La perfezione nella rinuncia

Sempre più clienti degli studi della salute mentale, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri chiedono e vogliono i affrontare problematiche legate alla patologia, ai sintomi presentati senza chiarire il sottofondo dello stile di vita ad essi collegato. Uno stile di vita che si prospetta indaffarato, impegnato. Uno stile di vita che deve far quadrare il tutto, lavoro, figli, carriera, economia, rapporti, super informazioni ecc…. Si ha la sensazione che si pretende molto dalle proprie potenzialità. Una pretesa che non può prescindere dai propri obiettivi. C’è sempre da fare una scelta nella vita, o meglio c’è sempre da dare una preferenza per l’una o l’altra cosa. Il difficile è quando si vuole, dare preferenza al tutto.

Non è possibile servire il signore a e a mammona «Non potete servire a Dio e a Mammona» (Mt 6,24, e Lc 16,13). Il termine Mammona è usato nel Nuovo Testamento per personificare l’azione del profitto, del tornaconto materiale e psicologico. L’uomo deve scegliere per il proprio bene, in un contesto affollato da informazione, pervaso di ideologie di potere, spesso pensiamo di esseri liberi ma non lo siamo (Riccardi P., in https://www.notiziecristiane.com/siamo-realmente-liberi-o-e-pura-illusione/). Dopotutto desideriamo una libertà interiore che sia segno e significato di un sano senso del vivere. E sembra assurdo chiedere da se stessi il massimo senza volere sacrificare niente o almeno il superfluo. Mentre da un lato la cultura ci propina una realizzazione di se che passa attraverso il prendere tutto, il superuomo che deve far quadrare tutto, carriera, famiglia, affetti, lavoro, e tempo per tutto; dall’altro aumentano le nevrosi da insoddisfazione e la vita vacilla in un non sapere da che parte stare (in Riccardi P., Ogni vita è una vocazione per un ritrovato benessere ed. Cittadella Assisi, 2014). La conseguenza esistenziale è descritta dallo psichiatra viennese, V. Frankl, come “nevrosi da mancanza di senso” (Frankl, V., Logoterapia e analisi esistenziale, Morcelliana Brescia, 2000). Sempre più corsi di crescita personale mirano alla gestione del tempo, aggiungendo ad esso anche quello per se stessi, per il proprio relax, per il proprio divertimento.

Suggerimenti più vari oscillano tra l’ascoltare musica, passeggiate all’aria aperta, meditare, pregare, e quant’altro possa aiutare a gestire il proprio tempo. Attenzione permane sempre il fatto che si rischia di pretendere troppo e tutto per se esaurendo quello di cui le neuroscienze affermano circa la riserva di energia interiore. L’uomo non è una batteria ricaricabile, non basta mettere la spina del tempo per se per ricaricarsi a questo già pensa la natura con il suo ritmo tra il giorno e notte espressione di attività e riposo, di veglia e sonno.

Si pone, per l’uomo moderno un’alternativa, antropologica direi, quella della rinuncia per accrescere il proprio benessere. Rinunciare al cellulare per qualche giorno, rinunciare a manifestare invidia e gelosia per il collega o l’amico, rinunciare desiderare la perfezione, rinunciare a desiderare la carriera a tutti i costi, rinunciare a quelle attività che assorbono energia a scapito di altre. Questo è il leit motiv dell’antropologia cristiana con le beatitudini quale inno alla rinuncia capace di modificare il proprio schema cognitivo-emotivo relativo all’approccia alla vita (per un approfondimento Riccardi. P., Psicoterapia del cuore e Beatitudini, ed Cittadella Assisi 2018). La stessa, rinuncia che propone al giovane ricco: «Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». 

Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni». (Mt 10, 21-22). Sta ad ognuno scegliere la rinuncia di cose e atteggiamenti sprecanti energia o l’afflizione?

Pasquale Riccardi D’Alise

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