Il cortile, luogo d’incontro

11091217_1090027161027238_3338303407195981152_nMiei cari lettori, vorrei parlarvi di un incontro che trasformò completamente la vita di un uomo. Ci troviamo precisamente nel 30 circa d.C., era notte ed era molto buio.

Gesù, ormai prigioniero, dalla casa di Anna il capo del corpo sacerdotale, viene portato nel palazzo del sommo sacerdote Caifa. (Anna era il suocero di Caifa).

Buona parte dei membri del sinedrio (Consiglio supremo d’Israele con poteri politici e religiosi composto da 70 (71?) membri: ex sommo sacerdote, anziani, scribi, farisei e dottori della legge) si era radunato in quel posto alla presenza sia di Anna che di Caiafa. Quest’ultimo (dell’ordine dei sadducei) presiedeva il tribunale, accanto a lui c’erano i giudici, tutti coloro che si interessavano del processo e alcuni soldati romani che in quel momento erano di guardia; ai piedi del palco si trovava Gesù per essere processato. Furono ore tremende, finalmente per loro fu trovato il capo d’accusa: quell’uomo si era dichiarato figlio di Dio! Il sinedrio quindi aveva condannato Gesù a morte, ma siccome i romani avevano tolto al sinedrio la facoltà di eseguire le condanne a morte, era necessario di conseguenza che queste ultime venissero ratificate dall’autorità romana.

Attraverso l’ampio CORTILE del palazzo, Gesù fu condotto nelle stanze del corpo di guardia, e lungo il tragitto fu deriso e lasciato senza protezione alla presenza di una plebaglia inferocita. MAI NESSUN CRIMINALE E’ STATO TRATTATO CON TANTA CRUDELTA’ QUANTO IL FIGLIO DI DIO! Ma un dolore ancora più profondo straziava il cuore di Gesù, e non per opera di un nemico: mentre si trovava davanti a Caiafa, uno dei suoi discepoli lo stava rinnegando. Quel luogo dove si stava svolgendo la scena lo vorrei chiamare “il cortile dell’indecisione”!

Dopo la fuga nel Getsemani, due dei suoi discepoli, Pietro e Giovanni, avevano OSATO seguirlo ad una certa distanza. Ora questi ultimi stavano bussando alla porta del palazzo di Caiafa, i sacerdoti conoscevano bene Giovanni come discepolo di Cristo, e lo fecero subito entrare nella sala. Pietro era rimasto fuori, in un secondo tempo, grazie a Giovanni riesci ad avere il permesso di entrare.

Era l’ora più fredda della notte, quella che precede l’alba. Nel cortile era stato acceso un fuoco. Pietro con aria indifferente si era unito con coloro che stavano lì intorno a riscaldarsi, sperava di essere scambiato per uno di coloro che avevano condotto Gesù nella sala. Ma mentre la luce della fiamma illuminava il suo volto, la portinaia scorgendo quel volto abbattuto, lo riconobbe. Pietro cominciò a tremare e a confondersi, gli occhi di tutti erano su di lui. E’ qui che si compie il primo rinnegamento: “Donna non lo conosco!”, e il gallo cantò!

Giovanni invece nella sala del tribunale non si camuffò, non aveva suscitato sospetti col suo comportamento, anzi ritiratosi in un angolo, cercò di essere il più vicino possibile a Gesù.

Se Pietro avesse dovuto combattere per il Maestro, sarebbe stato un soldato coraggioso, ma dinanzi ad un dito puntato mostrò la sua viltà. Egli, benché’ apparentemente indifferente, era profondamente afflitto per ciò che stava accadendo, era sorpreso, indignato e irritato. Poco dopo fu una seconda volta riconosciuto come discepolo, allora giurò di non conoscere quell’uomo!!!

Gli venne offerta un’altra occasione: un’ora dopo, uno dei servi del sommo sacerdote, parente prossimo di colui al quale Pietro aveva tagliato l’orecchio, lo riconobbe, ma Pietro incominciò a rinnegare il suo Maestro, a maledire e a spergiurare. Il gallo cantò per due volte, e lui lo aveva rinnegato già tre volte. (Marco 14:30).

MENTRE QUEI VERGOGNOSI GIURAMENTI ERANO ANCORA SULLE SUE LABBRA E IL CANTO DEL GALLO RIECCHEGGIAVA NELLE SUE ORECCHIE, IL SALVATORE DISTOLSE LO SGUARDO DAI SUOI ACCUSATORI E GUARDO’ A LUNGO IL POVERO DISCEPOLO…. Gli occhi di Pietro si incontrarono con quelli del Maestro…

IL DISCEPOLO VI LESSE NON LA CONDANNA, MA SOLO UNA PIETA’ E UN DOLORE PROFONDI.

Quel viso pallido e sofferente, quelle labbra tremanti, quello sguardo di compassione e perdono, TRAFISSERO il cuore di Pietro! La sua coscienza si risvegliò.

Molti ricordi si risvegliarono in lui…. Ripensò alla tenera misericordia del Salvatore, alla sua bontà, alla sua generosità, alla sua pazienza verso i discepoli. Guardò ancora il Maestro mentre una mano sacrilega lo colpiva sul viso. Non poté’ più sopportare quella scena, si precipito FUORI dal CORTILE con il cuore straziato. Pietro avanzò nella solitudine e nelle tenebre senza sapere dove andare, ed infine si ritrovò nel Getsemani! Gli ritornò subito in mente la scena di poche ore prima. Rivide il viso sofferente del Signore, macchiato di sangue e sfigurato dall’angoscia. Si ricordò, straziato dal rimorso, che Gesù aveva pianto e lottato solo, in preghiera, mentre coloro che avrebbero dovuto stargli vicino si erano addormentati. Rivide la scena del tribunale e si sentì disperato per aver contribuito ad accrescere l’umiliazione e il dolore del Salvatore. Pietro cadde con il viso al suolo, invocando la morte.

“Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli”. (Luca 22:31,32): bellissima questa preghiera di Gesù, fatta ancor prima che Pietro peccasse.

Spesso pensiamo che, nel momento in cui cadiamo, Gesù si allontani da noi lasciandoci soli in balia del pericolo e invece non è cosi! Non solo Egli ci sta vicino in modo particolare nei nostri momenti più bui, ma addirittura va oltre: pur sapendo in anticipo la nostra caduta, ci viene incontro nella tentazione ancor prima che partorisca, ancor prima che affiori nella nostra mente, e ci offre il suo sostegno! MAI SOLI!

“Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: E’ il Signore! E Simon Pietro, udito ch’era il Signore, si cinse il camiciotto, perché era nudo, e si gettò nel mare”. (Giovanni 21:7): la risposta all’amoreLA GRATITUDINE!

I rimproveri non hanno mai prodotto grandi risultati, nulla ci attrae più dell’amore e Gesù ci ama; Egli ci ha infatti attratti a se’ con le funi del suo Amore! CORRIAMO TRA LE BRACCIA DI GESU’ RINGRAZIANDOLO PER QUELLO CHE HA FATTO, CHE FA E CONTINUERA’ A FARE PER NOI, PER ME, PER TE!

“Dopo che ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giona, mi ami tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo Signore, tu lo sai che io ti amo». Gesù gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli chiese di nuovo una seconda volta: «Simone di Giona, mi ami tu?». Gli rispose: «Certo Signore, tu lo sai che io ti amo». Gesù gli disse: «Abbi cura delle mie pecore». Gli chiese per la terza volta: «Simone di Giona, mi ami tu?». Pietro si rattristò che per la terza volta gli avesse chiesto: «Mi ami tu?», e gli rispose: «Signore, tu sai ogni cosa, tu sai che io ti amo». Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità ti dico che, quando eri giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà là dove tu non vorresti». Or disse questo per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo, gli disse: «Seguimi».” (Giovanni 21:15-19): bellissimo insegnamento anche qua’, LA RIABILITAZIONE! Quando gli altri non crederanno più in noi, quando l’uomo ci rinfaccia il nostro passato, le nostre colpe, quando siamo stati catalogati, c’è sempre Qualcuno che non ha perso la fiducia in noi, che ci offre un’altra possibilità, cento altre possibilità, ma soprattutto che continua a credere ancora in noi! IO VALGO SEMPRE! VAI AVANTI!

In Atti al capitolo 4 versetti dall’1 al 13 vediamo la trasformazione di Pietro: “Or mentr’essi parlavano al popolo, i sacerdoti e il capitano del tempio e i Sadducei sopraggiunsero, essendo molto crucciati perché ammaestravano il popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dei morti.  E misero loro le mani addosso, e li posero in prigione fino al giorno seguente, perché già era sera. Ma molti di coloro che avevano udito la Parola credettero; e il numero degli uomini salì a circa cinquemila.  E il dì seguente, i loro capi, con gli anziani e gli scribi, si radunarono in Gerusalemme, con Anna, il sommo sacerdote, e Caiàfa, e Giovanni, e Alessandro e tutti quelli che erano della famiglia dei sommi sacerdoti.  E fatti comparir quivi in mezzo Pietro e Giovanni, domandarono: Con qual podestà, o in nome di chi avete voi fatto questo?  Allora Pietro, ripieno dello Spirito Santo, disse loro: Rettori del popolo ed anziani, se siamo oggi esaminati circa un beneficio fatto a un uomo infermo, per sapere com’è che quest’uomo è stato guarito,  sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che ciò è stato fatto nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso, e che Dio ha risuscitato dai morti; in virtù d’esso quest’uomo comparisce guarito, in presenza vostra.  Egli è la pietra che è stata da voi edificatori sprezzata, ed è divenuta la pietra angolare. E in nessun altro è la salvezza; poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati.  Or essi, veduta la franchezza di Pietro e di Giovanni, e avendo capito che erano popolani senza istruzione, si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesù”.

A proposito di questo, nel libro: “Uomini che vinsero un impero” a pagina 40 leggiamo un messaggio meraviglioso: “Durante il giorno seguente la guarigione dello zoppo, Anna e Caiafa, con i dignitari del tempio, si riunirono per il processo, e i prigionieri furono portati dinanzi a loro. In quella stessa stanza e di fronte ad alcuni degli stessi uomini presenti, Pietro aveva vergognosamente rinnegato il suo Signore. Egli si ricordò distintamente di questo, mentre stava per essere processato. Questa era l’opportunità per porre rimedio alla sua codardia. Coloro tra i presenti che ricordavano la parte che Pietro aveva avuto al processo del suo Maestro, credettero di poterlo intimorire minacciandolo di prigionia e morte. Il Pietro che aveva rinnegato Cristo nell’ora del suo più grande bisogno era impulsivo e pieno di sé, mentre il Pietro che si trovava ora dinanzi al Sinedrio era un uomo molto diverso. Dopo la caduta, egli era stato convertito. Ora non era più orgoglioso ed esaltato ma umile e modesto. Era ripieno dello Spirito Santo, e con l’aiuto della sua potenza decise di cancellare l’infamia della sua apostasia, onorando il nome di Colui che aveva disonorato”. Lo stesso uomo, nello stesso posto, davanti a quasi le stesse persone, tempo dopo…. Qui vediamo IL RISCATTO che viene dato a una persona dopo aver accettato Cristo nella propria vita! Quando siamo caduti in un punto, ci viene sempre data l’opportunità di riscattarci pubblicamente e con noi stessi. E’ fondamentale dimostrare che ci siamo pentiti e abbiamo voglia di rimediare e ricominciare. Una prova non superata ci viene posta davanti nuovamente finche’ non la vinciamo. Voglia di vincere! 

In 1 PIETRO (1:3-4) vediamo IL CAMBIAMENTO: “Benedetto sia il Dio e Padre del Signor nostro Gesù Cristo, il quale nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, a una viva speranza per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per un’eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescibile, conservata nei cieli per voi.”

Un cambiamento, una vita trasformata, una nuova creatura, questo è il più grande miracolo! Il risultato del lavoro di Cristo nel nostro cuore! Non c’è nulla di impossibile ai suo potere, non ci sono peccati che non possa perdonare, non c’è vita che non riesca a cambiare, non ci sono difetti, peccanti, abitudini, imperfezioni che Gesù non possa togliere!

NULLA E’ IMPOSSIBILE!  Ricordalo!

Il 18 Novembre 1995, il violinista Itzhak Perlman si esibiva al Lincoln Center di New York City. Camminava con le stampelle, a causa della poliomielite avuta da bambino. Il pubblico attendeva pazientemente che attraversasse il palcoscenico fino ad arrivare alla sedia. Si sedette, appoggiò le stampelle al suolo, rimosse i rinforzi dalle gambe, si sistemò nella sua posa caratteristica, un piede piegato all’indietro, l’altro spinto in avanti, si piegò verso il basso per prendere il violino, lo trattenne fermamente con il mento, e fece un cenno col capo al direttore d’orchestra per indicare di essere pronto. Era un rituale familiare per i fan di Perlman: il genio storpio che non dava importanza alla sua invalidità prima che la sua musica sublime trascendesse ogni cosa. Ma questa volta fu diverso. “Appena ebbe finito le prime battute”, rammenta il critico musicale Houston Chronicle, “una delle corde del suo violino si ruppe. La si poté sentire spezzarsi con uno schiocco secco – esplose come un colpo di pistola attraverso la stanza. Non c’erano dubbi su ciò che significava quel suono. Non c’erano dubbi su cosa avrebbe dovuto fare.” Era ovvio – avrebbe dovuto posare il suo violino, rimettere i rinforzi per le gambe, prendere le stampelle, alzarsi in piedi, dirigersi faticosamente dietro le quinte e prendere un altro violino o cambiare la corda del suo violino mutilato. Ma non lo fece. Chiuse gli occhi per un momento, e poi segnalò al direttore d’orchestra di iniziare da capo. Il pubblico era ammaliato. Tutti sanno che è impossibile suonare un brano sinfonico con solo tre corde. Io lo so, e voi lo sapete, ma quella notte Itzhak Perlman finse di non saperlo. Suonò con una tale passione ed un tale potere ed una tale purezza, si poteva vederlo modulare, cambiare e ricomporre il pezzo nella sua testa. Ad un certo punto sembrò come se stesse disaccordando le corde per ottenere da esse suoni che non avevano mai prodotto prima. Quando finì ci fu un silenzio di timore reverenziale, e poi il pubblico si levò, come una cosa sola. Eravamo tutti in piedi, urlavamo e applaudivamo – facendo tutto ciò che potevamo per mostrare quanto apprezzavamo ciò che aveva fatto. Egli sorrise, si asciugò il sudore dalla fronte, alzò il suo archetto per quietarci, e poi disse, non con vanto, ma in un tono modesto, pensoso, riverente: “Sapete, talvolta è compito dell’artista scoprire quanta musica può ancora creare con ciò che gli è rimasto”. (Tratto dal libro “Coaching e Leadership edito da NLP Italy”).

Per concludere vorrei riportarvi un pensiero di Lebrun: AMAMI COME SEI:

“Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei… Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all’amore, non amerai mai.

Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non ricommettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell’aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami… come sei…

Voglio l’amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? Non sono io l’Onnipotente? E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? Figlio mio, lascia che io Ti ami, voglio il tuo cuore.

Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei… e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l’amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l’amore di poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: “Gesù ti amo”. Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno ne’ della tua scienza, ne’ del tuo talento.

Una cosa sola m’importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai… perché ti ho creato soltanto per l’amore.

Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, moriresti di dolore. Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l’azione più insignificante solo per amore.

Conto su di te per darmi gioia… Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie. Quando dovrai soffrire ti darò la forza. Mi hai dato l’amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare… Ma ricordati… amami come sei…

Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all’amore, non mi ameresti mai… Va…”

Amen! A cura di Lorenza Perrotta

P.S.: Riferimenti biblici: Matteo 26:57-75 / Marco 14:53-72 / Luca 22:66-71 / Giovanni 18:12

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