Il boom dell’industria bellica

armi3Il commercio internazionale di armamenti è cresciuto come volume del 16% in cinque anni e sembra chiaramente destinato ad aumentare.
(ve/stampa) Principali esportatori di armamenti sono gli Stati Uniti che da soli rappresentano il 31% dell’export mondiale. Seguono, nell’ordine, Russia (27%), Cina (5%), Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna, Italia, Ucraina e Israele.

Il mercato delle armi
Sul fronte delle importazioni d’armi, i paesi più attivi sono India, Arabia Saudita, Cina, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Australia, Turchia e, anche qui, Stati Uniti (che importano armamenti tedeschi, britannici e canadesi). In forte aumento l’import militare delle monarchie del Golfo, del Medioriente e dell’Africa. E tutto questo gigantesco mercato internazionale di armi si svolge sotto il paravento del Trattato sul commercio di armamenti, varato dall’Onu due anni fa.

La produzione nel mondo
Gli Stati Uniti sono ai primi posti anche per quanto riguarda le spese militari: stanziano infatti – stando alle cifre del budget del Pentagono – circa 95 miliardi di dollari annui per l’acquisto di armamenti. Gran parte di questa enorme quantità di denaro è riversata nelle casse delle maggiori industrie belliche statunitensi (Lockheed-Martin. Boeing, Raytheon, Northrop Grumman, General Dynamics, United Technologies), e ciò permette loro di collocarsi al primi posti su scala mondiale.
Poiché il business delle armi aumenta man mano che crescono le tensioni e le guerre, l’esplosione della crisi ucraina e il conseguente confronto Nato-Russia hanno rappresentato una fortuna per i grossi azionisti delle industrie belliche statunitensi ed europee.

Manovre di mercato
Nell’esercitazione Nato che si svolge questo mese in Polonia, gli Stati Uniti schiereranno una batteria di missili Patriot “quale deterrente all’aggressione sul fianco orientale”. La presenza dei missili sembra tuttavia rispondere anche a un’altra logica: la Polonia intende decidere entro l’anno se acquistare i missili Patriot, prodotti dalla statunitense Raytheon, o quelli analoghi del consorzio franco-italiano Eurosam. L’affare è da 8 miliardi di dollari, nel quadro di uno stanziamento di quasi 40 miliardi di euro deciso da Varsavia per potenziare le sue forze armate. La Polonia intende anche acquistare tre nuovi sottomarini da attacco, armandoli di missili da crociera forniti dalla Raytheon o dalla francese Dcns.

Effetti della crisi ucraina
Il governo americano ha annunciato una fornitura da 75 milioni di dollari alle forze armate di Kiev. Si tratta di materiali militari definiti “non-letali”, tra cui centinaia di blindati “non-armati” che possono tuttavia essere armati con sistemi prodotti in Ucraina o importati. E il presidente Petro Poroshenko ha annunciato, il 13 marzo, che il governo di Kiev ha firmato contratti per importare “armi letali” da 11 paesi dell’Unione europea.
In piena attività anche le industrie belliche russa e cinese. Per controbilanciare la forza navale Usa, che dispone di circa 300 navi da guerra comprese 10 portaerei, la Russia sta costruendo quattro sottomarini nucleari e la Cina si sta dotando di una seconda portaerei. (fonte: “il manifesto” del 17 marzo 2015)

Tratto da: http://www.voceevangelica.ch/

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