Bimba malata di cancro scrive “Portateci una pizza” sulla finestra dell’ospedale, ne arrivano 20

send-pizza2-300x225Il messaggio sulla finestra di un ospedale di Los Angeles fotografato da un passante e pubblicato poi su internet ha scatenato una gara di solidarietà. La madre della piccola: “Speriamo che l’attenzione sul caso possa far aumentare i finanziamenti per la ricerca”.

Il tutto era nato come un gioco quando la mamma di una bimba di due anni malata di cancro aveva pensato di scrivere alla finestra della stanza dell’ospedale dove era ricoverata la piccola “Portateci una pizza”, ma alla fine in molti hanno risposto all’appello invadendo la reception dell’ospedale di pizze. La gara di solidarietà è nata grazie ad un passante che incuriosito dalla scritta sulla finestra dell’ospedale pediatrico di Los Angelesha scattato una foto pubblicandola poi sul sito di social news Reddit. A quel punto tutti si sono scatenati nell’inviare pizza per la gioia dei bambini che hanno organizzato d’accordo con medici e infermieri un pizza party tra le corsie.

La dirigenza dell’ospedale però ad un certo punto ha dovuto dire basta e la stessa signora autrice della scritta ha chiesto di non inviare più pizze. “Siamo sorpresi dall’amore e il sostegno fornito dalla comunità on-line” ha confessato la signora ai giornali locali senza nascondere di sperare che l’attenzione sulla vicenda dia una mano ad aumentare la conoscenza sul neuroblastoma, un cancro comune tra i neonati. “La conoscenza e i finanziamenti per la ricerca sulla malattia sono molto scarsi” ha ricordato la donna, aggiungendo “abbiamo bisogno di tutto il supporto e l’aiuto possibile per ottenere migliori trattamenti e risultati per i nostri bambini”.

Come fai a dire a dei genitori che vedono il proprio figlio soffrire in modo indicibile giorno dopo giorno (perché le cure chemioterapiche sono difficilissime da sopportare, provocano fortissime nausee, vomito, mucositi nelle parti più delicate della persona e quindi grande dolore e tanto altro), che sono impotenti davanti al loro piccolo dilaniato da tanta sofferenza e che sanno benissimo che alla fine di quel tunnel incredibile potrebbe anche non esserci la guarigione, ma la morte… come fai a dire loro che Gesù li ama? Come fai a dire ad una mamma,che sta cercando di riscaldare le manine del suo piccolo che se ne è appena andato… che Dio la ama?

Una fede provata cresce e si esprime in un amore fatto di azioni concrete! E’ vero, la nostra fede viene  messa a dura prova, ma grazie a Dio per questa prova che Lui ci può dare, perché attraverso questi terremoti interiori la nostra fede  cresce e si è rafforza e ci insegna che essere testimoni di Dio ha molto più a che fare con l’essere che con il dire.

La  fede con queste persone si  esprime in modi molto concreti e in quel momento il figlio di Dio che si trova a stendere la sua mano a chi ha bisogno trasmette le sue emozioni attraverso un esperienza di vita cambiata con Cristo Gesù e la sua carezza e le sue braccia che stringono chi sta male, le sue lacrime, chiedono salvezza e guarigione al Dio dei miracoli, mettendo al primo posto quel prossimo che è accanto a noi. Ecco che, in quel momento, si compie in pieno il comandamento di Cristo Gesù. “Ama il tuo prossimo più di te stesso”. È stato in quei momenti che allora riceviamo forse qualche domanda anche se credetemi a volte può essere molto scomoda.

È  allora che c’è la possibilità di parlare di Dio sempre con molta delicatezza e di dire qualcosa a delle  madri che gridando di dolore e in lacrime che chiedono perché, perché Dio la stava punendo così, cosa aveva fatto di male, lei che aveva sempre aiutato gli altri, che si era sempre messa a disposizione dei più deboli, che andava sempre in “chiesa”…perché ora Dio le aveva portato via il suo amato figlio, dopo  sofferenza inenarrabili?

Nessuno di noi ovviamente ha risposte certe e preconfezionate a queste domande e ringrazio Dio perché la difficoltà di quelle circostanze ci fa’ capire ancora meglio quanto poco noi possiamo fare se non esserci e stare con loro.

Impariamo a stare vicino ai malati, ai poveri, ai disperati, a chi a perso tutto o a chi sta cercando le risposte che non arrivano da una vita monotona, tormentate e senza speranze, insomma impariamo a stare vicino agli ultimi degli ultimi. La conferma che il messaggio dell’esserci è più forte di tante parole ci arriva da un semplice sorriso o nel caso di quei bambini, malati terminali,  da i sorrisi e dai gesti dei bambini e ei loro genitori , anche quando i bambini cessano la loro vita su questa terra.

Quello che arriva alle persone che non conosci quando ci sei, quando sei lì a dare conforto è un messaggio di speranza che va aldilà di tutte le ricchezze di questa  vita terrena. Quando decidiamo di voler percorrere davvero un pezzo di strada con chi il Signore ci mette vicino, facciamo un esperienza di vita vissuta che ci rende parte integrante dell’evangelo!

Provate a rileggere i numerosi passi del Nuovo Testamento, riscoprendo quanto volte il Signore ci invita a fare azioni concrete che mostrino la nostra fede; uno fra tanti lo troviamo in 1Giovanni 3-18: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità”.

Certo “amare con i fatti” implica una bella dose di sofferenza che ci viene richiesta di portare, ma credetemi ne vale la pena, non perché noi siamo bravi e abbiamo tanto da dare, ma perché il Signore ha tanto da insegnarci!
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