La laicità è fragile, perché tutti ritengono di essere i soli a difenderla. Per cominciare, bisognerebbe quindi porre le nostre voci non al di sopra, ma in cerchio attorno alla questione. Perché la laicità presuppone la presa in considerazione, nella nostra costituzione politica e nella radicalità delle nostre convinzioni, della condizione pluralista delle società moderne. Per questo, è stato necessario rinunciare al mito che se avessimo tutti lo stesso Dio (o che se ci fossimo tutti sbarazzati di tutti gli Dei) saremmo alla fine riconciliati. La laicità, che afferma la libertà di coscienza e la coesistenza pacifica dei culti, chiede la neutralità dello Stato ed esige da ciascuna delle religioni che rinunci ad imporre al legislatore la sua morale o i suoi comportamenti. Questa separazione della morale e del diritto, contemporanea dell’invenzione della possibilità di sposarsi al di fuori della propria comunità, è assolutamente fondamentale. La laicità presuppone così la secolarizzazione, cioè la soggettivizzazione e la pluralizzazione delle appartenenze, e il postulato che la fede è innanzitutto una scelta individuale. Tutto ciò è fragile. Delineerò tre linee di frattura.
Paradosso della laicità
Innanzitutto c’è un paradosso della laicità, nella misura in cui rappresenta sia un quadro giuridico neutro per la diversità delle tradizioni poste attorno ad un vuoto centrale, e un potente movimento di pensiero che costituisce una di queste tradizioni, quella che deriva dall’Illuminismo, che vuole assolutamente essere esemplare nel suo modo di sostenere la pluralità. Il pericolo è quando una tradizione pretende con veemenza di essere garante essa sola del “vuoto centrale”, e prendere il posto che la modernità ha giustamente rifiutato alla Chiesa. Ora, molto spesso la Francia è un paese “cattolico” che ignora di esserlo, del resto lo è più per il suo anti-cattolicesimo che per il suo cattolicesimo reale, molto più vivo e plurale. È una cosa che chi fa parte delle minoranze sente bene: le mentalità francesi e la Repubblica giacobina hanno troppo spesso aderito “a rovescio” la forma di cui si sono svuotate, e che non cessano di rimuovere.
Apertura e chiusura
Questa prima fragilità è accompagnata da una seconda. L’accelerazione degli scambi, l’apertura generalizzata delle frontiere hanno continuato a sopprimere le barriere del mondo. Ma questa mondializzazione si caratterizza anche per una formidabile ri-chiusura, altre frontiere si sono rafforzate, per sostenere il bisogno di identità, di immunità, di comunità suscitato dalla generalizzazione stessa degli scambi. Ora, questa inversione di segno ha colpito l’idea stessa di laicità. Nel 1905, in Francia, l’idea di Repubblica rappresentava le forze dell’apertura e del progresso, e Bergson opponeva le religioni chiuse alle religioni aperte. Cento anni più tardi, è la parte più libera delle religioni ad essere evaporata, e restano invece gli obblighi rituali, le proibizioni alimentari o di abbigliamento, i “bisogni religiosi”, i riflessi identitari o integralisti, insomma tutto ciò che doveva scomparire. E la separazione delle Chiese dallo Stato favorisce ciò che le nostre religioni comportano di più rigido.
La memoria corta
Il terzo elemento della fragilità della laicità sta nel fatto che la nostra ignoranza della storia ci fa dimenticare fino a che punto essa non sia solo qualche cosa che è stato conquistato contro le Chiese, ma preparato da una serie di scelte teologiche, che hanno tessuto la modernità. La separazione del politico e del religioso, preparata da un lungo lavoro medioevale, caratterizza sia il Rinascimento che la Riforma, quando la teologia si libera da sola dai campi che non sono di sua competenza, per cercare uno spazio più libero e più critico. Per prendere degli esempi nella storia protestante, le proteste di Calvino contro gli eccessi politici del papato e contro gli eccessi ecclesiastici dei magistrati si trovano sulla stessa linea di Machiavelli. E il diritto di rompere con la propria religione e di andarsene è stata un’invenzione della rivoluzione puritana inglese, a cui non si è dato sufficientemente peso nella storia delle idee politiche. Succede la stessa cosa oggi, nello specifico con l’islam: se la modernità tiene a quel patto laico che autorizza e interiorizza il pluralismo delle società secolari, occorrerà riprendere tale patto, reinventarlo anche dall’interno delle religioni oggi presenti, con quei nuovi venuti che sono sia gli immigrati che le nuove generazioni.
Privato e pubblico
Troppo spesso i sostenitori della laicità riducono la libertà di coscienza ad una libertà puramente privata, quella del foro interiore. Ma la revoca dell’editto di Nantes non voleva niente di diverso! Se siamo ancora a quel punto, Rousseau e Kant si rigirano nella tomba. Come si può ricominciare, a partire da dove? Dovremo in ogni caso ricordare che le nostre società sono fragili, ma anche che manchiamo, non tanto di sicurezza, quanto di fiducia, e che, come scriveva magnificamente il filosofo Emerson, “ogni protezione contro un male ci pone nella dipendenza da quel male”.
(Olivier Abel è filosofo protestante francese; in “La Croix”)
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