MONSANTO: I SEMI DEL SUICIDIO

monsanto_control_foodAbbasso la Monsanto, fornitrice di semi cattivi!

Così si apre il breve documentario Bt: cotton seed of suicide (che chiude questo articolo), testimonianza dei danni causati dalla diffusione del cotone Bt in India, un ibrido geneticamente modificato prodotto da Monsanto che ha provocato la morte delle colture di cotone indigeno e l’avvelenamento e la desertificazione dei terreni sui quali è stato piantato, un disastro ambientale che, dal 1995 a oggi, ha spinto al suicidio circa 300.000 contadini indiani.

L’India è stato uno dei primi paesi a essere colonizzato dalla multinazionale statunitense che ha sfruttato i terreni locali per testare il proprio prodotto, diffondendolo attraverso inganni e false promesse di raccolti miracolosi che non si sono mai verificati.

All’inizio la diffusione in India del cotone Bt fu vista come una possibilità di progresso per il paese, anche grazie alle strategiche menzogne propinate da Monsanto, ma presto i contadini si resero conto della truffa di cui erano stati vittime, come testimonia una delle persone intervistate nel breve documentario.

Circa cinque o sei anni fa, quando la seconda coltura di cotone ibrido ha fallito, allora avvenne un “miracolo”. Cotone Bt. Avvenne così che per primo arrivò il Bt1. Poi la gente cominciò a comprare il Bt2, perché il Bt1 aveva fallito. Poi dissero che il Bt3, il Bt4 avrebbero funzionato… All’inizio dissero che tutto sarebbe andato a posto con uno spray. Oggi, lo stesso Bt ha bisogno di venti spray…

La truffa consiste proprio in questo, nella diffusione di semi geneticamente modificati che non contengono più vita all’interno, incapaci di offrire nuovi raccolti dopo la prima semina, devono essere sostituiti da nuovi ibridi che necessitano comunque un grande impiego di pesticidi e risorse idriche al fine di ricevere gli input esterni senza i quali non potrebbero generare colture.

L’industria e l’agricoltura sono completamente diverse. Hanno reso l’agricoltura un’industria. Non puoi fare certe cose in agricoltura… L’agricoltura dipende dalla natura. (Testimonianza estratta dal video)

Il Punjab è stata una delle regioni dell’India maggiormente colpite da questa vera e propria epidemia, che ha scatenato una corsa ai pesticidi fino a quel momento sconosciuti sul territorio. Solo questa regione investe circa 800-900 crore (10 milioni, quindi 8000-9000 milioni) di rupie indiane in pesticidi ogni anno; circa 150 crore, l’equivalente di circa 1500 milioni di rupie indiane è impiegato solo per l’acquisto del cotone Bt.

L’alto costo dei pesticidi non viene solo dalle tasche degli agricoltori. In Punjab a oggi si registrano trenta cause di cancro “sconosciute”, sulla base della perdita di pesticidi che contaminano l’acqua.

Ma i cospicui investimenti nell’acquisto di pesticidi e cotone Bt non hanno comunque permesso ai contadini locali di salvare le colture che rappresentavano la loro sola forma di sostentamento. Diversamente da quanto affermato da Monsanto che prometteva grandi raccolti e coltivazioni maggiormente resistenti a parassiti e agenti atmosferici, è stato sufficiente l’attacco di una mosca bianca epidemica in Punjab per distruggere il 60% delle colture di cotone Bt.

Puoi immaginare che il suolo di Punjab ha il cancro? Il suolo di Punjab ha il cancro.

Questa è la dichiarazione di uno dei contadini intervistati nel documentario, a conferma del disastro ambientale che ha colpito l’India, dove ormai non esiste più una sola coltura che non sia stata contaminata dal cotone Bt Monsanto.

Un avvelenamento dei terreni che colpisce tutt*: chi lavora nelle colture, gli animali, chi semplicemente beve l’acqua proveniente da sorgenti idriche ormai contaminate da pesticidi che, utilizzati ne campi, filtrano nel sottosuolo, così come i figli di chi sta a contatto con questi agenti chimici.

Le persone muoiono di malattia o si tolgono la vita in preda alla disperazione per aver perso tutto, impossibilitate a poter sfamare la propria famiglia, come testimoniano altr* intervistat*.

I campi trattati chimicamente sono stati fortemente danneggiati. In alcuni casi, il danno è arrivato al 99% delle colture. E questa varietà in cui ci troviamo adesso… è la nostra varietà indigena del posto.

Prima tutta la coltura viene distrutta… e oltre a tutto questo lascia anche un debito… Poi l’agricoltore va al suo campo, che prima aveva cinque “kille” (unità di terra)… Cinque “kille” prese in affitto… Per il quale aveva sognato grandi progetti… Avremo così tanto cotone… Faremo questo, faremo quello… E quando va al suo campo e vede quel che è successo, allora i pesticidi che ha spruzzato, li beve… e cade a terra nel suo campo.

Quando questa donna è giunta al suo campo ha visto che tutto il suo cotone era andato distrutto… Alla vista delle condizioni del suo cotone è tornata a casa e si è suicidata. Il suo nome era Rajdeep Kaur…

Sono passato all’agricoltura biologica perché la morte di mia madre è stata causata dal cancro. Ero molto triste e scioccato… e ho sentito di volermi allontanare dall’agricoltura chimica e cercare un’alternativa.

Quelli che seguono sono i nomi di alcune delle vittime causate dalla diffusione del cotone Bt, ribattezzato il seme del suicidio,che compaiono all’inizio del documentario:

  • Manjeet Kaur, 42 anni, avvelenato;
  • Jaspal Kaur, 40 anni, impiccato;
  • Gurdhayan Singh, 23 anni, impiccato;
  • Subhash, 42 anni, avvelenato;
  • Bansi Singh, 35 anni, avvelenato;
  • Amandeep Kaur, 28 anni, impiccato;
  • Gurjant Singh, 40 anni, avvelenato;
  • Hardeep Singh, 35 anni, avvelenato;
  • Mangaljit Singh, 30 anni, sotto un treno;
  • Gurjit Singh, 27 anni, avvelenato;
  • Palwinder Singh, 50 anni, avvelnato;
  • Karamveer Singh, 40 anni, avvelenato;
  • Rajinder Singh, 30 anni, sotto un treno;
  • Balkar Khan, 18 anni, avvelenato;
  • Baljit Singh, 26 anni, impiccato;
  • Kapoora Singh, 50 anni, avvelenato;
  • Randhir Singh, 36 anni, avvelenato;
  • Sandeep Singh, 24 anni, avvelenato;
  • Satgur Singh, 23 anni, impiccato;
  • Harwinder Das, 36 anni, impiccato;
  • Jamar Singh, 48 anni, avvelenato;
  • Reena, 35 anni, impiccato;
  • Sata Singh, 40 anni, impiccato;
  • Sukhdev Singh, 50 anni, avvelenato;
  • Om Kumar, 23 anni, impiccato.

Le manifestazioni di protesta però non sono mancate: gli agricoltori hanno bloccato i binari ferroviari, chiedendo un giusto compenso, 4000 crore di rupie indiane. Il governo statale è stato capace di rilasciare solo 640 crore di rupie indiane. Alcuni agricoltori hanno addirittura ricevuto assegni inferiori alle 50 rupie indiane e alcun aiuto dal governo.

Risarcimenti e compensi che comunque non cancellano i danni ambientali subiti dal paese per mano della Monsanto né tanto meno quelle morti provocate dalla pubblicità ingannevole diffusa dalla multinazionale statunitense.

Ma è importante ricordare come la minaccia all’integrità dei territori, alla libertà dei semi e alla sovranità alimentare non derivi solo dall’operato di Monsanto; anche multinazionali come Cargill, Bayer, Basf, DuPont e Syngenta, rinominate insieme a Monsanto “The Big 6”, non sono da meno e fanno parte di quella cerchia di corporazioni che otterrebbero totale libertà di azione se il TTIP fosse approvato.

Terminiamo l’articolo riportando le parole di Vandana Shiva che chiudono il documentario Seed of suicide, con l’augurio che i fatti accaduti in India non si ripetano altrove e che possano servire come ulteriore stimolo alla lotta contro quelle aziende che vogliono ottenere il monopolio dei semi, simboli di vita, che permetterebbe loro il controllo dell’alimentazione mondiale, colonizzando i territori della Terra e rendendo proprio schiavo ogni singolo agricoltore.

Punjab, la terra dei cinque fiumi. Acque abbandonate, terreni e i più tenaci lavoratori della terra che il mondo abbia mai conosciuto. Oggi è in rovina, in primis per monocolture chimiche frutto della “rivoluzione verde” degli anni ’60 che ha desertificato i terreni, rovinato le acque, impoverito ulteriormente gli agricoltori di Punjab. Per questo nel 1984 gli agricoltori si sono ribellati. Purtroppo la rivoluzione degli agricoltori è stata capovolta e presentata come se fosse mossa da motivi religiosi. Ma non è mai stato così: era per le terre, per gli agricoltori e per il loro lavoro. Oggi sta nascendo una seconda tragedia: la tragedia del cotone Bt, venduto dalle multinazionali, che richiede più pesticidi nonostante sia venduto come un migliore agente di controllo. È un sostituto dei pesticidi. Questa tragedia ha lasciato morire gli agricoltori, spingendoli al suicidio. Stiamo protestando e combattendo per l’unione, c’è un nuovo tentativo di dividerli sulla base della religione. Noi siamo dalla parte degli agricoltori di Punjab, noi siamo dalla parte dei terreni di Punjab, noi siamo dalla parte delle acque di Punjab, noi siamo dalla parte del futuro di Punjab per costruire un’agricoltura che porti ancora una volta prosperità attraverso la biodiversità, attraverso l’agricoltura ecologica e attraverso i diritti degli agricoltori, attraverso i loro semi, le loro terre, la loro acqua, attraverso il ritorno del duro lavoro quale pilastro della società.

Fonte: Informare per Resistere

www.losai.eu/

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