Se Dio è amore, come la stessa Parola di Dio sostiene, come mai permette che alcune anime vadano all’inferno? Come mai non “le obbliga” o le forza affinché si salvino?
Questa è una di quelle domande che molto spesso lasciano basiti anche i più fervidi cristiani e molto spesso le risposte non riescono a soddisfare chi si pone questo interrogativo. La cosa che lascia più che altro perplessi è che riflettendo sopra questo concetto si potrebbe arrivare a concludere che Dio abbia già scelto i Suoi aprioristi-camente. E, questa ulteriore considerazione, potrebbe mettere in ginocchio lo stesso concetto di giustizia di Dio, o di Sua imparzialità. Come e cosa significa allora? Cosa possiamo dire in proposito?
La questione, fra l’altro, non è recente, ma abbastanza datata, e quindi, a maggior ragione, significa che c’è qualcosa di poco efficace nella risposta che viene fornita.
Severino Boezio, (Anicius Manlius Torquatus Severinus Boethius; Roma, 475 d.C. – Pavia, 23 ottobre 525 d.C.), filosofo romano che influenzò con il proprio pensiero la tradizione religiosa cristiana medioevale, arrivando ad essere uno dei padri della Scolastica, sostenne l’importanza della discussione di tali questioni per sostenere la fede in Dio.
Ma, già prima di lui, Origene, (185-253), uno dei padri della Chiesa, aveva sostenuto che in effetti il fuoco dell’inferno fosse come una sorta di fuoco che purifica, e che quindi alla fine ciascun uomo poteva essere salvato. Dopo di lui, anche il vescovo Gregorio Nisseneo, uno dei padri della cappadocia della Chiesa Cattolica, (Cesarea in Cappadocia, 335 – Nissa, 395 circa) potè argomentare a pieno titolo che in effetti il fuoco eterno non era nella struttura del termine usato dalla Parola di Dio nel vecchio Testamento e che proprio la mancanza di una eternità in quel fuoco poteva fare presumere all’esistenza di un percorso di riapertura della grazia anche dopo la morte di un uomo. Oggi la Chiesa Cattolica con la sua dottrina del purgatorio e con la introduzione della possibilità di modificare il rapporto tra l’uomo e Dio attraverso messe dedicate sulla Terra o offerte dedicate, in realtà non ha fatto altro che prendere queste prime introduzioni e farne una dottrina che alla luce della Parola di Dio non possiamo accogliere.
Ma, anche la Chiesa evangelica in senso stretto ha dei rami specifici che concludono allo stesso modo. Non si parla di Purgatorio, o di periodo di pagamento del proprio debito una volta morti, (anche perchè biblicamente insostenibile), ma si concorda nel ritenere che alla fine tutti gli uomini, anche i più chiusi alla Parola e invischiati nel peccato, troveranno grazia e salvezza nel Signore. Questo filone evangelico, che ha visto fra le sue schiere personaggi abbastanza importanti come il professore Teologo Giovanni Luzzi, prende solitamente il nome di UNIVERSALISMO. Questo aspetto, perchè possa essere sostenibile, deve lasciare aperta una possibilità di redenzione dopo la morte, per giustificare che ogni uomo possa alla fine essere salvato in Cristo.
Naturalmente, queste considerazioni preliminari ci lasciano con l’amaro in bocca perchè, sebbene poggino su versi della Parola stessa, la contorcono evidentemente con il fine di allontanarsi davvero dalla vera e santa volontà di Dio Padre che ha dettato la Parola ai Suoi servitori nel corso della storia. Ma la questione resta in piedi. Come può un Dio che è amore ammettere una punizione eterna? Qualsiasi ragionamento filosofico e umano ci porta a concordare con “questa perplessità”.
Se abbracciamo per un attimo il sistema giudiziario internazionale, verifichiamo immediatamente che l’uomo ha abolito pressochè dovunque la pena di morte. Nonostante atroci delitti, il filone del diritto umano prevalente preferisce adottare una punizione anche per tutta l’esistenza di quel reo, ma senza prescindere dal rispetto della vita stessa. Come se Dio ad un certo punto “castighi” gli uomini ribelli ad una semi separazione dalla presenza di Dio ma senza per ciò stesso precludere completamente la Sua presenza. Sebbene la precedente affermazione scateni mille giudizi controversi, vogliamo ricordare che ci siamo semplicemente permessi di mettere a confronto la giustizia umana (molto sbiadita in termini di giustizia stessa) con quella divina (per definizione assolutamente perfetta), senza volere entrare nel merito dei fatti: ci basti al momento tenere presente la problematica che cercheremo di chiarire nel corso del presente. E dunque, non soltanto la questione rimane aperta, ma diventa abbastanza spinosa da affrontare e dirimere.
Ricerca della verità. Il nostro intento naturalmente non è quello di creare un contraddittorio con tanti che la pensano in un modo e tanti che la pensano in un altro modo, ma piuttosto di creare una vera e propria ricerca (con approdo) della verità, rendendoci fin da ora conto che le nostre conclusioni saranno molto parziali e quindi estremamente migliorabili attraverso l’onesto e profittevole contributo di ciascuno di voi. La Parola stessa ci invita alla ricerca della verità che può affrancare qualunque lettore, (Giovanni 8:32).
Predestinazione, giustizia divina, libertà umana. Prima di concludere con il nostro argomento, siamo costretti a fare una puntatina sulla questione della predestinazione e dell’elezione divina. Infatti, la qualità attrbuita a Dio della Onniscienza, prevede, da un punto di vista gnoseologico in senso stretto, che Dio sappia già chi andrà all’inferno e chi no. E, il Suo “immobilismo” nell’osservare il comportamento umano aspettando la decisione della creatura di fare un passo verso il Creatore, potrebbe, dico potrebbe, essere letta come una sorta di ingiustizia nei confronti dell’uomo stesso. Premesso che nessuno merita di essere salvato poiché tutti abbiamo peccato (Romani 3:23) e meritiamo il castigo eterno (Romani 6:23), è strettamente volontà di Dio che tutti gli uomini siano salvati I Timoteo 2,4: “…il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità“; e che se ritarda l’adempimento delle Sue promesse è solo per dare tempo a tutti di aderire al Suo divino progetto: “Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento“. (II Pietro 3:9). Che Dio sappia anzitempo cosa succederà spiega perché Egli posa affermare: “le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguitano ed io do loro la vita eterna e nessuno le rapirà dalla mia mano“, (Giovanni 10:27-28). Questo verso è emblematico per spiegare il sottile nesso che vi è fra predestinazione, giustizia divina e libertà umana. Quel “mie” prima di pecore al verso 27 ci pone la questione che Dio conosce coloro che aderiranno alla Sua volontà e al Suo piano. E, proprio perchè le conosce, esse eserciteranno il loro libero arbitrio ascoltando la Parola di Dio e abbracciandone i relativi contenuti. Deuteronomio 30:15-18 recita in questo modo: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, io vi dichiaro oggi che certo perirete“. Dal testo appena citato si evince l’enorme valore attribuito da Dio alla libertà umana, in quanto il popolo di Israele è qui posto di fronte ad una scelta. La salvezza Dio NON LA IMPONE, LA CONSIGLIA. Su questa scelta potremmo stare ore a disquisire, ma la verità è che proprio noi uomini ci sentiamo davvero realizzati soltanto quando siamo lasciati liberi di potere agire secondo la nostra volontà. Quante volte, soprattutto da giovani, rimproveriamo i nostri genitori perchè soffocano le nostre scelte in funzione della loro conoscenza ed esperienza! Poi, magari, quando a nostra volta siamo genitori, compiamo “gli stessi errori”, ma l’atto di amore più grande è fare un passo indietro rispetto ai nostri Figli, consigliarli e metterli in condizione di potere ottenere facilmente ciò che è giusto che facciano ma lasciarli liberi nelle loro azioni, perdonandoli e molto spesso coprendo le loro debaclès.
Le pecore che Dio conosce aderiranno alla Sua volontà sono sempre peccatrici e insanabilmente malvagie. A queste pecore deve dunque essere affiancata una forza attiva, operante, che le possa guidare nel momento del loro smarrimento per non far loro perdere la fede in Dio. Dio ha provveduto a costoro che esercitano la loro manifesta volontà di aderire DAVVERO al Suo progetto ravvedendosi dal male compiuto e battezzandosi nelle acque secondo come prescritto dalla Parola di Dio stessa, lo Spirito Santo che le guiderà in ogni verità e che “sovverrà con sospiri ineffabili“. Questo premesso, possiamo allora meglio comprendere la visione paoliniana della predestinazione: “[Egli ci ha] predestinati nel suo amore a essere adottati per mezzo di Gesù Cristo come suoi figli, secondo il disegno benevolo della sua volontà […]. In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà“, (Efesini 1:5-11). La volontà di Dio, svelata mediante la rivelazione, consiste nel creare e redimere gli esseri umani per elevarli alla comunione con sé. Tutto il mistero del rapporto con l’umanità, dalla creazione in poi, è segnato dalla bontà divina che vuole una prossimità con l’essere umano tale da donare il Figlio, che nella sua carne realizza questa comunione. Il brano citato dice molte cose sullo stile di Dio nel suo agire temporale: egli mostra un atteggiamento, che potremmo definire «pungolo continuo», affinché gli esseri umani facciano scelte salvifiche. Lo fa mediante condottieri, alleanze, profezie, ma soprattutto lo realizza con la missione di Gesù Cristo e con il dono dello Spirito Santo. Eppure il suo rispetto per la libertà di scelta è enorme, lo stesso Gesù non impone e non si impone mai, come si evince dalla risposta al giovane in cerca della perfezione: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi… e vieni! Seguimi!” (Matteo 19,21).
Dunque, il senso della vita umana da questo punto di vista è importantissimo, perché è il momento della scelta radicale per Cristo, per Dio, per la salvezza e noi non dobbiamo considerare Dio dal punto di vista di colui che ha già sbirciato la fine del romanzo, rendendo quasi vana la lettura, piuttosto lo dobbiamo sentire intento a «fare il tifo», ad incitare, a sollecitare la sua Creatura affinché non si chiuda al Suo dono. La storia della salvezza sembra insegnarci che Dio, pur potendo essere a conoscenza di un esito negativo, non si rassegna e continua imperterrito a reiterare la sua proposta e il suo dono. Dio è amore. E, proprio perchè Egli è amore, che ti ha creato libero di decidere. Ti ha messo in condizione di potere aderire al Suo piano arrivando perfino a gustare Egli stesso la punizione che sarebbe toccata all’uomo pur di metterlo in condizione di aderire perfettamente alla Sua volontà. Ma, amico mio che ascolti, questo padre che ti ama a tal punto da renderti libero, è come un pungolo continuo che, attraverso la tua coscienza continua a chiamarti e a chiederti di fare un passo indietro. Se libero di ascoltarlo o meno, ma, se lo ascolterai, Egli ha già provveduto ogni azione per curare e proteggere questa tua decisione. Egli con lo stile della proposta non si stanca di esortare a scelte di vita, non si rassegna ai no, ma non forza mai la libertà umana. Se, al contrario, non vorrai ascoltare, Egli comunque rispetterà le tue decisioni.
Pastore Gabriele Chiesa Jeshua Capaci – notiziecristiane.com
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