Scuole senza soldi, ipotesi di settimana corta per risparmiare

Scuole senza soldi, ipotesi settimana corta per risparmiare.Le scuole pubbliche sono al collasso, non è più solo questione di immobili fatiscenti o materiali didattici, ormai molti istituti faticano anche a trovare i soldi necessari a pagare le utenze di luce acqua e gas. Per risparmiare sulle bollette elettriche e del gasolio da riscaldamento, alcune Province hanno chiesto esplicitamente ai dirigenti scolastici del loro territorio di provvedere a stilare un piano di risparmio introducendo anche la settimana corta. La denuncia arriva dall’Anief l’associazione sindacale dei docenti precari. Insomma la proposta sarebbe quella di chiudere le scuola al sabato per risparmiare sui costi di gestione. “A parte il fatto che questo genere di decisioni, l’allargamento o la riduzione del piano di lezioni settimanali, sono di competenza degli organi collegiali, è evidente che le mutazioni scolastiche degli ultimi tempi stanno sempre più spesso condannando gli studenti a usufruire di una formazione a mezzo servizio” ha attaccato Marcello Pacifico, presidente Anief  che parla di “chiaro progetto di smantellamento del settore”.

Contribuire economicamente – Il taglio di un terzo del Fondo d’istituto, il tentativo del Governo di ricondurre a 24 ore l’insegnamento settimanale, le classi-pollaio, la chiusura di quasi 2mila istituti secondo l’Anief sono chiari sintomi della voglia di smantellare il sistema scolastico. In realtà il fatto è che molte amministrazioni locali sono al collasso dal punto di vista economico e cercano di tagliare il più possibile in tutti i settori compresa l’istruzione. Ecco allora la proposta di accorpamento delle ore che ovviamente non farà bene all’insegnamento perché come spiega sempre Pacifico “non si può chiedere a un ragazzo che studia in un istituto tecnico o in un liceo di rimanere sui banchi per 7-8 ore, magari affrontando nella stessa giornata materie complesse come matematica, latino e greco”. A farne le spese quindi sono giovani studenti ma anche i genitori spesso costretti a contribuire più o meno volontariamente alle spese degli istituti scolastici per permettere alla didattica di proseguire.

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