Quando il personale sanitario è sotto stress

Di fronte al covid-19 tutti siamo chiamati a rispondere con un adeguato stile di vita protettivo e preventivo. Tutti siamo chiamati ad entrare nell’ottica della solidarietà sociale, dove anche la vaccinazione deve essere inquadrata nel discorso del bene comune oltre che personale.

Ognuno è chiamato in causa per l’altro. Ognuno è chiamato ad una responsabilità sociale in una corsa ad ostacoli per fronteggiare, ostacolare, combattere conto il proliferare del Covid-19. E lo sa bene il popolo degli operatori sanitari che sono stati investiti e impegnati oltre misura nel fronteggiare gli innumerevoli interventi che vanno dalle cure mediche al sostegno psicologico. Insomma, la sanità, durante questa guerra al covid-19, si è trovata a dovere sopperire ad una moltitudini di richieste di intervento facendo emergere carenze e risorse di un sistema sanitario che vanno dal numero esiguo del personale alle carenze strutturali di strutture adeguate. In tutto questo si è visto il personale medico, infermieristico e sanitario non medico sempre in prima linea, con la conseguenza di contraccolpi fisici, nel fronteggiare turni stressanti e psicologici, per la diretta conseguenza dello stress. La gravità della situazione, ha causato un burnout degli operatori sanitari, che si sono trovati a dover combattere personalmente malattie non solo fisiche ma anche emotive. Non si può tacere sulla conseguenza psico fisica, del personale ospedaliero. Nello studio “The psychological impact of the COVID-19 pandemic on health care workers in a highly burdened area of north-east Italy” e pubblicato sulla rivista scientifica Epidemiology and Psychiatric Sciences, che ha visto coinvolto circa 2mila dipendenti sanitari è emerso che l’86% del personale ha riportato elevati livelli di stress lavoro-correlato con compromissione di sintomi da stress post-traumatico con l’insorgere di altre patologie almeno nel 50% con sintomi d’ansia generalizzata, depressione da lieve a moderata. Lo studio, inoltre, ha poi evidenziato come i più colpiti da stress e disagio psicologico sono stati gli operatori ospedalieri all’interno delle terapie intensive o dei reparti subintensivi. Il personale infermieristico è risultata la categoria più colpita. E’ doveroso chiedersi, in un sistema sanitario teso alla tutela della salute psicofisica della popolazione quali misure si elargiscono per la salvaguardia di chi, quotidianamente, deve gestire l’ammalato e salvaguardare se stesso. Ci si chiede quali misure di supporto psicologico adeguato siano in atto per il personale sanitario bisogno di apprendere tecniche di gestione dello stress onde evitare ricadute personali e lavorative con il comunicare “malattia” e o assenze dal lavoro. Non si salva nessuno se non si supporta chi si deve prendere cura. Non si salva nessuno se le condizioni strutturali sono inadeguate e costringono ad una operatività sempre in situazioni di emergenza.

Oramai le numerose ricerche sui sistemi lavorativi e sulla produttività confermano che maggiore è il grado di benessere del lavoratore migliore è la performance.  Ci si chiede se per una politica assistenziale, degna del fare il bene del prossimo, l’attenzione non debba essere focalizzata sulle condizioni di supporto psicologico dell’operatore che per effetto boomerang metta in atto performance di aiuto efficienti ed efficaci. Supportare è mettere in grado chi opera di godere delle condizioni ambientali efficaci ed efficienti perché anche queste influiscono sul burnout. Insomma supportare che supporta è la migliore strategia del tutti per uno per tutti.

Pasquale Riccardi

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