di perdono. Essa può distruggere intere famiglie. Perdonare è semplice (a volte) ma dimenticare è difficile se non impossibile. La capacità di Dio di dimenticare è uno dei Suoi attributi più meravigliosi. Noi non lo possediamo e dobbiamo ammettere che non riusciamo a dimenticare, tuttavia è il principio del vero perdono.
Mi piace raccontare la storia di un vero figlio di Dio che ha ancor’oggi l’opportunità, a causa della sua situazione familiare, di poter testimoniare a famiglie che affrontano la terribile prova dell’adulterio, del tradimento e del divorzio. Dire di perdonare e dimenticare è facile ma nessuno che abbia attraversato questo tipo di situazioni può capire quanto sia difficile farlo.
Capisco che per chi come lui è sposato da circa quarant’anni e dimenticare non è possibile (a meno che non mi ammali di Alzheimer), ma perdonare e proteggere il mio cuore dall’amarezza lo è.
Camminare vicino a Cristo e comprendere con il cuore che tutte le cose cooperano al bene per coloro che Lo amano, è una condizione necessaria (Romani 8). Noi non possiamo dimenticare ma perdonando sinceramente i ricordi sono più brevi, semplici e il dolore sembra minore. Perdonare è la più alta e più bella forma di amore. In cambio riceverai un’inspiegabile pace e felicità.
Un’altra esperienza di perdono ci è data anche dalla storia del fratello Peppe da Napoli. Lui è un ex-camorrista, un boss e ha una testimonianza davvero potente. Un giorno, un uomo attentò alla vita di suo padre scaricando su di lui l’intero caricatore del fucile, ma miracolosamente sopravvisse. Da quel giorno però, Peppe visse con l’unico sogno di vendicare suo padre. Un giorno avvenne che Peppe incontrò l’assassino e anche lui scaricò il suo fucile su l’uomo ma incredibile a dirsi anche costui sopravvisse. Ora Peppe era guidato da un pensiero, trovare quell’uomo e finire il lavoro. Voleva portare onore alla famiglia e ottenere vendetta, ma Gesù aveva altri piani per lui… Peppe si ravvide dei suoi peccati e l’odio fu uno dei più grandi che dovette risolvere. Il Signore mise nel suo cuore il pensiero di andare dal suo nemico a dirgli che lo aveva perdonato. L’uomo era scioccato nel vedere Peppe pentito e che piangeva per ciò che aveva fatto; ma la benedizione più grande per Peppe fu che suo padre dopo aver visto ciò che aveva fatto chiese a Gesù di entrare nel proprio cuore. In seguito un fratello e due delle sue sorelle diedero la loro vita a Cristo dopo aver visto la sua potente testimonianza. Una delle sue sorelle divenne una testimone di Cristo ben nota in tutta la zona di Napoli.
Il perdono apre le porte! Ci sono benedizioni che non possiamo immaginare quando rompiamo le catene della mancanza di perdono. Quando nutri risentimento verso un altro, tu sei legato a quella persona o a quella condizione con un legame emotivo più forte dell’acciaio. Il perdono è il solo modo per dissolvere tale legame ed essere liberi. Un modo di sapere se abbiamo perdonato, non è soltanto di pregare per quella persona, ma possiamo chiedere al Signore di benedire la sua vita. Questo è un vero segno di perdono!
Molto tempo fa una giovane ragazza venne al Signore. Il suo nome Paola (nome di fantasia) era stata abusata dal padre da quando aveva sette anni e per tutta l’infanzia e gran parte dell’adolescenza aveva vissuto nell’angoscia e nell’odio con una grande incapacità di perdonare suo padre. Quando aveva dodici anni rimase incinta di suo padre il quale la costrinse ad abortire; sua madre lo scoprì e la mandò a prostituirsi accusandola di averlo sedotto. La sua vita era rovinata senza più rispetto per se stessa e senza dignità.
Paola venne al Signore in un modo glorioso, si avvicinò all’altare al termine di una predicazione sotto la grande tenda e s’innamorò del Signore.
Una delle prime cose che Dio mise nel suo cuore fu di perdonare quel mostro di suo padre, in seguito a molta preghiera ci riuscì e come risultato una grande pace venne su di lei. La pace fu la conferma che Paola aveva perdonato dal profondo del suo cuore. Poi il Signore le disse di chiamare suo padre per dirgli che lo aveva perdonato e parlargli della salvezza che c’è nel Nome di Gesù. Lei ubbidì e suo padre venne al Signore.
Chi l’ha conosciuto personalmente può testimoniare che fino agli ultimi giorni della sua vita, era un uomo trasformato che amava Dio con fervore. Piangendo condivideva la gratitudine verso sua figlia e la libertà offertagli dal perdono. Dio si usò di questo potente atto della figlia per raggiungere quest’uomo tanto malvagio (Matteo 18:35 e Proverbi 17:9). “Il debole non può perdonare. Il perdono è un attributo del forte” (2° Corinzi 2:10).
Quali sono i tuoi sentimenti quando il ricordo della persona che ti ha offeso torna alla tua mente? Sono sentimenti di vendetta, odio o amarezza? Questo è il frutto della mancanza di perdono. Oppure i tuoi sentimenti sono di pace, desiderosi solo del bene di quella persona? Questo è un frutto del perdono. Perdonare qualcuno non esime la persona che ha commesso il torto dalla responsabilità di dover cambiare la propria condotta (Romani 4:5).
In alcuni casi, quando è possibile, mettersi “nei panni” della persona che ha causato il torto, chiedendosi cosa l’abbia indotta a commettere quel peccato e perché, provando a considerarsi non vittima di una persona malvagia ma di un peccato, si comprende che, forse, la persona che ha causato il danno necessita più la nostra compassione che il nostro odio. In tali casi il perdono è più semplice da attuare e più personale (2° Corinzi 2:7).
Parliamo di te! Quando parli della persona che ti ha ferito, ti fa male, ne parli negativamente? Il tuo apparente autocontrollo lascia il posto al nervosismo e magari anche un po’ alla cattiveria? Sappi che ciò che è nel tuo cuore prima o poi verrà fuori attraverso la tua bocca (e nella mancanza di perdono è sempre così).
A volte non ci rendiamo conto se davvero abbiamo perdonato, finché non ci confrontiamo con quella persona, ma chi è intorno a noi lo sa molto bene. Se c’è pace e perdono dentro di noi, allora manifesteremo l’esatto opposto dei frutti della carne (Galati 5) e i nostri discorsi lo testimonieranno.
“Le persone spesso sono irragionevoli ed egocentriche. Perdona comunque. Se sei gentile, affettuoso troveranno altre ragioni per accusarti, sii gentile lo stesso. Se sei onesto, qualcuno cercherà di approfittarsene, sii onesto comunque. Se sei un tipo allegro, le persone potrebbero essere gelose, continua a diffondere l’allegria. Il bene che fai oggi, domani potrebbe essere dimenticato. Fai del bene comunque, perché vedi, alla fine tutto ciò che fai resta per sempre davanti a te e Dio; e non tra te e gli altri” (Efesini 4:32 e Colossesi 3:13)
Dice la Bibbia che in ogni cosa possiamo ringraziare Dio, quindi anche per esperienze difficili in cui abbiamo subìto molto; certo non è facile, ma hai notato che dopo un incendio devastante nel bosco, la nuova vita subito riprende a germogliare? Così è per noi, abbiamo motivo per ringraziare Dio. Ciò rende il perdono più semplice. Cosa hai imparato riguardo a te stesso attraverso quest’attacco alla tua persona e in che modo ti ha reso più forte?
Quando siamo grati a Dio per ciò che ha permesso nella nostra vita, vediamo che Lui ci ha perdonato di peccati molto più grandi di quelli che qualcuno potrebbe aver commesso verso di noi e che i Suoi doni e le Sue benedizioni verso di noi sono molto più grandi e innumerevoli.
In questo vediamo la vita che ricomincia a germogliare nel nostro cuore ferito.
Il perdono è la fragranza che la violetta sprigiona dal calcagno del piede che l’ha calpestata. Saremo più felici e sani se perdoniamo in questa vita e per la prossima saremo sicuri nel nostro cuore di essere stati perdonati.