Roma: proteste contro acquisto calciatore Salah

Roma-Calcio-620x400La squadra di calcio della Roma sta per ingaggiare il giocatore egiziano Mohamed Salah, attualmente in forza al club inglese del Chelsea. In passato Salah ha giocato anche nelle file del Basilea. Ma tra i tifosi della Roma c’è chi non gradisce l’idea di vedere il calciatore accasarsi sulle rive del Tevere.
In occasione di una partita giocata con il Basilea contro la squadra israeliana del Maccabi Tel Aviv, Salah si rifiutò – in quanto musulmano – di stringere la mano ai giocatori avversari. E prima della partita di ritorno annunciò di voler vincere per non permettere “alla bandiera sionista” di sventolare in Champions League. Il presidente del Maccabi Italia, Vittorio Pavoncello, ha commentato via Twitter: “No a Salah alla Roma. Non dev’esserci spazio per i razzisti. Come potremmo continuare a tifare Roma se dovesse ingaggiare un antisemita?”
La comunità ebraica di Roma ha affermato di non voler interferire nelle scelte della società. Attraverso un portavoce ha dichiarato: “Resteremo comunque vigili ed attenti, come sempre, ai comportamenti etici e morali non solo nel calcio ma anche negli altri settori”. (Fonte)

Ma la comunità ebraica fa certamente bene, a suonare il fischietto per quel pelo nell’occhio del giocatore ingaggiato dall’A.S. Roma; ma quando suonerà la tromba per quella trave che rischia di acciecare il giovane cristiano? Non sempre il rapporto tra religione e calcio è stabile, anzi, nella maggior parte dei casi ci sono cose che non appartengono assolutamente alla giusta condotta di un buon cristiano: vedi scene di violenza dentro il campo da gioco vedi il caso Mexes del Milan o fuori dal campo con morti feriti e il lancio di oggetti dagli spalti, addirittura qualche tempo fa’ durante una partita dell’Inter un motorino lanciato dall’anello superiore dello stadio Meazza; poi, c’è il problema del doping, quello della cultura della competitività portata alle estreme conseguenze, quello delle partite truccate, degli arbitri corrotti, dei ricatti delle tifoserie fanatizzate e razziste, degli ingaggi stratosferici strapagati a certi giocatori, ecc ecc.

E la musica non cambia per la condotta di quei giocatori che si definiscono cristiani e che poi simulano falli inesistenti, sconoscono il fair play o ad esempio ai giocatori che quando entrano in campo o quando si preparano a tirare dal dischetto dei rigori, pensando al proprio Dio – e poco importa a quale Dio – si segnano. È un gesto che rivela una credenza superstiziosa in un Dio della vittoria, un Dio partigiano che interferisce nel determinare i risultati delle partite, preferendo una squadra all’altra. Il Dio biblico si situa in una dimensione ben diversa da quella della vittoria sportiva. Preoccuparsi della vittoria della Roma o della Lazio non è il suo problema. Salvo che non si voglia tornare al discorso sull’oppio dei popoli.
La verità e che non c’è proprio un rapporto tra religione e calcio o non c’è mai stato! Continuando così anche il rapporto tra calcio ed etica sfumerà ed anche lì non ci saranno più vincitori, in barba a quanto predicava l’apostolo Paolo, il quale, in una delle sue lettere, la prima scritta alla chiesa di Corinto, ha paragonato il cristiano all’ “atleta che corre nello stadio per conquistare la corona del vincitore”.

Pietro Proietto – Notizievangeliche.com

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