Libri:John MacArthur, Schiavo. La verità nascosta sulla tua identità in Cristo

copj170.asp_Schiavo. La verità nascosta sulla tua identità in Cristo, John MacArthur, 2013, Alfa & Omega, Caltanissetta, 16€. Bella ed elegante edizione, quella preparata dall’ottima casa editrice siciliana Alfa & Omega in collaborazione con l’americana Aurora Mission.Bello stile grafico contemporaneo, copertina nera e lucida sulla quale risalta in caratteri semplicissimi il bianco del titolo “Schiavo. La verità nascosta sulla tua identità in Cristo”, accompagnato dal nome dell’autore, John MacArthur, in maiuscoletto grigio. Lo stile essenziale continua tra le pagine con caratteri e interlinee ben spaziati per una comoda lettura e un bello stile nell’impaginazione dei tredici capitoli più prefazione e appendice.

Lo stile grafico parco ed essenziale mette in risalto l’eccezionalità dell’autore e del messaggio: il primo, notissimo esegeta, diffusissima l’edizione della Bibbia commentata e annotata da lui; il secondo nuovissimo, così viene annunciato già dal sottotitolo.

La quarta di copertina ci introduce brevemente la sconvolgente notizia che per secoli i traduttori della Bibbia abbiano commesso un errore di traduzione tenendo a tutti nascosta una grande verità, in questo libro svelata.

È dunque con una certa trepidazione che ho tenuto in mano “Schiavo”, l’ultimo lavoro esegetico di John MacArthur. Nella prefazione, di propria mano, ci rivela che le sue ricerche di una vita gli hanno permesso di individuare e comprendere abbastanza bene le verità del NT; nonostante questo egli pure, però, era rimasto vittima della più importante omissione ermeneutica e teologica delle scritture neotestamentarie.

Con la presente opera, in età avanzata, lo studioso affronta e risolve il problema.

Tutto è compiuto, verrebbe da dire.

Venire a sapere che John MacArthur ha capito praticamente tutto obbliga al timore reverenziale, non si può non leggere questa, che egli annuncia come l’ultima pennellata che completa il quadro teologico del NT, senza il giusto tremore. Calvino, Lutero, i puritani, Edwards, Spurgeon, hanno dato il loro contributo, MacArthur ha completato il tutto.

Tra qualche secolo un nuovo amanuense includerà le sue note nel testo biblico…

Veniamo al contenuto di “Schiavo”.

Con competenza e ampie analisi storiche e teologiche l’autore sviluppa il fatto che le diverse traduzioni bibliche (ovviamente il suo lavoro si incentra su quelle inglesi) abbiano compiuto una importante manipolazione dell’originale testo neotestamentario. Esso riguarda il termine greco “doulos”, che significa “schiavo”, che è stato però tradotto con il termine “servo”.

Se la differenza può apparire lieve a prima lettura, non lo è affatto, invece, né lo sono le conseguenze teologiche derivanti, che appunto MacArthur espone in questo ultimo lavoro. Lo status sociale dello schiavo aveva una parte importante nelle società mediterranee di duemila anni fa. A differenza del servo, assunto e stipendiato per il suo lavoro, lo schiavo era proprietà del suo padrone. La qualità della sua vita dipendeva interamente dalla volontà del suo proprietario, allo stesso livello di un cavallo o di un pezzo di terra.

Il quadro teologico della relazione teandrica implicato dal termine “doulos” era ben noto ai primi cristiani e non a caso vi facevano riferimento gli autori del NT e degli scritti più antichi successivi al periodo apostolico. È su questo sfondo che risalta con forza dirompente il proclama di Paolo: “schiavo di Cristo”. Un’immagine costante nella cristianità del tempo. Schiavi di Cristo, sua esclusiva proprietà per la vita. Gli dobbiamo tutta la sottomissione e l’obbedienza.

Però questa è un’affermazione inattuale, sgradita alla nostra sensibilità di moderni che perciò preferiamo utilizzare “servo”.

I primi sei capitoli approfondiscono il concetto attraverso un confronto costante tra lo status sociale e giuridico dello schiavo e i contesti biblici. C’è da dire che le citazioni bibliche riportate nel testo spesso lasciano intatta la traduzione (e dunque l’uso del termine “servo”) senza evidenziare la presenza dell’originale “doulos” e sarebbe invece proprio questo il centro dello studio dell’autore…

Dopo soli sei capitoli l’analisi storico-esegetica si interrompe lasciando spazio prima ad una breve e coinvolgente biografia dello schiavista convertito, il grande John Newton, autore di Amazing Grace, poi a concetti teologici decisamente più conosciuti, come quello della schiavitù del peccato e del riscatto da schiavi a figli.

È sicuramente interessante uno studio esegetico sul termine “doulos” (probabilmente non così nuovo come viene presentato con enfasi tutta american style). Ma forse l’insistenza sulla totale sottomissione e ubbidienza cieca al nostro Signore Gesù Cristo è condotto con toni davvero troppo inattuali.

Il fatto che il nostro Signore sia il più misericordioso e benevolo dei padroni (cosa che MacArthur non manca, certo, di sottolineare) non è occasionale o secondario. È precisamente la Buona Novella.

Mettere a margine questo significa travisare la Sua Signoria e la Grazia stessa.

Egli ci ha comprati a libertà, non a schiavitù: ha pagato un prezzo di riscatto per noi. Che da schiavi diveniamo (giustamente, come espresso nei capitoli dieci e undici) familiari.

E se l’obiettivo di una tale esposizione radicalizzante fosse quella dell’insistenza su una grazia da non considerare a buon mercato solo perché gratuita, su una “grazia a caro prezzo” (che appunto il MacArthur sottolinea nei primi capitoli), questo stesso concetto teologico è già fondato nella sana sensibilità evangelica contemporanea (dopo un Bonhoeffer, ad esempio) e senza la necessità di ancoraggi terminologici talmente “inattuali”, appunto. Senza con questo voler sminuire in nulla la pregnanza rivelativa del termine “doulos”.

E anzi la riflessione su “doulos” è da sempre ricca di implicazioni pratiche, etiche e spirituali, quando investe la tematica del servizio. Ed è infatti in questa dimensione che si ritrova molto presente nelle pagine bibliche e degli scritti della prima chiesa, ma anche lungo i secoli. Associato al servizio spirituale il marchio di “doulos” richiama con grande profondità tutta la ricchezza e la dimensione cristica del dare la vita, del sacrificio personale senza riserve per l’opera di Dio.

A distanze siderali dalle dinamiche del dominio tipiche delle religioni umane, il “doulos” si dona senza risparmio, si fa ultimo fino alla perdita di sé. Però su questo aspetto per nulla marginale non si trova neanche un paragrafo nel libro di MacArthur, che invece insiste dovunque sulla obbedienza assoluta e senza condizioni.

La retorica autoritaria piace molto oggi (soprattutto alle leadership) ed è funzionale ad un cristianesimo di grandi numeri e massificante.

Ma se c’era una componente di scandalo nel proclamarsi schiavi da parte di Paolo e della prima chiesa, stava forse più nella paradossale evidenza di gente che era libera. Magari in prigione, magari sotto la più terribile tirannia (e pensiamo anche ai più “moderni” schiavi negri), ma graziati da una libertà irriducibile.

Recensione di Daniele Mangiola, DiRS-GBU

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