Un anno di siccità

Guariscimi, o Eterno, e sarò guarito, salvami e sarò salvato, perché tu sei la mia lode.

Geremia 17:14

Un anno problematico quello che sta lentamente approssimandosi a terminare e che in tanti non avrebbero fosse mai arrivato. Un anno che sta segnando indelebilmente la storia dell’umanità. Nel leggere il capitolo di questo testo biblico non ho potuto fare alcune considerazioni attinenti a quanto sta accadendo. La siccità è sinonimo di grave difficoltà, e la mancanza di acqua conduce alla carestia e alla morte. Leggendo in maniera progressiva la Bibbia si nota come la carestia sia un particolare dal Genesi all’Apocalisse, sinonimo di mancanza di viveri o di siccità dovuta alla mancanza di pioggia. Siccome la pioggia scende dal cielo, si ritiene la siccità qualcosa legata a un volere superiore, come dimostrerebbero anche le vicende del profeta Elia. Il credente però è raffigurato da un albero che attinge le sue risorse, distendendo le sue radici fino a trovare la fonte d’acqua: non acqua che viene da sopra, ma che si trova sotto di lui. «Benedetto l’uomo che confida nell’Eterno e la cui fiducia è l’Eterno. Egli sarà come un albero piantato presso l’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume. Non si accorgerà quando viene il caldo e le sue foglie rimarranno verdi, nell’anno di siccità non avrà alcuna preoccupazione e non cesserà di portare frutto» (Geremia 17:7-8). Questa la parola dell’Eterno pronunciata dal profeta Geremia al popolo di Giuda. Parole che annunciano la prossima deportazione babilonese, paragonata a un tempo di siccità, come quello che l’umanità sta vivendo ai nostri giorni.

 

Proprio quando diventa difficile dimorare nelle promesse divine, siamo tutti chiamati a non lasciarci condizionare da quel che gli occhi vedono e le orecchie odono, piuttosto a rimanere fedeli a Colui che ci ha chiamati, avendo certezza che la Sua parola non cade mai a vuoto e sarà adempiuta al tempo opportuno. Le stesse parole, date a Geremia, sono espresse dall’orante nel Salmo 1, la cui fede gli fa dichiarare “e tutto quello che fa prospererà” (v. 3). Le radici fondate sulla Parola troveranno sempre modo di alimentarsi. Possibile? Lo stesso profeta sembra far fatica a restare fermo, esprimendo sentimenti connessi al suo servizio che palesano tutta l’umanità della persona chiamata ad un servizio santo. «Ecco, essi mi dicono: “Dov’è la parola dell’Eterno, si compia ora!”» (17:15). La difficoltà di quelli chiamati a parlare in nome di Dio è credere che quanto annunciato proceda dall’Alto e che si adempirà, prima o poi. Di certo vedere le difficoltà moltiplicarsi e colpire tanti nell’economia e nella salute, rende difficile ogni parola pubblica. All’orecchio giunge il grido di chi reclama atti concreti, che trascendono le umane possibilità e rendono ancor più gravoso il compito di essere guida e conduttore: chi annuncia vorrebbe una dimostrazione di quanto rivelato in modo simultaneo. Come fare? Anche in momenti di siccità (crisi e avversità), “riconosci dunque che l’Eterno, il tuo Dio, è Dio, il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua benignità fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti” (Deuteronomio 7:9).

 

Gesù ci esorta nel vangelo affinché siamo determinati: “Chiunque viene a me, e ode le mie parole e le mette in pratica, io vi mostrerò a chi è simile. Egli è simile ad un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto il fondamento sopra la roccia, e venuta una piena, il torrente ha investito quella casa, ma non l’ha potuta scrollare perché era stata fondata sulla roccia” (Luca 6:47-48). Costruire sulla roccia o “porre radici lungo il fiume di Dio” ritengo sia la stessa azione, quella che ti consente di superare la tempesta e vedere la tua casa stabile, i tuoi rami rigogliosi e pieni di frutto. Se ti accorgi di non riuscirci, non disperare. L’Eterno, Colui che investiga il cuore, prova i pensieri della nostra mente (v. 10). Sarà allora il caso di fare tue le parole iniziali: “Guariscimi, o Eterno, e sarò guarito, salvami e sarò salvato, perché tu sei la mia lode” (Geremia 17:14). Sia Egli la nostra lode, il nostro canto di battaglia, il nostro grido di vittoria.

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