Profumo di Cristo dal Pakistan

Stavo nel mio giardino il profumo degli ultimi narcisi impregnava l’aria. Raggiunsi una pianta e nel chinarmi, per raccogliere un fiore sentii qualcosa che mi sfiorò la testa. Mi raddrizzai spaventata. Cos’era stato? Una nuvola oscura, una presenza fredda – non celestiale – era volata via. Il giardino all’improvviso, mi apparve più cupo. Un soffiò d’aria gelida spirò attraverso i salici, facendomi rabbrividire tutta. Ritorna in te, Belquis! mi rimproverai. Avevo sempre riso nel sentir parlare del soprannaturale. Ma … naturalmente adesso mi impressionai. Sali le scale e mi andai a mettere a letto. Prima avvisai la servitù di chiudere per bene porte e finestre. La mattina mi svegliai a fatica, ascoltando “Laa ilaaha illa Illah, Muhammed resolu’ lla! La voce del Muezzin, colui che richiama di buon mattino alla preghiera dei fedeli. Ero musulmana ma mai praticante, avevo letto il Corano solo perché a mio padre piaceva che i suoi figli fossero dei fedeli di Allah.

Ma quella mattina ero spaventata da quello che mi successe la sera precedente, e quindi mi misi alla ricerca di un conforto nel Corano. Già ero scossa che qualche giorno prima era stata assassinata una ragazza cristiana. Il fratello, infuriato per la vergogna che quel peccato aveva portato in seno alla famiglia, aveva obbedito all’antica legge dei fedeli: coloro che abbandonano la propria fede devono essere ammazzati. Tra la mia servitù avevo una ragazza cristiana, molto educata e dolce Raisham, che in quei giorni fu molto colpita dall’evento. All’epoca avevo 46 anni, e vivevo in una vecchia villa padronale, situata tra le colline vicine alla catena dell’Himalaya non lontano dal passo del Khyber e dell’Afghanistan. Mi ero rifugiato in questa casa sei anni prima da quando mio marito, il Generale Khalid Sheikh, mi lasciò. Khalid era Ministro degli interni, in Pakistan. La mia famiglia era una famiglia musulmana conservatrice, che per 700 anni aveva risieduto nella provincia della frontiera del Nord occidentale. Come figlia di una famiglia appartenente alla classe gentilizia, avevo ospitato diplomatici ed industriali da ogni parte del mondo. Ero abituata a soggiornare a Parigi e Londra, dove trascorrevo il mio tempo a fare acquisti in Rue de la Paix o da Harrods. Ritornai al Corano un libro che avevo letto con l’obbligo, adesso cercavo una risposta alla mia inquietudine, ma nessun verso del Corano mi dava gioia, lo ritenevo un libro freddo, dove la religione valeva più dell’amore. Mi ricordai di mio marito che conosceva bene il Corano, ma quella sera i suoi occhi erano diventati carboni ardenti mentre mi diceva di non amarmi più. Leggevo dentro i suoi occhi un odio verso di me che lo avevo amato. Continuai a leggere e i miei occhi caddero sul profeta Gesù, che per quanto fosse nato da una vergine non fosse figlio di Dio. Mentre leggevo ero colpita dalle numerose referenze alle scritture ebraiche e cristiane, antecedenti al Corano. Ma questo stava a significare leggere la Bibbia! E come la Bibbia poteva aiutarmi se tutti ovviamente sanno, che i primi cristiani l’avevano falsificata? Ma l’idea di leggere la Bibbia era un concetto sempre più insistente. Qual’era il concetto di Dio, secondo la Bibbia? Che cosa diceva sul profeta Gesù? Forse avrei dovuto leggerle… Non fu facile ma riuscii a procurarmi una Bibbia, e la lessi a cuor leggero, ma il mio sguardo cadde su un verso che dice:

“Io chiamerò “mio popolo” quello che non era mio popolo e “amata” quella che non era amata; e “Avverrà che nel luogo dov’era stato detto: “Voi non siete mio popolo”, là saranno chiamati “figli del Dio vivente” (Romani 9:25-26). Trattenni il respiro mentre ero percorsa da un tremito. Perché quel verso mi colpì tanto? Non riuscii più a parlare chiusi il libro e andai al letto. Ero presa da forti dubbi, se perfino Maometto era un’anima mortale, come Gesù poteva essere quello che i cristiani dicono Dio? Mi addormentai e feci un sogno, stavo pranzando con un uomo, che sapevo con certezza fosse Gesù. Era venuto a farmi visita ed a trattenersi con me per due giorni. Si era seduto a tavola di fronte a me ed avevamo mangiato insieme in pace e in gioia. All’improvviso il sogno cambiò. Mi trovavo adesso sulla cima di una montagna con un altro uomo. Aveva un abito lungo e calzava i sandali. Come mai conoscevo misteriosamente il suo nome? Giovanni Battista. Che nome strano. Mi misi a raccontare a questo Giovanni Battista della recente visita di Gesù. “E’ venuto il Signore ed è stato ospite mio per due giorni”, dissi. “Ma adesso se n’è andato. Dov’è? Devo trovarLo! Forse tu, Giovanni battista, puoi guidarmi da lui”. Mi svegliai gridando: “Giovanni Battista! Giovanni Battista!”. Nur -jan e Raisham si precipitarono nella mia stanza. Sembravano imbarazzante alle mie grida. Mentre si affaccendavano raccontai loro il mio sogno… ma chi era Giovanni Battista, ma mi trattenni; dopo tutto, Raisham era solo una donna semplice e di campagna, forse non aveva neanche letto la Bibbia. Eppure non avevo letto da nessuna parte chi fosse Giovanni Battista. Riapri la Bibbia ebbi la stessa razione. Parlava dei capi sacerdoti che menarono una donna colta in adulterio davanti al profeta Gesù. Tremai, sapendo quale destino era in serbo per lei. Il codice morale dell’antico Oriente non era molto diverso da quello in Pakistan. Gli uomini della comunità sono obbligati, dalla tradizione, a punire la donna adultera. Quando lessi nella Bibbia della donna che stava davanti ai suoi accusatori, sapevo che i suoi stessi fratelli, zii e cugini le stavano davanti per lapidarle, il profeta invece disse; “Chi di voi è senza peccato, scagli il primo la pietra contro di lei” (Giovanni 8:7). Rimasi sconvolta mentre con gli occhi della mente vedevo gli uomini andarsene furtivamente. Invece di eseguire una condanna a morte, Gesù aveva costretto gli accusatori ad accettare la propria colpevolezza. Il libro mi scivolò in grembo mentre ero assorta nei miei pensieri. Trovavo così logica, così giusta la sfida del profeta.

Quell’uomo diceva il vero. Tre giorni dopo ebbi un secondo sogno: mi trovavo nella mia camera da letto, quando una cameriera venne ad annunziarmi che era venuto un venditore di profumi. Mi alzai dal divano esultante; in quel momento in Pakistan mancavano i prodotti di marca. Era vestito di lino fino alla maniera dei venditori di un tempo. Teneva la merce chiusa in una valigia. L’aprì e tirò fuori un anfora d’oro. Ne tolse il tappo e me la porse. Appena la vidi trattenni il respiro; il profumo scintillava come cristallo liquido. Stavo per toccare l’anfora, quando egli alzò il braccio. “No”, disse. E tenendo sempre l’anfora in mano andò a posarla sul mio comodino. “Il suo profumo si spanderà in tutto il mondo”, disse. Quando la mattina mi svegliai, il sogno era ancora vivido nella mia mente. Potevo ancora sentire quel buon profumo, la sua deliziosa fragranza aveva riempito tutta la stanza. Mi alzai e guardai in direzione del comodino, aspettandomi di trovare l’anfora d’oro . Al suo posto c’era solo la Bibbia! Mi sentii percorsa da un fremito. Mi sedetti sulla sponda del letto, riflettendo sui due sogni. Che stavano a significare? Non ricordavo sogni da anni e ora ne ricordavo due, uno dopo l’altro! C’era qualche relazione fra di essi? E se c’era qualche riferimento al mio recente scontro con la realtà del mondo soprannaturale? Nel pomeriggio scesi per la mia solita passeggiata i giardino, sentivo ancora quel profumo incantevole nell’aria, cosa mi stava succedendo. Avevo bisogno di parlare con qualcuno che conosceva la Bibbia. Scartai dalla mente i miei servitori cristiani, non volevo che nessuno lo venisse a sapere. Mi ricordai che tempo addietro il Manzur mi aveva chiesto il permesso di far vedere il giardino ad una coppia di missionari il Reverendo David Mitchell e sua moglie. Decisi di andare a fargli visita. Il giorno dopo feci tirare dal garage la mia auto e, con meraviglia dell’autista mi misi al posto di guida. Con l’idea sempre in mente di conoscere l’identità di Giovanni il Battista, il mio cuore incominciava ad avere dei sentimenti mistici, tra paura e voglia di scoprire queste nuove emozioni. I Mitchell, abitavano nella parte vecchia della città, erano in un quartiere inglese con la loro missione. Quando arrivai le donne che mi videro mi riconobbero e subito mi aprirono il cancello, dove finalmente con tanto tremore entrai. “Buon giorno Begum Sheikh!”, mi dissero arrossando. Begum era il mio diminutivo. Quando entrai vidi la moglie una donna debole e fragile, che molto si sorprese vedendomi andare a casa loro. Subito mi fece accomodare su di una sedia vicino al fuoco. Gli chiesi del Reverendo, ma mi disse che non c’era era in viaggio nell’Afganistan. “Posso servirla io?” mi disse, io nervosamente e in modo agitato gli chiesi, “conosce qualcosa su Dio?” “Oh, mi dispiace, non so molto su Dio, ma posso dirvi che lo conosco” rispose. Che asserzione straordinaria! Come potrebbe una persona avere la pretesa di conoscere Dio intimamente!, pensai. Poi senza nemmeno pensarci su gli raccontai il sogno che feci. “Signora Mitchell, ho sentito parlare di Gesù, ma chi è Giovanni il Battista?” Lei abbassò lo sguardo e poi lentamente lo rialzò verso di me e con tanta dolcezza mi disse: “Beh! Begum Sheikn, Giovanni Battista era un profeta, un precursore di Cristo Gesù; predicava il ravvedimento e fu mandato a prepararGli la strada. Era colui che disse: ‘Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo’. Fu colui che battezzò Gesù”. A sentire la parola “battezzò” il mio cuore ebbe un sussulto. Sapevo poco dei cristiani, ma avevo sentito di questa loro strana cerimonia del battesimo. Il mio pensiero volò a tutte le persone che erano state assassinate, dopo il battesimo. E tutto questo accadeva sotto il governo britannico, quando si supponeva vi fosse libertà di religione. Fin da bambina avevo associato quei due fatti: musulmano battezzato, musulmano ammazzato. La stanza diventò fredda e silenziosa, poi la signora Mitchell incominciò a parlarmi di Gesù, del peccato, della liberazione da esso con la nuova nascita. Mi sentivo rabbrividire, ascoltare quel racconto, per me era inconcepibile. Ma continuai a chiedergli se voleva pregare per me. “Mi sento come se mi trovassi nel mezzo di un tiro alla fune” gli dissi. Lei incominciò ad inginocchiarsi e a chiedere a Dio che si manifestasse anche in me. “O Signore Dio”, disse a voce bassa. “Io so che nulla di quel che dirò riuscirà a convincere Begum Sheikn di chi è Gesù. Ma io Ti ringrazio che Tu togli il velo dai nostri occhi e che riveli Gesù ai nostri cuori. O Spirito Santo, fa’ questo per Begum Sheikh. Amen”. Poi presi il cappotto e me ne andai, ma prima stavo per raccontargli del sogno del profumo, poi desistetti e mentre mi accompagnava alla porta gli accennai se sapeva qualcosa di conciliabile fra il profumo e Gesù. Mi disse di no, ma che avrebbe pregato per questo. Poi mi regalò una bibbia più moderna tradotta in inglese, e mi disse di leggere dalla lettera di Giovanni, anche se questo non era il Battista. Mentre tornavo a casa sentivo nell’aria quell’essenza di profumo dolcissimo. Appena a casa e lessi tutta la lettera di Giovanni, e trovai anche del Battista che preparò la strada a Gesù. Pensai, se Giovanni il Battista la preparò a Gesù, vuol dire che il sogno significa che la sta anche preparando a me? No, no, mi dissi io sono nata musulmana e resterò tale.

Poi la sera andai a letto e mi addormentai. La mattina il Mazur dava la voce ai fedeli per la preghiera, e mi svegliai contenta e mi dissi che non avrei voluto saperne più. Ma all’improvviso bussò una mia domestica alla porta della mia camera. Mi disse che la signora Mitchell aveva mandato un ragazzo con un biglietto che gli era stato riferito a mano. Tutto quel che diceva era: “Leggete II Corinzi capitolo 2 verso 14”. Presi dal comodino la Bibbia che lei stessa mi aveva dato e cercai fino a che trovai il capitolo ed il verso. Mentre leggevo, trattenni il fiato: “Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza”. Mi sedetti in mezzo al letto e rilessi il passo, la mia calma di un attimo prima era svanita. La conoscenza di Gesù si spande come un buon profumo! Il venditore del mio sogno aveva messo l’anfora d’oro con l’essenza sul mio comodino dicendo che il suo profumo “si sarebbe sparso in tutto il mondo”. La mattina seguente avevo trovato la mia Bibbia nello stesso posto dov’era stato messo il profumo! Era tutto fin troppo chiaro. Nei giorni che seguirono, un giorno vennero a farmi visita i Mitchell, la signora e il marito David, lei mi strinse a se con tanta gioia che mai in 46 anni della mia vita mi era capitato. Prendemmo il tè e parlammo un po’, la verità credevo che erano venuti per farmi pressione sulla loro religione ma niente di questo accadde. Avevo sempre con me la Bibbia e il Corano, il Corano lo leggevo per dovere, nella Bibbia invece, volevo cercare Dio. In un incontro con il Reverendo Mitchell, egli mi disse di pregare Dio e chiamarlo “Padre”. Pensai come si può pretendere di chiamare Padre Dio? Dio non scenderà mai a un livello così basso. Per noi musulmani è un affronto pensare che Dio possa parlare con una sua creatura. Ma una sera lo feci e nella mia grande stanza mi inginocchiai e incominciai lentamente a chiamarlo “Padre mio e Dio mio”, il cuore si mi riscaldò e incominciai a piangere. Improvvisamente la stanza si illuminò e io sentivo fortemente la Sua potenza celestiale, ero avvolta da una gioia e da un senso di pace incredibile, allora presi i due libri la Bibbia e il Corano, e dissi: “Quale dei due devo leggere, la Bibbia o il Corano?” Sentii dentro di me una voce chiara, distinta che mi disse: “Dove mi hai trovato?” “Nella Bibbia” risposi. Continuai a pregare e a lodare il Signore, ma contemporaneamente pensavo che una volta divenuta cristiana sarebbe stata la fine per me. I miei figli, i centinai di zii e nipoti che avevo, la nostra famiglia discendente da venti generazioni di musulmani. Ebbi una lotta tremenda con me stessa, sapevo che accettando Gesù potevo perdere tutto. Scoppiai a piangere e dissi: “O Signore”, implorai “vuoi veramente che lasci la mia famiglia? Può un Dio d’amore volere che io infligga dolore agli altri?”. E nel buio della mia disperazione, quel che sentii furono le Sue parole, le parole che avevo appena lette in Matteo: ” Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me. Chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me” (Matteo 10:37-38). Questo Gesù non accettava compromessi. Non voleva mezzi termini. Le Sue erano parole dure, scomode, parole che non volevo sentire. Basta non potevo più sopportare il peso della decisione.

Partii per Rawalpindi, e andai da una mia figlia. Qualche tempo dopo ritornai e ripresi la lettura del Nuovo Testamento e lo lessi tutto fino ad Apocalisse. Un libro molto difficile da capire, ma i miei occhi caddero sul passo di Apocalisse 3:20: ” Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Cenare con Lui ed Egli con me! Rimasi senza fiato, il libro mi cadde in grembo. Era quello il mio sogno, il sogno in cui Gesù cenava con me! A quel tempo non avevo alcuna idea di un libro chiamato Apocalisse. Chiusi gli occhi ed ancora una volta potei vedere Gesù che sedeva con me dall’altra parte del tavolo. Potei vedere ancora il Suo sorriso dolce, la Sua approvazione. “O Dio, non aspettare più. Ti prego, entra nella mia vita. Ogni parte di me è aperta a Te”. Era il 24 dicembre 1966, quando mi inginocchia a pregare, a lodare tutta la notte. Sembrava come se il Cielo si fosse trasferito nella mia camera. Gridai a Lui “O Dio Padre, battezzami con il tuo Spirito Santo come è scritto nel Tuo Libro, dopo pochi minuti che stavo lodando il Signore, la mia bocca incominciava a parlare un linguaggio nuovo, tutto il mio corpo era trapassato da una parte all’altro da una dolce corrente, ero pieno di gioia e di una pace indescrivibile. Solo dopo tre ore i flutti impetuosi cominciarono a calare, l’oceano celeste si calmò. Adesso anch’io potevo chiamarlo “Padre”.

E così come la “Signora dei fiore” come gentilmente la chiamava il missionario David Mitchell, pensava accadde. Fu boicottata da tutta la famiglia, dai servi, e abbandonata a se stessa. Ma diede una grande testimonianza nel suo paese, fino a che dovette ritirarsi per la vita dei figli. Nel 1973 dovette trasferirsi negli Stati Uniti, Bilquis Sheikh testimoniò in tutto il Nord America ed in seguito, in vari paesi del mondo, condividendo quel che il Signore aveva fatto nella sua vita. All’inizio del 1989, al tempo in cui viveva a Thousad Oaks, in California, Bilquis ebbe un infarto grave. I suoi tre figli corsero al suo capezzale da diverse parti del mondo. Poiché non era più opportuno che lei continuasse a vivere da sola, la convinsero a tornare in Pakistan con loro per trascorrervi il il resto della sua vita. Il Signore fu buono con lei. Bilquis Sheikh sentiva nell’aria sempre quella fragranza di odore di Cristo Gesù, da quel giorno non l’aveva mai lasciata sola. Il 9 aprile 1997 Bilquis lasciò questa terra ed entrò nella dimora preparata per lei in Cielo. Fu sepolta a Murree, nel distretto di Rawalpindi, in antico cimitero cristiano arroccato sulle montagne dell’Himalaya. Una semplice tomba, in marmo bianco, con una croce scolpita e sotto l’epigrafe: Bilquis nata il 12/12/1912 morta il 9/4/1997 amando il Signore.

Ferrentino Francesco La Manna  | Notiziecristiane.com

Chatherin Marshall

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