La più grande battaglia, contro il nostro “io”

Il nostro “io” è il più grande ostacolo all’opera di Dio nella nostra vita. Mentre Gesù non era gelosamente attaccato alla Sua identità di Dio, alla Sua reputazione, ai Suoi diritti – ma spogliò Sé stesso dell’autorità gloriosa che aveva presso il Padre, abbassandosi fino alla morte di croce – noi credenti all’opposto siamo attaccati gelosamente a noi stessi, alla nostra immagine, alla nostra reputazione, all’essere riconosciuti e approvati dagli uomini. Perciò la Scrittura ci esorta ad avere lo stesso sentimento di Gesù, che è umiltà, abbassamento e nessuna reputazione o riconoscimento. Ecco perché a volte c’è lotta e mania di protagonismo e di competizione tra credenti nella Chiesa, ciò è evidente che non abbiamo il Suo stesso sentimento e che non siamo c’entrati su Cristo, ma su noi stessi. E anche se lo neghiamo, le situazioni e le nostre azioni dimostrano il contrario.

Dice la Bibbia, che dopo che Gesù moltiplicò miracolosamente i 5 pani e i 2 pesci per tutto il popolo e li sfamò, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo. Gesù non era interessato alla gloria terrena; non era nella Sua natura. Era già glorioso. Non cercava la Sua gloria personale per essere visto dagli uomini. Oggi, al contrario, per la maggior parte dei credenti più si è esposti e meglio è. In realtà, al contrario di Gesù, essi cercano gloria per essere onorati e riconosciuti dagli uomini. Gesù in più occasioni ha dichiarato che la gloria era di Colui che lo aveva mandato nel mondo, cioè il Padre. Lui che si spogliò delle vesti e si cinse un asciugamano, e lavò i piedi ai discepoli in segno di umiltà, abbassamento e altruismo.

Viviamo il Cristianesimo con l’esempio di Cristo, non per la nostra gloria, ma per la gloria di Dio.

Alessio Sibilla | Notiziecristiane.com

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