Sudan: Meriam non è fuori pericolo

meriam-550x285

meriam-550x285Meriam, la donna sudanese arrestata per la sua fede cristiana, rimane in carcere ed è in pericolo. Cerchiamo di fare il punto della situazione per gettare chiarezza su quanto sta accadendo.

Il mondo parla di Meriam Yahia Ibrahim Ishag, giovane donna sudanese in carcere da settimane a causa della sua fede cristiana. Facciamo il punto sulla reale situazione, poiché ci rendiamo conto che girano molte notizie confuse su questa vicenda.

Meriam nasce nel 1987 da madre etiope cristiano-ortodossa e da padre sudanese musulmano; quest’ultimo sparisce dalla sua vita quando lei aveva 6 anni, perciò la piccola cresce educata secondo i principi della fede cristiana. Nel 2012 Meriam si sposa in chiesa a Khartoum con Daniel Wani. La coppia oggi ha un bambino di 20 mesi di nome Martin e Meriam è al nono mese di gravidanza del loro secondo figlio, una gravidanza problematica che sta portando avanti in prigione.

Il 17 febbraio scorso, infatti, le autorità sudanesi hanno arrestato lei e il piccolo Martin, dopo che qualcuno, definitosi “un parente”, ha portato alla loro attenzione il suo particolare matrimonio. Secondo la legge sudanese, le donne musulmane possono sposare solo degli uomini musulmani: dato che il padre di Meriam era musulmano, le autorità considerano Meriam una musulmana a tutti gli effetti e non riconoscono come valido il suo matrimonio con Daniel, in quanto cristiano. Il 4 marzo 2014, di fronte al tribunale Meriam ha dichiarato di essere cristiana e ha mostrato il suo certificato di matrimonio. Poi l’11 maggio, Meriam è stata condannata a morte per apostasia dalla Corte di Ordine Pubblico di El Haj Yousif (Khartoum), accusata di adulterio secondo l’art. 146 (il matrimonio con un cristiano da parte di una donna musulmana viene considerato adulterio) e di apostasia (abbandono della fede islamica) secondo l’art. 126 del Codice Penale sudanese. Nell’udienza del 15 maggio scorso la condanna è stata confermata dal giudice con queste parole: “Ti abbiamo dato 3 giorni per rinnegare la tua fede, ma tu insisti a non tornare all’islam, perciò ti condanno all’impiccagione”. Sì, perché di fronte alla minaccia di condanna a morte, Meriam non ha rinnegato la sua fede in Gesù.

In carcere a Meriam e a Martin (il piccolo accusa problemi di salute a causa delle pessime condizioni igieniche) vengono negate le cure mediche; si aggiunga a tutto ciò la visita di leader religiosi islamici che a più riprese hanno esercitato forti pressioni affinché si converta all’islam. Le autorità, inoltre, hanno negato al marito di farle visita. La corte ha rinviato l’esecuzione della condanna a morte per impiccagione a dopo lo svezzamento del neonato, quindi dopo 2 anni dall’imminente parto. Il suo avvocato ha ora 15 giorni per ricorrere in appello alla sentenza. Secondo la CNN, un portavoce del parlamento sudanese, Faitih Izzy Al-Deen, ha detto che nulla è scritto e che mancano ancora gli altri gradi di giudizio.

In realtà Meriam, il bambino che porta in grembo e il piccolo Martin sono in pericolo. Il Sudan è all’11° posto della nostra WWList, ciò significa che la comunità cristiana è severamente perseguitata e purtroppo il caso di Meriam non è isolato.

Fonte: https://www.porteaperteitalia.org/

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