MENTRE LE POPOLAZIONI E I TERRITORI PAKISTANI SE LA PASSANO SEMPRE PEGGIO, GLI SCANZONATI TURISTI D’ALTA QUOTA INSISTONO NELLA “CONQUISTA” DELLE VETTE

Ogni tanto, nello stillicidio quotidiano di donne curde ammazzate (non solo in Iran; anche in Turchia e nelle operazioni da guerra sporca extrafrontaliere in Rojava e Bashur), di adolescenti palestinesi fucilati sul posto e di Mapuche brutalizzati e incarcerati etc etc. …si infila timidamente qualche sporadica notizia di repressioni in Pakistan. Ai danni soprattutto delle popolazioni minorizzate (azara, beluci…) e delle classi subalterne.

E’ di questi giorni la notizia che le manifestazioni dei lavoratori delle scuole (non solo insegnanti) sono state represse duramente. Eventi che riportano alla mente quanto accadeva due-tre anni fa con le manifestazioni di medici, operatori sanitari, parenti di malati…che protestavano per la grave situazione sanitaria in cui versava – e versa tuttora, con le alluvioni poteva solo peggiorare – il Pakistan.

Scrivevo all’epoca: “Situazione sanitaria che non si risolve certo con qualche donazione da parte di operatori turistici e organizzatori di spedizioni in alta quota creando ulteriore dipendenza e subalternità. Per dirne una, quest’anno una epidemia di Hiv ha colpito centinaia di bambini (di famiglie povere, particolare non secondario) a Ratodero. Le accuse nei confronti di un pediatra che avrebbe riutilizzato le stesse siringhe (evento probabile) avevano in realtà lo scopo di trovare un capro espiatorio, minimizzare la gravità della situazione (con centinaia di dentisti, barbieri e paramedici che operano direttamente in strada, senza rispettare, anche volendo, procedure e protocolli e utilizzando strumenti non sterilizzati) e mascherare così le responsabilità dello Stato.

Del resto la possibilità di cure adeguate per gran parte della popolazione, soprattutto la più diseredata, sta diventando un lusso inaccessibile e ci si arrangia come si può. Ma su questo la popolazione, i sindacati, le associazioni si stanno già, per quanto faticosamente, riorganizzando. Anche recentemente si sono avuti scontri con la polizia, con numerosi feriti e arresti, davanti a cliniche e ospedali per protestare contro la nuova legge RDHA che promuove la privatizzazione della sanità pachistana”.

E concludevo invocando l’adozione di forme di boicottaggio come avveniva nel secolo scorso nei confronti dell’apartheid di Pretoria (qualcuno rammenta la spinosa faccenda della Turban?) e, ancora oggi, della pulizia etnica di Ankara contro i curdi e di Israele contro i palestinesi.

Così, ripeto, si dovrebbe agire nei confronti di Islamabad che tra le altre cose perseguita e opprime con particolare brutalità i beluci (con migliaia di persone torturate, numerosi desaparecidos, oltre alle misure di sostituzione etnica).

Stavolta (ottobre 2022) è toccato agli insegnanti e ai lavoratori della scuola. In particolare, l’associazione degli insegnanti della scuola primaria aveva organizzato per il giorno 6 ottobre una manifestazione a Peshawar (bloccando qualche strada) per protestare contro l’abbassamento delle pensioni e chiedendo modifiche strutturali a livello scolastico.

Ma il governo ha fatto orecchie da mercante alle pur legittime richieste e ha scelto la via repressiva. Nel corso delle numerose, ripetute cariche della polizia decine di persone rimanevano ferite. Tuttavia, nonostante il massiccio impiego di gas lacrimogeni e le manganellate, non riusciva a disperdere i manifestanti che, in qualche modo, fronteggiavano le forze dell’ordine e reggevano l’urto.

Parecchi  che avevano scelto (forse ingenuamente) di farsi curare in ospedale (o vi erano stati trasportati d’urgenza per la gravità delle ferite), venivano poi arrestati direttamente al pronto soccorso e negli ambulatori.

A giorni, indetto da vari sindacati e associazioni, è previsto uno sciopero generale per denunciare tali violenze applicate dal governo contro chi rivendicava diritti sacrosanti.

Tutto questo, dicevo, mentre le avanguardie turistiche neocoloniali (mascherate da “alpinisti” e talvolta sotto copertura umanitaria…due-tre scatole di medicinali non si negano a nessuno e magari facilitano la concessione di permessi) si affannavano su qualche ottomila (salvo venirne talvolta ignominiosamente rigettate).

Intanto, alle falde di montagne e ghiacciai, la crisi morde, strazia e non fugge. Rimane a dilaniare la carne delle popolazioni. E quest’anno, proprio dai ghiacciai sotto pressione per i cambiamanti climatici, è venuto un ulteriore colpa di grazia. Forse non proprio definitivo, ma sicuramente difficile da incassare.

Gli esperti prevedono(e in parte si è già potuto constatarlo) che in quello che con i suoi oltre settemila viene chiamato “Terzo Polo”, le conseguenze dei cambiamenti climatici saranno sempre più devastanti (vedi Global Climate Index 2020).

Il caldo estremo dell’ultima estate è sicuramente all’origine delle inondazioni (dovute, oltre cha allo scioglimento accelerato dei ghiacciai alle piogge monsoniche particolarmente torrenziali) del 2022. Risultate ben quattro volte superiori per intensità e per danni provocati a quelle del 2010 (già bruttine per conto loro).

Con circa 50 milioni di persone colpite, oltre un migliaio di vittime accertate (senza contare i dispersi) e con il 90% dei terreni agricoli devastati (quando non letteralmente scomparsi). Per il Pakistan, tra i maggiori produttori mondiali di cotone e riso, un danno incalcolabile.

Come esportatore, fino all’anno scorso aveva garantito le forniture di cotone per vari marchi internazionali.

Cotone forse impropriamente spacciato per “sostenibile” mentre in realtà qui si assiste alla brutale esternalizzazione delle emissioni dell’Occidente. Oltre all’ipocrita ambientalismo di facciata da parte delle aziende, i cui profitti derivano dallo sfruttamento brutale della manodopera indigena.

Da segnalare che in genere le aziende (il “capitale fisso”, costruite in cemento) sono rimaste pressoché intatte mentre a subire il disastro ambientale sono ancora una volta le classi subalterne le cui abitazioni (“fuori norma”, estremamente fragili) venivano travolte dalla piena.

Va ricordato che il Pakistan contribuisce in minima parte alle emissioni di carbonio. Tuttavia, come è apparso evidente, subisce in maniera massiccia le conseguenze dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle nazioni benestanti.

Un inciso: sarebbe questo il Paese sulle cui cime qualche operatore turistico di montagna, o i suoi ascari arruolati per la circostanza, intende esporre striscioni contro l’inquinamento in Veneto?

Torniamo in Pakistan, anzi nella provincia periferica del Belucistan dove risultano crollate almeno una dozzina di dighe (ma la situazione risulta grave anche in Sindh e Punjab). Si presume che nelle loro realizzazione si sia risparmiato alla grande sui materiali e lucrato (anche con bustarelle) da parte di funzionari corrotti.

Senza entrare nel merito dell’eredità avvelenata dell’imperialismo britannico, fondata sull’estrema disparità socio-economica tra ceti dominanti (proprietari terrieri, militari, burocrati…) e il resto della popolazione, ricordo che dagli anni cinquanta del secolo scorso le classi al potere fornicarono assai con varie imprese internazionali (anche italiane) nella realizzazione di infrastrutture idroelettriche e per l’irrigazione (infatti oltre alle dighe anche molti canali si sono rivelati inadeguati e sono collassati con le alluvioni). Arrivando a imporre la deportazione di intere popolazioni (come alla diga di Taunsa, risultata poi del tutto nadeguata nel 2010).

E qui non posso non ritornare sul libro-intervista con Lacedelli di Giovanni Cenacchi in merito alla celebrata conquista del K2 nel 1954. Andando anche al di là delle intenzioni degli autori, leggendolo si può intuire quale fosse la reale posta in gioco.

Nonostante scelga di non approfondire più di tanto (pag. 115: “è questo un argomento su cui non è possibile trarre conclusioni certe”, sic!) sui rapporti tra il governo italiano e quello pachistano dell’epoca, l’autore non può evitare di accennare al fatto che le imprese italiane (tra cui spiccava la nota Impregilo), utilizzando sia finanziamenti governativi sia quelli della Banca mondiale, ebbero in appalto le “grandi opere”. In particolare quelle da realizzare nel bacino dell’Indo (dighe, canali, infrastrutture) come la monumentale diga di Tarbela. Senza escludere altri benefit politici, economici, commerciali, forse anche militari (vendita di armamenti?), in cambio del permesso per la spedizione. Altro che “patrimonio dell’Umanità”. Già allora l’alpinismo (coerentemente con le sue origini del resto) si coniugava con il colonialismo.

Ad aggravare il bilancio delle inondazioni del 2022 si aggiunge il fatto che tra gli oltre otto milioni di donne colpite, almeno 650mila risultavano incinte e circa 100mila dovrebbero partorire a breve scadenza. Anche a causa dei pregiudizi e tabù tradizionali che gravano sulla sessualità femminile, si assiste ora sia ad una inadeguata fornitura di materiale ginecologico, sia a una scarsa somministrazione di assistenzaper le donne. Con il rischio di un incremento della mortalità (per le donne come  per i feti) e sicuramente delle infezioni genitali.

Inoltre almeno un migliaio di strutture sanitarie risultano danneggiate (e ricordo, vedi sopra, la gravità preesistente della situazione sanitaria pakistana), di cui circa 200 completamente distrutte solo in Balucistan (per non parlare di tutte quelle diventate inaccessibili per il crollo di ponti e strade).

E in questo scenario desolante, in questa terra devastata,c’è chi arriva tutto pimpante per sciare o arrampicare…?!?

Gianni Sartori

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