Italia: per una ricerca di base senza animali la strada è ancora lung

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Italia-per-una-ricerca-di-base-senza-animali-la-strada-e-ancora-lunga_mediumIl nuovo Governo ha approvato nelle scorse settimane la legge sulla sperimentazione animale, che il 7 marzo è stata trasmessa al Presidente della Repubblica per la firma e la definitiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Secondo la Lega Anti Vivisezione (Lav) è stato confermato, con qualche importante modifica, lo schema di decreto legislativo proposto dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, “e fortunatamente con questo decreto, reso più restrittivo rispetto alla negativadirettiva UE 2010/63 e che speriamo venga annullata dall’Iniziativa Europea dei Cittadini (Ice) con la campagna Stop Vivisection, abbiamo comunque raggiunto piccoli ma significativi obiettivi unici in Europa”. PerGianluca Felicetti, presidente della Lav, poteva andare peggio. “Fortunatamente non sono stati accolti i pareri a favore di un recepimento-fotocopia della direttiva europea, peraltro non vincolanti, ma espressi dalle relatrici delle Commissioni Sanità del Senato e Affari Sociali della Camera. Un passo importante per poter dire che le novità restrittive a livello nazionale sono sicuramente una buona notizia frutto dell’impegno speso a livello nazionale dai movimenti che si battono per un’alternativa alla sperimentazione animale” a cominciare dalla conferma dei divieti italiani di test su cani e gatti randagi e su animali resi afoni, attualmente ancora validi per la direttiva europea.

In Italia di fatto non sarà più possibile per legge allevare cani, gatti e primati da laboratorio e, quindi, il famigerato “Green Hill” non potrà riaprire la sua fabbrica di beagle, a prescindere dall’esito del prossimo processo che inizierà il 23 giugno con la prima udienza conseguenza delle indagini della Procura della Repubblica di Brescia avviate nel 2012 e nel quale Legambiente ha annunciato di costituirsi parte civile. “Ma non solo di allevamento e Green Hill si parla – ci ha ricordato Felicetti sottolineando come – anche realtà come la Harlan Laboratories di Correzzana che da anni importa dall’estero e in gergo ri-installa numerosi primati ai fini della sperimentazione animale sarà ora costretta a rispettare la nuova legge e interrompere anche questo tipo di attività”.

Ma per gli animalisti queste non sono le uniche belle notizie.  Non sarà, infatti, più possibile effettuare esperimenti su scimmie antropomorfe (scimpanzé, oranghi, gorilla, gibboni e bonobo), effettuare esperimenti per la produzione e il controllo di materiale bellico, effettuare esercitazioni su animali per la didattica in scuole primarie e secondarie (ad eccezione dei corsi universitari per la medicina veterinaria),utilizzare animali in esperimenti con livello di dolore grave a partire dal 1° gennaio 2017 e soprattutto ignorare le sanzioni, ora più efficaci, per chi viola le norme minime della legge. Chi sarà sorpreso per esempio ad allevare cani e gatti come si legge all’articolo 10 comma 5 del decreto (il cosiddetto articolo anti Green Hill) avrà una sanzione da 30.000 a 90.000 euro, cifre che rimangono tuttavia molto basse (almeno per i grossi gruppi multinazionali) e solo amministrative. Inoltre, seppure solo dal 1° gennaio 2017 e previo riconoscimento di metodi alternativi, saranno vietati i test per droghe, alcool, tabacco e per trapianti di organi animali.  Infine,saranno finalmente promossi e adottati metodi alternativi e sostitutivi alla sperimentazione animale, poiché la nuova legge “prevede un Fondo per il loro sviluppo, pari al 50 per cento del fondo di rotazione dello Stato di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183”. Anche qui lascia perplessi però la volontà di perseguire questi metodi alternativi alle sperimentazione animale “visto che il Ministero della Salute, all’art, 37, li promuove finanziandoli solo con le entrate derivanti dalle sanzioni (qualora fossero contestate ed incassate) e con 500.000 euro per tre anni che saranno destinati alla ricerca degli Istituti zooprofilattivi sperimentali.

“Un punto di partenza importante ma certamente migliorabile”, ha sottolineato a più riprese Felicetti ricordando come già l’articolo 13 della Legge-delega n.96 del 2013 aveva stabilito alcune restrizioni alla vivisezione recependo una direttiva europea. “L’articolo contiene tredici punti – ha spiegato il presidente della Lav – che senza vietare la sperimentazione animale, pongono alcune importanti restrizioni e vincoli come, ad esempio, l’obbligo di anestesia, che non sembra preso in considerazione dal decreto”. “Per il non rispetto dell’obbligo di utilizzare animali solo in anestesia, con la Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente, diffideremo il Ministero della Salute e procederemo a denunciare tutte le autorizzazioni alla sperimentazione sugli animali che non rispetteranno il dettato, portando con la Magistratura i punti incompatibili del decreto legislativo fino alla Corte costituzionale” ha concluso la Lav.

La questione sperimentazione animale, quindi, rimane ancora molto ingarbugliata grazie anche ad un cumulo di articoli del decreto (.pdf) che si derogano tra loro in un quadro complessivo che già da un primo esame appare in conflitto anche terminologico. Nel decreto “Se il vivisettore viene chissà perché aborrito come figura medioevale, in nessuna parte della legge compare il termine sperimentatore. Da oggi, quello che nel linguaggio comune è un vivisettore poi mutuato in sperimentatore, per la nuova legge sarà l’utilizzatore” si legge in un interessante approfondimento di Geapress. Un peccato anche che il decreto non abbia pensato ad introdurre rappresentanti di associazioni animaliste nel Comitato Nazionale per la protezione degli animali usati a fini scientifici (art. 38). Comitato che tuttavia nasce “Senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, praticamente a titolo gratuito.

“Nonostante i limiti, la battaglia degli ultimi mesi ha dimostrato che è possibile mettere in crisi il sistema di potere della vivisezione e avere, comunque, una legge nazionale che, anche se solo per alcuni aspetti, è più restrittiva della direttiva europea 2010/63” ha concluso Felicetti. “Per noi si tratta di un punto di partenza per nuove battaglie affinché, come per i test a fini cosmetici aboliti da un anno a livello europeo, si cambi effettivamente sistema di ricerca con i metodi sostitutivi già ampiamente praticati all’estero”. Ma per ridiscutere dalla radice l’impianto che fa della sperimentazione animale in Europa ancora un “totem e un tabu” molte speranze saranno puntate sull’iter di Stop Vivisection (che ha visto l’Italia essere il primo paese dell’Unione per numero di firme raccolte) e  che potrà veramente rimettere in discussione le politiche adottate in materia di sperimentazione animale.

Ma se non accontenta completamente gli animalisti il nuovo decreto ha invece allarmato buona parte del mondo scientifico ha spiegato Roberto Caminiti, docente di Fisiologia Umana all’Università La Sapienza di Roma. “Tralasciandoi contenuti, rischiosi per i limiti posti alla ricerca, quello che è paradossale è che questo nuovo decreto legislativo ci porta a una nuova procedura d’infrazione“. Perché? L’articolo 2 della direttiva europea vieta in maniera esplicita ai Paesi membri di introdurre legislazioni più restrittive della direttiva stessa, a meno che non fossero in vigore prima della sua pubblicazione. “Tutti i divieti che introduce il decreto legislativo italiano globalmente non erano in vigore quando nel 2010 fu pubblicata la direttiva, e quindi la violano. Quindi l’Italia è sicuramente in procedura d’infrazione. Se non agirà Bruxelles con motu proprio ci penseremo noi ricercatori a fare ricorso alla Corte europea” ha concluso Caminiti. E per una ricerca di base senza animali la strada sembra ancora lunga.

Alessandro Graziadei

Fonte: http://www.unimondo.org/

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