Ricevere sapienza vuol dire ricevere un dono che non ha eguali?

Il termine sapienza non vuol dire propriamente sapere, e tanto meno solo scienza o intelligenza. Il verbo latino “sàpere” allude al gusto (sapio) delle cose. Nell’Antico testamento la figura del sapiente per antonomasia è quella di Salomone, figlio di Davide. Prima di ascendere al trono, egli si ritira in preghiera nel tempio di Gabaon e si rivolge al Signore con queste parole: “Concedi al tuo servo un cuore docile che sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male” (1 Re 3,9).

La parola di Dio continua dicendo che al Signore piacque che Salomone avesse chiesto la saggezza nel governare e non avesse chiesto gloria, ricchezza e potenza o la morte dei nemici. Però, dal momento che Salomone ha chiesto la cosa più importante, Dio gli garantisce anche le cose che lui non aveva chiesto. Dio si compiace di chi si decide a chiedergli la sapienza come prima e più importante ricchezza; chi cerca la sapienza dimostra già con questo di essere un saggio, anche se soggettivamente magari non ritiene affatto di esserlo. Si tratta di desiderare e cercare nella vita ciò che è veramente essenziale: questo è già dono di sapienza!.

Salomone prima di mettersi in preghiera aveva la consapevolezza che l’uomo non possiede la sapienza. E le domande che ancora oggi, dopo migliaia di anni, ritorniamo a farci noi sono: “Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore da noi?”

Il principio della sapienza è il timore di Dio. Un giorno il Signore parlò ad un predicatore e gli disse di andare a pregare in mezzo ad una foresta; il predicatore, timorato da Dio, vi andò senza chiedersi il senso di quel comando. Quell’uomo predico in mezzo alla foresta, agli alberi e agli animali che lo circondavano in quel momento; fece un culto a Dio completo come se quelle migliaia di piante intorno a lui fossero anime desiderose della parola di Dio. Il predicatore non si scompose e condusse quel culto dall’inizio alla fine perché quello era il volere di Dio. A distanza di qualche tempo, mentre il predicatore si trovava su una nave lungo un viaggio, uno sconosciuto gli si avvicino e gli disse: Io ti conosco, un giorno ti trovasti a predicare in mezzo alla foresta ed io ero nascosto lì, in mezzo agli alberi e mentre ero gustai la parola di Dio e l’unzione del Signore mi investì; grazie a quel messaggi, a distanza di poco tempo, io andai in un villaggio lì vicino ed evangelizzai tutto il villaggio per la gloria e la potenza di Dio. Ecco qual’era il volere di Dio, ecco cosa vuole Dio da noi!

I nostri quesiti sulla sapienza vertono sulla possibilità di “conoscere il volere di Dio”: vale a dire la sua volontà, espressa nella Legge. Ne deriva la coscienza che la vera “sapienza” è frutto di rivelazione divina, quindi un dono di Dio. Tuttavia l’uomo rimane troppo limitato nelle sue possibilità per essere in grado di penetrare il mistero di Dio, e poterne scoprire e comprendere i disegni, anche dopo che sono stati rivelati.L’uomo in questa facilmente si contamina di peccato, soprattutto, quando non è posto su una roccia ma cammina nelle tenebre dell’ignoranza e dell’insicurezza.

Il nostro corpo, infatti, quando è radicato nella terra, solidale con i beni puramente terreni, temporali, transitori, frena il volo della mente verso ciò che è spirituale, celeste, immortale.

Cosicché ogni tendenza pura, o pensiero elevato, spiritualizzante, è sempre stato attribuito all’anima umana, e ogni moto legato al mondo materiale è stato imputato al corpo corruttibile. La vita dell’uomo si sviluppa perciò in una continua dialettica, potremmo definirla tensione insanabile, fra “il corpo” e “l’anima”. Paolo parlerà di una lotta tra “carne” e “spirito”. Il limite di ogni creatura umana si manifesta perciò nella sua incapacità di conoscere e perciò di amare ciò che appartiene alla realtà invisibile. A stento immaginiamo ciò che accade sulla terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; figuriamoci chi, con un cuore puro di amore e timore di Dio investiga su ciò che c’è dietro a quel traguardo che dobbiamo raggiungere per arrivare dove dimora Dio.

A tale debolezza umana conseguente il peccato che ha procurato una divisione nel cuore dell’uomo rendendogli impossibile una perfetta consonanza con il volere divino, Dio nella sua misericordia supplisce mandando la sapienza. Il volere di Dio non è altro che la volontà divina, ciò che Dio vuole relativamente all’uomo, e che si può conoscere soltanto se Dio liberamente si rivela o manifesta (cfr. Dt 30,12), e se il Signore concede all’uomo il dono della sapienza.

Ma per chi cerca un rapporto personale con il Signore, sapienza significa anche che ogni figlio di Dio deve richiedere a Lui, lo«Spirito Santo del Signore». Paolo nella seconda ai Corinti riprenderà lo stesso concetto: “Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato (2Cor. 2,11-12).

L’azione di Dio è un dono che fa sì che gli uomini possano camminare rettamente, una luce interiore per cui possono conoscere quel che è gradito al Signore, al fine di poter essere salvati (Isaia applicherà la pienezza di questo dono al re messia). nonostante la debolezza dell’uomo, Dio manda su di lui la sapienza, che gli indica il giusto cammino o il modo di vivere conforme alla sua volontà. È quindi mediante la sapienza che si compie nella storia il piano salvifico di Dio. Per cui il dono della sapienza è da considerarsi realmente come essenziale affinché l’uomo possa essere salvato.

Salomone non chiede solo di “conoscere” ma di discernere la volontà di Dio: questo è di chi amando il Signore desidera conformarsi a lui. All’anima non basta la verità intellettuale della fede. Occorre che questa verità sia impregnata dal gusto dell’amore, di modo che Dio non sia solamente la persona creduta, ma anche la persona amata che suscita nell’anima il desiderio di conoscerla senza fine.

Amore e verità non si possono separare. Senza amore, la verità diventa fredda, impersonale, oppressiva per la vita concreta della persona”. Ciò che rende possibile questa unione tra verità e amore è appunto il dono della sapienza che è non solo raggio di luce ma anche raggio di calore.

È capacità di “gustare Dio”, “le cose di Dio”: “Gustate e vedete quant’è buono il Signore!” (Sal. 33,9). Questo è importante per la nostra vita spirituale e il nostro ministero perché un Dio che non si gusta mai, diventa un Dio insipido, che sa di stantio e che dà nausea, e che perciò si fa presto a lasciar stare e di cui non si parla volentieri. Il nostro pericolo più reale, è cadere in un cristianesimo che ci diventa un po’ insipido, senza amore, e che di conseguenza non si ha il desiderio né di annunciare né di testimoniare.

Sapienza, quindi  è anche capacità di entrare e assaporare la realtà delle cose; essa era presente sin dalla creazione quando Dio creava il mondo. Il dono della sapienza, ancora oggi apre l’anima alla contemplazione di Dio, e da lì discende al gusto per le cose terrene, apprezzandole e vivendole per quello che veramente valgono. È ci dà la capacità di penetrare nel senso profondo dell’essere, della vita e della storia, andando oltre la superficie delle cose e degli eventi per scoprirne il significato ultimo, voluto dal Signore per vedere la realtà con gli occhi di Dio, sentire con le orecchie di Dio, amare con il cuore di Dio, giudicare le cose con il giudizio di Dio. Chi ama Dio deve amare non solo la chiesa ma anche il prossimo, per comprendere e capire che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata, questa è la sapienza che ci regala lo Spirito Santo.

Pietro Proietto | Notiziecristiane.com

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