Sanghar, infermiera cristiana vive nel terrore perché non vuole sposare un musulmano

Ghulam Muhammad, influente e temuto uomo d’affari islamico del distretto di Sanghar, ha minacciato di rapire e sfigurare con l’acido Nazia Masih, che rifiuta di sposarlo. L’uomo è noto alle forze dell’ordine, perché contro di lui ci sono denunce di rapimenti e stupri, eppure vive nell’impunità. Nel mirino tutta la famiglia: “Siamo poveri e cristiani, il Pakistan non è un posto sicuro per noi”. Un ennesimo caso di violenza scuote la piccola comunità cristiana del Pakistan: un influente uomo d’affari musulmano del distretto di Sanghar ha più volte minacciato un’infermiera cattolica che non voleva sposarlo, arrivando a denunciarla alla polizia per bigamia dopo che questa si era fidanzata con un altro uomo. Nonostante le minacce, per ora la situazione sembra sotto controllo: la polizia, che ha sostenuto il musulmano, è stata infatti costretta a garantire protezione alla donna cattolica grazie alle pressioni di gruppi cristiani e islamici moderati.

Tutto inizia quando Ghulam Muhammad decide di voler sposare Nazia Masih, residente nel villaggio Padri Jo Goth del distretto di Sanghar. La donna è un’infermiera cristiana che lavora presso l’ospedale Cheniot. Muhammad l’avvicina, le propone il matrimonio e le chiede di convertirsi all’islam. Dopo il rifiuto della ragazza, arrivano le minacce: se non acconsente sarà rapita e sfigurata con l’acido.

Muhammad è purtroppo noto nel distretto perché avrebbe già rapito, violentato e convertito con la violenza all’islam alcune ragazze di religione indù della zona. Quelle che lo hanno denunciato per stupro non sono riuscite a ottenere giustizia.

Mentre torna a casa, lo scorso 10 maggio, Nazia viene avvicinata da quattro uomini armati che le danno l’ultimo avvertimento: accettare il matrimonio o “correre i rischi collegati al rifiuto”. Dopo di che la spingono per terra e se ne vanno via. L’infermiera, spaventata, chiede aiuto sul posto di lavoro ma le autorità dell’ospedale le rifiutano ogni sostegno.

I genitori della ragazza decidono allora di affrettare il suo fidanzamento con Ejaz Joseph, cristiano della zona, che il 26 maggio arriva a casa dei futuri suoceri per la festa durante la quale sarà annunciato il matrimonio. Nel bel mezzo dei festeggiamenti arriva Ghulam Muhammad accompagnato da diversi agenti di polizia che, senza alcuna prova di alcun reato, cercano di arrestare i due fidanzati.

Per fortuna intervengono gli anziani del villaggio, che però non riescono a impedire che il padre e il fratello di Nazia vengano portati via: i due saranno rilasciati qualche ora dopo. Il persecutore decide di cambiare strategia e minaccia Joseph di “violente conseguenze” se non lascerà l’infermiera.

La famiglia della ragazza decide di chiedere di nuovo l’aiuto delle autorità e sporge denuncia presso la stazione di polizia di Sanghar. Qui, però, tutta l’influenza di Muhammad impedisce ogni indagine sull’accaduto. Anzi, gli agenti comunicano a Nazia che il suo molestatore la definisce sua moglie e che quindi un giudice dovrà stabilire la verità. Le proteste della comunità cristiana e di quella islamica moderata convincono il giudice a non intervenire sulla vicenda del falso matrimonio.

Ghulam Muhammad non cede e minaccia con le armi non solo i parenti dell’infermiera ma anche  Maria Khurshid, direttrice dell’ospedale di Santa Teresa a Mirpurkhas molto vicina a Nazia; informa le autorità e chiede protezione, anche qui senza ottenere neanche un avvertimento nei confronti del musulmano. La situazione è per ora in stallo, anche se lo scorso 20 luglio Muhammad ha presentato un’altra denuncia per chiedere alla polizia di costringere Nazia a sposarlo.

Nazia Masih dice: “Mi sento insicura, sto affrontando molti problemi e molte minacce, e sono arrabbiata perché la mia famiglia è in pericolo per il comportamento di quella persona. Noi siamo cristiani e siamo poveri, ecco perché queste cose accadono sempre a noi. In Pakistan il nostro onore e le nostre proprietà non sono al sicuro”.

E’ una  una vergogna, incidenti simili devono essere condannati con forza da tutta la società. Non solo i cristiani, tutte le minoranze sono nel mirino: non si contano le ragazze indù rapite ogni mese nelle zone interne della provincia del Sindh, eppure le autorità tacciono senza fare nulla per proteggerle. Chiediamo nelle nostre preghiere a Cristo Gesù, sicurezza per Nazia Masih, per la sua famiglia e per le migliaia di donne che vivono nella sua stessa condizione .

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