Personalmente ero rimasto “al palo” del 30 gennaio, quando il progetto di legge d’amnistia veniva bocciato in Parlamento (171 voti a favore contro 179 contro) proprio per l’inaspettato voto negativo di Junts, partito catalano indipendentista (quello di Carles Puigdemont).
Significativa la scritta “NO” scritta sette volte (come i deputati di Junts) sul giornale ABC. Vagamente paradossale pensando che proprio in cambio della promessa di questa legge gli indipendentisti catalani avevano garantito il loro indispensabile sostegno al Primo ministro Pedro Sánchez, uscito malconcio dalle legislative del luglio 2023. Tuttavia non aveva evidentemente convinto i deputati di JxCat in quanto non sembrava garantire sufficientemente tutte le persone coinvolte nel tentativo indipendentista. A cominciare da Puigdemont contro cui il Tribunale supremo ha aperto un’inchiesta per “terrorismo”.
Poi l’attesa buona novella. Il Partito socialista di Sanchez e le formazioni indipendentiste catalane “dopo giorni di lavoro comune e tenendo conto del diritto costituzionale, europeo e internazionale, sono pervenuti a un accordo per rinforzare la legge d’amnistia”.
Così almeno annuncia un comunicato congiunto secondo cui la legge riguarda “tutte le persone legate al processo indipendentista” (ossia tutti i condannati e indagati per il ruolo nel tentativo di secessione della Catalogna del 2027) e sarà “pienamente conforme alla Costituzione, al dirittoe alla giurisprudenza europea”. Senza peraltro fornire ulteriori dettagli e precisazioni.
Gianni Sartori
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