IL DONO DELLA PAROLA

A cosa ci viene di pensare quando, da cristiani, ci soffermiamo sull’espressione ‘il dono della parola’?

Penso che questa espressione ci rimanda innanzitutto al dono della parola di Dio, la Bibbia. Ed effettivamente la Bibbia è la fonte più autorevole (insieme allo Spirito Santo che la conferma e la rende viva nei nostri cuori) per la nostra vita, poiché essa è la Parola di Dio. Non già una parola d’uomini!

In seconda battuta l’espressione ‘il dono della parola’ potrebbe rimandarci all’idea del fatto che l’uomo, a differenza degli animali, è stato dotato del dono della parola. Pertanto la parola è un segno distintivo e caratteristico dell’essere umano, in quanto  creatura di Dio.

Ma se pensiamo al fatto che l’espressione ‘ il dono della parola’ è appunto un dono, siamo indotti a pensare che la parola debba essere appunto un … dono;  dunque non soltanto una caratteristica normale, ma qualcosa di ‘donato’ affinchè usandola nel modo giusto essa possa portare ed aggiungere del bene alla nostra esistenza.

Non per nulla il Signore dice (a chiunque, ossia ad ogni uomo) che “Di ogni parola oziosa che gli uomini avranno detta dovranno rendere conto” (Matteo 12: 36)!

Mi è venuto il sentimento di scrivere quest’articolo pensando proprio al dono della parola; nel senso che la parola – usata come un dono – dovrebbe produrre risultati ed effetti positivi. Altrimenti, se la parola venisse usata per produrre effetti negativi, si tratterebbe sempre di ‘parola’, ma non potremmo più pensare, appunto, all’espressione che parla della ‘parola come un dono’!

Ora, poiché Dio ha dotato l’uomo della parola, Egli si aspetta che noi la usiamo come un dono; non come un dono qualunque, ma come un Suo Dono.

Questo comporta che l’uso che “dovremmo” fare della parola è un uso buono, un uso dal quale deve scaturire, per frutto, qualcosa di buono (“un pò come” quando Dio, creando il mondo con la parola, dopo aver visto ogni cosa da Lui creata, vide che ciò che aveva fatto, come frutto della Sua parola, ‘era molto buono’ (come leggiamo nel primo capitolo del libro di Genesi).

Se, dunque, la parola è un dono, come usiamo tale dono?

Vorrei riportare qui due circostanze in cui due pastori hanno usato la ‘parola’ dicendomi, rispettivamente, delle cose che mi hanno portato a pensare che loro, nei miei confronti, non hanno usato la parola come un dono divino (ossia un dono che potesse far passare, per mezzo della parola, le caratteristiche delle virtù di Dio (come la giustizia, l’onestà, la coerenza, la rettitudine, la verità).

Vorrei riportare entrambi gli episodi (senza fare i nomi di questi pastori), per sottolineare come si può restare male quando qualcuno (“anche” un pastore) usa male ‘la parola’; per evidenziare quali effetti può avere l’uso inopportuno della parola (specie da parte di coloro che sono ritenuti e chiamati “ministri della parola”).

Tempo fa chiesi ad uno di questi due pastori se mi avesse dato il permesso qualche volta di poter presentare un libro nella comunità da lui curata.

In un primo momento mi disse “Si. Ti farò sapere io quando. Ti avviserò”.

Basandomi su tali parole attesi. Diverso tempo. Tanto tempo. Dopo mesi e mesi provai a risentirlo e lui mi disse che “Presentare il libro durante una riunione di chiesa non gli sembrava il caso”

Io onestamente non capii molto il senso di queste parole. Voglio dire che non capivo perché dopo una riunione cristiana “non sarebbe stato il caso di presentare un libro cristiano”. Come se ciò fosse significato ‘mischiare il sacro con il profano’!

Ma le sue parole mi lasciarono ancora più confuso e turbato, quando, tempo dopo questi fatti, un giorno, andando nella “sua” comunità – per l’occasione di un incontro di diverse comunità – , vidi che proprio durante quella riunione lui diede il permesso ad un giovane di presentare un suo libro.

Questo fatto mi indusse, di conseguenza, a pensare una cosa riguardo all’uso della parola da parte di questo pastore:

Doppio peso e doppia misura (ad un fratello non permetti di presentare un libro ad un altro si; ad un fratello dici che non è il caso, dopo una riunione cristiana, di presentare un libro cristiano e ad un altro glielo fai presentare non dopo la riunione, ma nel mezzo di essa) (!).

Un’altra volta chiesi ad un altro pastore se potevo dire ai fratelli di un libro che, grazie a Dio, avevo finito di scrivere. Lui mi disse di portare il libro (che tra l’altro aveva già letto) alla successiva riunione di culto. Portai quindi il libro ed attesi. Lui mi vide e sapeva ciò che mi aveva detto e, quindi, anche ciò che io mi aspettavo. Io attesi. La riunione fini, ma neanche a quel punto lui disse nulla. Io ci rimasi male, visto che nei giorni precedenti lui stesso mi aveva detto che avrei potuto portare il libro alla successiva riunione. E così feci. Ma neanche a riunione finita, nonostante io fossi li e lui mi avesse visto (la comunità è talmente piccola che, credetemi, non ci si può “perdere di vista”) disse nulla.

Di fronte a questa parola data e non mantenuta ci rimasi male. E dovetti raccogliere le forze per andare avanti a salutarlo e per dirgli “Ma non mi avevi detto che avrei potuto portare il libro oggi? E, allora, come mai non hai detto né fatto nulla rispetto a quanto mi avevi detto?

Beh, sapete cosa mi ha risposto? Mi ha detto : “Io non faccio pubblicità a nessuno”!

Ho difficoltà ad esprimervi a parole come ci rimasi (dopo che nei giorni precedenti mi aveva detto lui stesso che avrei potuto portare il libro)!

E, sapete un’altra cosa? Poco tempo dopo venne un fratello in visita; un fratello che portò con sé diversi libri. E cosa fece? Dopo la riunione il pastore disse alla comunità che chi avesse voluto alla fine del culto avrebbe potuto vedere i libri del fratello.

Allora ripensai alle parole dettemi da questo pastore: “Io non faccio pubblicità a nessuno”!

Anche in questa circostanza non potei fare a meno di considerare alcune cose (perché, sapete, le parole – usate bene o male – poi inducono a pensare … se chi parla è onesto oppure no, se è coerente con quello che dice oppure no, se crede in quello che dice o se, invece, parla tanto per parlare). E le cose che pensai furono queste :

  1. ci risiamo, si ripete la “legge” dei ‘due pesi e due misure’;
  2. lui ha detto che non fa pubblicità a nessuno. Ma non è vero, perché ad alcuni la fa.

Un giorno parlando con un altro pastore a proposito di questa delusione (di riscontrare incoerenza in un pastore) questi mi disse che era stata molto strana ed imprudente la frase dettami da quel pastore (“Io non faccio pubblicità a nessuno”), perché se la stessa cosa dovesse farsi e dirsi verso di lui, allora nel caso un’anima volesse sapere di un luogo di culto dove poter andare, nessuno dovrebbe “fare pubblicità a questo pastore” indicandogli di andare nella comunità dove lui espleta l’ufficio di “ministro della parola”!

Scusatemi fratelli e sorelle, ma so che voi siete abbastanza maturi da comprendere che io non racconto queste cose per l’intenzione primaria di andare contro qualcuno.

L’unica direzione verso la quale mi prefiggo di andare è quella della Verità del Signore Gesù.

E quello che dico lo dico o per esaltare fatti positivi, che magnificano la giustizia di Cristo o, purtroppo, per denunciare fatti che non magnificano la giustizia di Cristo. Insomma quello che dico è:

  1. per promuovere e far conoscere il bene;
  2. per denunciare e non mascherare il male.

Forse lo faccio in modo imparziale, senza strizzare l’occhio a qualcuno, questo si. Ma, ditemi, sbaglio a fare questo?

Io credo nel ‘dono della parola’, ovvero nel fatto che le parole che possiamo dire e pronunciare hanno delle conseguenze, nel bene e nel male. Credo negli effetti della parola.

Ed è per questo motivo (come del resto faccio con tutti gli altri articoli che il Signore mi mette in cuore di scrivere) che ho sentito di scrivere anche questo ulteriore articolo, affinchè tutti noi possiamo riflettere sul ‘dono della parola’.

Spero che leggendo queste righe chi ha da riflettere lo faccia, affinchè non capiti ad altri quello che è capitato a me.

Se non fosse per la grazia di Dio, ovvero per l’Opera che Egli ha iniziato in me, a causa di molte parole usate male da alcuni “ministri della parola” a quest’ora sarei perito. Ma siccome credo che la grazia di Dio e la Sua Opera in noi è personale non saranno tali pastori a farmi/farci cadere.

Ma tali ‘pastori’ stiano attenti a come usano ‘la parola’, perché molti ne feriscono e molti potrebbero farne cadere.

E questo non da gloria a Dio, il quale dotando l’uomo della parola, non vuole che con la parola di abbattano le anime, ma che si possano edificare. Dio ci benedica.

Enzo Maniaci | Notiziecristiane.com

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