L’IMPRINTING PATRIARCALE

Padri e patriarchi.
Origini, caratteristiche e modi. Eredità genetica e discendenza dalla famiglia di appartenenza.
L’aderenza all’identità genetica “patriarcale” è tesa alla conservazione in ogni membro della famiglia, di quelle che sono le caratteristiche originarie del padre fondatore.
Questo vale per ogni discendenza: parentale, nazionale, pastorale, politica, filosofica, scientifica, artistica. Per certi versi la chiamiamo coerenza, per altri, corrente di pensiero.
Conservare l’identità Patriarcale vuol dire ritrovare e preservare in noi le caratteristiche da cui ha avuto origine la discendenza, ovvero l’identità del Patriarca.
“Nessuna promessa fatta ad Abramo si sarebbe compiuta, se Isacco e Giacobbe non avessero seguito la loro impronta patriarcale”.
L’Impronta patriarcale accomuna tutti gli individui che appartengono ad una determinata famiglia, ma anche regione, nazione, cultura, chiesa o comunità.
Essa li caratterizza fino a diventare evidente, appare nei modi, nelle abitudini e nei costumi, talvolta è così accentuata che ne diventa la principale caratteristica o persino (in alcune famiglie) il cognome.
Queste attitudini costituiscono l’impronta di quella o quell’altra famiglia, esse se rispettate, tutelano il benessere e l’integrità della stessa.
Allontanarsi dall’impronta patriarcale significa perdere (con il tempo) le caratteristiche che ne costituiscono l’identità la forza, e le difese. Abbattere i confini entro i quali le persone  discendenti da quel patriarcato restano protette da modelli errati e da agenti esterni alla specie.
Ogni Patriarca è un punto di partenza, esso come capostipite è il modello a cui rapportarsi.
CONSERVAZIONE DELL’IDENTITÀ
Abbiamo l’abitudine di pensare che la mescolanza rafforzi la specie…
Questo non può essere vero (non spiritualmente almeno), né per coloro che cercano un’identità, né tantomeno per coloro che come figli di Dio sono nati da Spirito.
Esiste un unico modo ed è citato nella Bibbia… ovvero attenersi con obbedienza alle regole e ai modelli da cui discendiamo.
“Bada bene di fare tutte le cose a secondo del modello che ti ho mostrato” dice il Signore a Mosé parlando della costruzione del Tabernacolo, così come l’Apostolo Paolo cita:” Non sai che sei il Tempio di Dio?”
Quindi il monito divino “bada bene di seguire il modello…” vale per l’edificazione di noi stessi quando il modello è il capostipite.
1 Timoteo 2:5 Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo.
Accettare Cristo infatti nella propria vita, accettarlo dichiarandolo, dico! resetta i nostri trascorsi, azzerando le nostre vicissitudini umane.
Questo ci porta alla scoperta della nostra vera identità (figli di Dio) e ci indirizza ad un cammino in ricerca della nostra autentica casa patriarcale, che molte volte chiamiamo CORPO, o CHIESA E MAGARI ANCHE FAMIGLIA.
Il problema non è tanto: “CHI VUOI ESSERE, ma CHI SEI!”
Numeri 36:6 Questo è quanto il SIGNORE ha ordinato riguardo alle figlie di Selofead: si sposeranno con chi vorranno, purché si sposino in una famiglia della tribù dei loro padri. 7 Cosicché, nessuna eredità, tra i figli d’Israele, passerà da una tribù all’altra, poiché ciascuno dei figli d’Israele si terrà stretto all’eredità della tribù dei suoi padri.
UNA QUESTIONE DI DIETA…
Le ultime novità in fatto di dieta alimentare riguardano il gruppo sanguigno.
Il gruppo tale non deve mangiare questo, il gruppo tal altro non deve mangiare quello. Insomma il gruppo sanguigno e identificativo di una persona.
In quel sangue, nel suo DNA si può ripercorrere tutta la storia di un uomo fino a risalire alla sua identità più recondita.
Attraverso il nostro passato genetico ci è possibile comprendere come si alimentavano i nostri antenati, quindi i cibi a cui siamo stati abituati, ai quali il nostro organismo si è abituato, attenersi a ciò diventa una questione di benessere fisico.
Anche spiritualmente scoprire a quale famiglia apparteniamo e quali sono le sue caratteristiche peculiari ci fa comprendere accessi e divieti.
I FIGLI DI RECAB
Ger 35:1 Ecco la parola che fu rivolta a Geremia da parte del SIGNORE, al tempo di Ioiachim, figlio di Giosia, re di Giuda:
2 «Va’ alla casa dei Recabiti, e parla loro; conducili nella casa del SIGNORE, in una delle camere, e offri loro del vino da bere». 3 Allora io presi Iaazania, figlio di Geremia, figlio di Cabazzinia, i suoi fratelli, tutti i suoi fratelli, tutti i suoi figli e tutta la casa dei Recabiti, 4 e li condussi nella casa del SIGNORE, nella camera dei figli di Anan, figlio d’Igdalia, uomo di Dio, la quale era vicino alla camera dei capi, sopra la camera di Maaseia, figlio di Sallum, guardiano della soglia; 5 misi davanti ai figli della casa dei Recabiti delle brocche piene di vino e delle coppe, e dissi loro: «Bevete del vino». 6 Ma quelli risposero: «Noi non beviamo vino; perché Ionadab, figlio di Recab, nostro padre, ce l’ha proibito, dicendo: “Non berrete mai vino, né voi né i vostri figli per sempre; 7 non costruirete case, non seminerete nessuna semenza, non pianterete vigne, e non ne possederete nessuna, ma abiterete in tende tutti i giorni della vostra vita, affinché viviate lungamente nel paese dove state come forestieri”. 8 Noi abbiamo ubbidito alla voce di Ionadab, figlio di Recab, nostro padre, in tutto quello che ci ha comandato: non beviamo vino durante tutti i nostri giorni, tanto noi, che le nostre mogli, i nostri figli e le nostre figlie; 9 non costruiamo case per abitarvi, non abbiamo vigna, campo, né semente; 10 abitiamo in tende e abbiamo ubbidito e fatto tutto quello che Ionadab, nostro padre, ci ha comandato.
MISTIFICARE L’APPARTENENZA
L’umanità nel suo vivere millenario ha perso la traccia della sua appartenenza, si è evoluta adattandosi ma spesso senza conservare le caratteristiche, talvolta non sa riconoscere la propria identità.
Ciò non di meno sente il bisogno di ritrovarsi in un nucleo che ha caratteristiche comuni.
L’uomo ha inventato mille soluzioni per non sentirsi solo, questo raramente mette in risalto la sua vera natura o gli aspetti eccellenti della sua posterità.
Così sono nate mode, correnti artistiche, circoli culturali, religioni, bandiere, squadre di calcio e molte altre cose a cui affiliarsi.
Il nuovo mondo, i social ed in futuro il microchip rappresentano l’evoluzione di questa “anomalia”.
E ancora …il problema non è CHI VUOI ESSERE ma, CHI SEI!
Quando nasciamo di nuovo, arrivando al Signore, ci domandiamo spesso quale sarà il nostro compito.
Quale sara la nostra chiamata? Evangelista, Profeta, Dottore, Pastore, Diacono, Monitore o che altro.
In verità dovremmo guardare all’identità del Patriarca, di chi ha originato e conduce la Chiesa.
La visione e l’identità di quel Ministro vengono trasmessi “geneticamente” su coloro che nascono in quella Chiesa.
Egli guida il suo “gregge” cibandolo con studi e sermoni, portandolo verso un’identità ben precisa.
DA GIACOBBE A GIUSEPPE …UNA DOTE COMUNE
Genesi 49:22 Giuseppe è un albero fruttifero; un albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro.
Giobbe 8:8 Interroga le passate generazioni, rifletti sull’esperienza dei padri.
DODICI FIGLI, DODICI DIFFERENTI CARATTERISTICHE A CUI APPARTENERE.
Giacobbe dimostrò di avere una caratteristica, aveva la capacità di moltiplicare i beni di coloro presso i quali prestava servizio.
Come nel caso di Labano, fratello di sua madre e poi suo suocero. Egli moltiplicò i suoi beni, le sue greggi prendendosene cura per avere Rachele sua moglie.
Giacobbe ebbe Lea e Rachele come mogli, da loro e dalle loro serve ebbe 12 figli che divennero le tribù d’Israele, ognuna con delle caratteristiche peculiari.
Il figlio avuto dalla moglie che amava, Giuseppe, raccolse la sua caratteristica primaria, quella di quella di fare del bene a coloro per i quali prestava servizio.
Giuseppe fece questo nella casa di Potifar capo della prigione, e poi nella casa del  faraone, acquistando nei tempi della carestia l’Egitto per lui.
Seguendo il significato dei nomi dei figli di Giacobbe notiamo la loro attitudine.
Come levi sta per coloro che sono “attaccati al Signore” e Giuda coloro che adorano il Signore (Genesi cap. 29/30)
LE BUONE OPERE MANIFESTAZIONE DELL’ IMPRINTING PATRIARCALE DEI FIGLIOLI DI DIO.
Tito 2:14 Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone.
Esse non sono fatte per la conquista dell’eternità, (dispensazione unicamente divina) ma perché sia manifesta l’appartenenza alla casa divina alla quale siamo stati acquistati.
Ancora oggi siamo tenuti lontani dall’albero  della vita, così come nel giorno che fummo cacciati dall’Eden, ancora oggi i cherubini tengono a bada le fonti della vita perché non sia possibile l’accesso senza purezza.
il Signore desidera che durante la nostra vita terrena conosciamo la sua luce, cosa alla quale non è impossibile accedere con le nostre iniquità il nostro peccato e con le nostre stoltezze.
Veniamo istruiti, corretti e ripresi affinché come figli di Dio, ad immagine di Cristo, praticando quelle buone opere che sono testimonianza della nostra appartenenza al regno dei cieli, possiamo accedervi.
Siamo stati lavati dal sacrificio di Cristo e abbiamo ottenuto grazia.
Ora le buone opere che sorgono spontanee a chi ha conosciuto Cristo, ci permettono di non confonderci, di ottenere già durante il cammino della nostra vita terrena il permesso di accedere all’albero della vita.
Contrariamente il Principe del mondo fa si che attraverso la corruzione si muoia nella carne senza promessa di vita futura.
Addormentarsi con i propri padri e non morire è segno di continuità …
copyright©francescoblaganò 6/2017
Francesco Blaganò | Notiziecristiane.com

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook