QUANDO GESU’ PENETRA IN UNA PRIGIONE

prigioneppdsdddEra l’inverno di guerra 1939-40. Ecco che cosa poté fare la grazia di Dio, fra le più crudeli scene dell’odio umano. Un ingegnere finlandese, ben conosciuto, narra i fatti seguenti:

«Avevamo riconquistata una città che i nemici ci avevano presa. In quell’occasione ebbi da custodire un buon numero di prigionieri russi: sette di essi dovevano esser fucilati la mattina seguente. Non dimenticherò mai la domenica che precedette quell’esecuzione. I sette condannati erano nelle cantine del municipio. I miei uomini, armati di fucile, li sorvegliavano. L’atmosfera era satura d’odio, perché i miei soldati, inebriati dal successo, si beffavano dei prigionieri. Questi bestemmiavano e colpivano i muri coi pugni insanguinati; altri gemevano, pensando alle mogli ed ai figlioli nella Russia lontana. L’indomani, all’alba, dovevano morire.

Ad un tratto, uno dei condannati si mise a cantare. Tutti pensarono che fosse impazzito. Avevo notato che quell’uomo, chiamato Koskino, non bestemmiava come gli altri e, benché apparisse disperato, v’era rimasto seduto su di una panca, senza manifestare rabbia. Cantò dapprima timidamente, poi a poco a poco la sua voce prese forza. Tutti i prigionieri si volsero verso di lui per ascoltare il suo canto:

Sicura in man di Cristo
Sicura nel Suo cuor
L’anima mia riposa
All’ombra dell’Amor.

S’ode una voce d’angeli
Qual inno di vittoria
Dai campi della gloria
Al fiammeggiante mar.

Sicura in man di Cristo…

Ripeté diverse volte queste strofe. Quand’ebbe finito, ci furono alcuni minuti di silenzio. Poi un uomo, il più furibondo, esclamò: «Koskino, dove hai preso quel cantico? Vuoi provare di renderci religiosi?».  Koskino guardò i compagni con occhi pieni di lagrime e rispose: «Compagni, ascoltatemi un momento. Mi chiedete dove ho imparato quest’inno. Ebbene, l’ho sentito cantare…Mia madre cantava degl’inni di Gesù, mia madre pregava Gesù».

Si fermò come se avesse bisogno di nuove forze. Poi, alzandosi, da vero soldato qual era, fissò gli altri negli occhi e continuò: «E’ da vile nascondere ciò che si crede. L’Iddio di mia madre è ora il mio Dio. Ieri sera ero sveglio e   all’improvviso vidi la faccia di mia madre davanti a me. Sentii che dovevo trovare il suo Salvatore, il mio Salvatore, per rifugiarmi in Lui. E allora pregai come il brigante in croce: supplicai Cristo di perdonarmi, di purificare l’anima mia peccatrice, di prepararmi per presentarmi a Lui, poiché Lo dovevo incontrare così presto! Fu una notte strana: in certi momenti mi sembrava che intorno a me tutto fosse luce. Versetti della Bibbia e dell’innario della mia cara madre mi tornavano in mente e mi portavano dei messaggi del Salvatore. Lo accettai, resi grazie e da allora questa strofa risuona senza tregua in me. E’ la risposta di Dio alla mia preghiera. Non posso più tener la cosa celata, poiché fra poche ore sarò col Signore, io, peccatore salvato per grazia!».

Il viso di Koskino era raggiante. I suoi compagni tacevano, mentre egli rimaneva in piedi, come se fosse radicato al suolo. Anche i miei soldati finlandesi ascoltavano in silenzio. Ad un tratto uno dei russi disse:

 «Koskino, hai ragione, hai ragione… Oh se soltanto sapessi che v’è ancora misericordia per me! Ma le mie mani han versato il sangue, la mia lingua ha bestemmiato Dio, i miei piedi han calpestato tutto ciò che è sacro. So che c’è un inferno ed è l’unico posto dove io possa andare!».

Stramazzò in terra, gemendo, in preda alla disperazione e diceva: «Koskino, prega per me! Domani dovrò morire e la mia anima andrà in man del diavolo».

Allora quei soldati si gettarono in ginocchio, l’uno accanto all’altro, pregando l’uno per l’altro. Non fu una preghiera lunga, ma giunse in cielo.

E noi, finlandesi, ascoltavamo, mentre tutto i! nostro odio si scioglieva alla luce celeste. Eravamo quasi in estasi davanti a quella scena. Quegli uomini cercavano la riconciliazione con Dio, mentre una porta, conducente all’invisibile, era già aperta.

Alle quattro del mattino, tutti i compagni di Koskino avevano seguito il suo esempio e pregavano. Il mutamente d’atmosfera era indescrivibile: gli uni erano in terra, gli altri sulla panca; chi piangeva dolcemente, chi parlava di cose spirituali… Nessuno aveva la Bibbia, ma lo Spirito di Dio parlava.

Pensarono pure alle loro famiglie e impiegarono l’ora che seguì a scrivere lettere che contenevano confessioni e portavano tracce di lagrime. La notte era quasi finita: il giorno stava per spuntare e nessuno aveva chiuso occhio, neppure per un istante.

Uno dei russi disse: «Koskino, cantaci ancora l’inno!».

Questa volta cantarono tutti insieme. I soldati finlandesi unirono le loro voci e le cantine dei quel vetusto municipio risuonarono d’inni, celebranti il Sangue dell’Agnello. Scoccarono le sei. Oh come avrei voluto ottenere la grazia per quei prigionieri! Ma sapevo che era impossibile.

Uscirono per l’esecuzione, tra due file di soldati finlandesi. Uno dei prigionieri domandò il permesso di cantare ancora una volta l’inno di Koskino, il che fu loro concesso. Domandarono anche la grazia di morire col viso scoperto e la mano alzata verso il cielo. Cantarono con una potenza straordinaria:

Sicura in man di Cristo…

Quand’ebbero finita l’ultima strofa, il tenente comandò di sparare. Eravamo tutti inginocchiati in preghiera.

Non posso dire ciò che accadde nel cuore degli altri, ma questo posso dichiarare: da quell’ora, io, ufficiale finlandese, sono un uomo cambiato, per avere incontrato il Cristo in uno dei Suoi umili discepoli. Fu questi a farmi capire che anch’io potevo appartenere al Salvatore.

Fonte: http://www.chiesadiroma.it/

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