Preferite l’Ebrezza dell’Alcool o Inebriarvi di Spirito Santo?

untiL’esaltazione come artificio provocato da sforzi umani per il raggiungimento di parossistici livelli di emotività, non ha niente in comune con la benedizione prodotta dallo Spirito Santo. Fra gli slogan, più o meno suggestivi, apparsi in questi ultimi tempi per conto di strane sette religiose, che intenderebbero fregiarsi del nome di “Pentecostali”, riferendosi al pentecostalismo storico, ce n’è uno particolarmente curioso: “Sediamoci al bar dello Spirito Santo”. È scontato che al bar si beve e costoro intenderebbero invitare a “bere” la presenza, la persona, le caratteristiche dello Spirito che Dio ha mandato nel mondo trasfondendolo primieramente nella Sua Chiesa (Atti degli Apostoli, cap. 2).Non corrispondendo tutto questo all’invito fatto da Gesù a ricorrere a Lui se si ha sete di verità, di giustizia, di perdono, d’amore e di liberazione dal peccato (Giov. 7:37-39), ma essendo un invito ai più strani comportamenti, che di cristiano e di santo non hanno niente, è inevitabile che al “bar dello Spirito Santo”, in cui lo Spirito Santo non c’entra, si finisca per ubriacarsi di pericolose stranezze, confacenti a coloro ai quali non importa niente delle semplici ma grandiose verità contenute nella Bibbia. Allora, in casi simili, l’avversario di Dio, Satana, ha sempre pronta qualche novità a sfondo mistico, atta a soddisfare il materialismo, la carnalità, il disordine mentale e spirituale di molta gente.

Il vino e la Bibbia. “E non vi inebriate di vino che porta alla dissolutezza. Ma siate ripieni di Spirito…” (Efes. 5:18). Altre versioni della Bibbia, invece del termine “inebriare” riportano “ubriacare”, ma tutte le versioni concludono che “il vino porta alla dissolutezza”. La voce “vino” appare ben 196 volte nella Bibbia, di cui 37 nel Nuovo Testamento, per indicarne gli effetti dell’uso o dell’abuso, oppure trattato come simbolo di altre cose.

Per dissolutezza prodotta dal vino o altra bevanda alcolica dobbiamo intendere l’uso smisurato, cioè l’abuso che se ne può fare, l’uso degenerato nel vizio, che è sicuramente peccato. Tuttavia, l’uso misurato che se ne può fare viene, ad esempio, suggerito dall’apostolo Paolo al suo discepolo Timoteo per fronteggiare meglio, secondo lui, il mal di stomaco. In Ecclesiaste si dice che “il vino rende gaia la vita”, ma chi la volesse sempre gaia per mezzo del vino, finirebbe per distruggerla. Qui, però, non intendiamo argomentare sulle proprietà e l’uso degli alcolici, ma porre su un piano spirituale il significato di inebriarsi e ubriacarsi, presente anche nella Bibbia.

Inebriare. Un buon vocabolario spiega questo termine con “attuare temporaneamente uno stato di piacevole oblio o di fervida esaltazione”. Ci si può inebriare di gioia, d’amore, di fede, di speranza, ma con la sobrietà raccomandata dall’apostolo Paolo (cfr. 1 Tess. 5:6-8). Quando invece di una equilibrata ebbrezza o di una “piacevole esaltazione” si trascende nello stordimento, nell’annebbiamento mentale, nella perdita controllo razionale e fisico, si cade nell’ubriachezza. L’oblio o dimenticanza, cioè il distacco dal ricordo di sentimenti, fatti e affetti possano impedire il giusto rapporto con l’ineffabile Dio, ha un suo riscontro nella Bibbia.

Oblio cristiano. “…Cercate le cose di lassù… Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra…”. (Coloss. 3:1-2). “…Mentre abbiamo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché cose che si vedono sono temporanee, ma quelle che non si vedono sono eterne” (2 Cor. 4:18). Chi nell’ambito di un cristianesimo genuino ha fatto ha fatto a tutt’oggi l’effettiva esperienza di un battesimo nello Spirito Santo, non può negare che questo produca uno stato di fervida ma sana esaltazione. “Perciò vi dico: Non siate in ansia per la vostra vita, di cosa mangerete o di cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete … Cercate prima il regno e la giustizia di Dio…” (Matt. 6:31-33). Questi consigli non sono forse un incentivo ad obliare, dimenticare, estraniarsi da certe ansiose realtà terrene per inoltrarsi nell’ “invisibile” campo della fede? (Ebrei 11:1). Ciò non si consegue col vino o altre sostanze, ma con quella fede che il non credente definisce assurda ebbrezza. Come cristiani sappiamo invece, che tutto ciò appartiene alla vita dello spirito, che è in diretto collegamento col “pur invisibile Dio”.

Esaltazione” cristiana. Lo stato, che potremmo definire in modo improprio, di “esaltazione spirituale” sorge spontaneo fra i credenti quando in un culto comunitario si verifica la cosiddetta SHEKINAH o presenza e manifestazione di Dio. Ma anche individualmente, in privato, non si può restare indifferenti alla manifestazione della presenza di Dio garantita anche da Gesù (Matt. 28:20; 1 Cor. 3:16; 6:17,19; Giov. 14:23).

L’esaltazione come artificio provocato da sforzi umani per il raggiungimento di parossistici livelli di emotività, non ha niente in comune con la benedizione prodotta dallo Spirito Santo. La sana, spirituale “esaltazione” è ampiamente dimostrata dalla Scrittura. Facciamo subito riferimento alla discesa dello Spirito Santo sui circa 120 discepoli riuniti in una casa di Gerusalemme. La loro reazione al fatto, la loro “esaltazione” fece supporre a molti fra gli spettatori dell’evento che quei 120 fossero “pieni di vino dolce”, ovvero ubriachi. Chi nell’ambito di un cristianesimo genuino ha fatto a tutt’oggi l’effettiva esperienza di un battesimo nello Spirito Santo, non può negare che questo produca uno stato di fervida ma sana “esaltazione”. Dio viene esaltato. Inebriati dunque sì, ubriacati dallo Spirito Santo no, poiché sarebbe impossibile.

“Celebrate con me il Signore, esaltiamo il suo nome tutti insieme” (Salmo 34:3). “Io ti esalterò, mio Dio, mio Re, e benedirò il tuo nome in eterno” (Salmo 145:1). “Fermatevi, dice, e riconoscete che io sono Dio. Io sarò esaltato fra le nazioni, sarò esaltato sulla terra” (Salmo 46:10).

“Venite, cantiamo con giubilo all’Eterno, mandiamo grida di gioia alla rocca della nostra salvezza” (Salmo 95:1).

“…Udii nel cielo una gran voce come di una folla immensa, che diceva: ‘Alleluia! La salvezza, la gloria e la potenza appartengono al nostro Dio…” (Apoc. 19:1).

“Ed essi (la Chiesa, n.d.r.) alzarono di pari consentimento la voce a Dio … e tutti furono riempiti di Spirito Santo” (Atti 4:31). Ma si legga nel vangelo di Luca, 1:46, 47, 67…; 2:25-32, cosa si deve in tendere come sana, spirituale “esaltazione”. L’”esaltazione” non rientra nella normalità del vivere quotidiano, e quella cristiana, sempre connessa ad una momentanea e opportuna glorificazione di Dio, è mossa dal Suo stesso Spirito, esprimente esultanza nella considerazione delle Sue virtù, senza trascendere mai in un vuoto misticismo, in un arido ascetismo, in quel fanatismo che la tramuterebbe in ubriachezza.

Ubriacature

È dimostrato che ci si ubriaca per tentare di evadere dalla triste realtà di un’esistenza senza speranza, senza  Dio, o per il solo piacere di farlo. Satana non è stato avaro nel proporre i mezzi più disparati per ubriacare l’uomo, sostituendo la consolazione e la vita che solo Dio può dare, con l’illusione, la delusione e infine con la disperazione e la morte.

Ogni specie di bevanda alcolica, come tutte le droghe, sono letali per il sistema nervoso centrale; e non solo, ma anche il disordine sessuale, l’ambizione al potere, l’avidità di denaro, l’orgoglio mirante al culto della personalità concorrono ad ubriacare causando tragici risultati, come lo spegnimento dell’intelligenza, il caos sociale, il crollo dell’umanità, la totale debilitazione della coscienza, la morte eterna, ovvero la separazione da tutto quel che è degno di essere definito vita: Gesù Cristo è la vita!

Come cristiani non ci deve sorprendere il barcollamento della società mondana, la fragilità della sua giustizia (Matt. 5:20), l’immoralità dilagante, la lacerazione del nucleo familiare, l’inconsistenza e la promiscuità di ideologie ritenute valide e nobili, sia politiche che religiose: tutto è previsto dalla Bibbia. La nostra cristiana attenzione si rivolga invece al declino spirituale di chi dopo aver conosciuto la Verità-Cristo, si lascia sedurre e s’aggrega a qualche illusorio e diabolico tentativo di rinvigorire la fede mediante le più strane innovazioni rituali, tipo il cadere a terra per un presunto intervento dello Spirito Santo, o l’imitazione collettiva del verso degli animali, intesa a fare credere ad un’avvenuta restaurazione del giardino dell’Eden, o la liberazione da presenze diaboliche mediante conati di vomito, o danze estatiche, o il cantare senza intermittenza, fino allo stordimento, o le false infusioni di Spirito Santo, o la cieca ubbidienza, l’adorazione dovuta all’uomo anziché a Dio (trascendendo così nella “egolatria”, o nel progettare e attuare atti di beneficenza coi beni altrui pei cattivarsi il plauso, la notorietà degli assistiti ed estendere così il proprio potere.

La terapia: una scelta. “Siate ripieni di Spirito Santo” (Efes. 5:18). Questa è la medicina. Ogni uomo conduce la propria esistenza in base alla propria formazione mentale, tramite lo spirito che viene inevitabilmente influenzato dal male o dal bene, sostanzialmente da Satana o da Dio, il Quale da sempre richiama l’attenzione dell’uomo su queste due realtà: “Osserva, (dice il Signore, n.d.r.) io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male… scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza…” (Deut. 30:15-20).

Non dimentichiamo l’esperienza vissuta da Giobbe che, sfinito dalla sofferenza, protesta contro Dio, per poi concludere con una dichiarazione di vera fede, fede purificata, denotante una precisa scelta, che non teneva più conto del suo vivere o del suo morire in questo mondo. E la scelta fu: Dio ha ragione! Gesù stesso, tentato nel deserto, fu posto di fronte alla scelta del bene e del male (Matt. 4:1-11). L’apostolo Paolo, preoccupato da scelte sbagliate in cui i cristiani potrebbero incorrere, scrive:

“Ma temo che, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, così le vostre menti vengano corrotte (ubriacate, n.d.r.) e sviate dalla semplicità e dalla purezza nei riguardi di Cristo” (2 Cor. 11:3).

Il monito di Gesù ai credenti è: “Guardate che nessuno vi seduca” (Matt. 24:4). E l’apostolo Pietro mette in guardia la Chiesa: “Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli restando fermi nella fede…” (1 Pietro 5:8, 9).

E l’apostolo Paolo: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male col bene” (Rom. 12:21). Si tratta di scelte quotidiane.

In contrapposizione allo spirito vigente nella mondanità, Dio, come terapia, propone lo Spirito Santo: “…Avverrà che io effonderò lo Spirito mio su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno (cioè parleranno di Dio, n.d.r.), i vostri vecchi faranno dei sogni e i vostri giovani avranno delle visioni. Anche sui servi e sulle serve spargerò in quei giorni il mio Spirito… Chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato…” (Gioele 2:28-32).

Con ciò è concretamente descritta l’inebriante azione di Dio. I “giorni” previsti da Lui sono gli attuali; la condizione per essere salvati da “questa perversa generazione” viene soddisfatta in base alla scelta di ciò che Dio propone, la giusta scelta per la guarigione del genere umano è così prospettata da Gesù Cristo: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi di acqua viva scaturiranno dal suo seno (dal suo intimo, n.d.r.). Gesù disse questo dello Spirito avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in Lui” (Giov. 7:37-39). Quei “fiumi” corrispondono a ‘Siate ripieni di Spirito Santo’!

Lo Spirito Santo prese e operante nel mondo è sempre disposto ad influenzare beneficamente l’uomo, rivelandogl’ lo stato di peccato in cui si trova, il suo bisogno di perdono e di salvezza, indirizzandolo a Gesù Cristo unico Salvatore del mondo (Giov. 16:7-9; 3:3-7, 16-19). Una volta scelto Cristo, lo Spirito Santo dimora nel credente. Questo è il punto di partenza della fede cristiana per crescente progresso spirituale. Gesù infatti esorta a raggiungere la perfezione di Dio (Matt. 5:48) e gli apostoli con Lui ci spiegano come fare per raggiungerla: “…Mettendoci da parte vostra ogni impegno, aggiungete alla fede vostra la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza l’autocontrollo; all’autocontrollo la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’affetto fraterno; e all’affetto fraterno l’amore… Ma colui che non ha queste cose, è cieco … ” (2 Pietro 1:3-11). L’apostolo Pietro, qui e altrove, non ha fatto altro che elencare alcune qualità dello Spirito che caratterizza Gesù e che il cristiano deve possedere (Rom. 8:9). Questa “pienezza” di Spirito, Gesù la prospettò ai discepoli che, avendo creduto in Lui, erano già dotati di Spirito Santo. Tuttavia appare dagli insegnamenti lasciati da Gesù che ciò non bastava: “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni” (Atti 1:8). Questa “potenza” sottintende la “pienezza”, ovvero un battesimo o immersione nello Spirito Santo, tale da esserne “ripieni”. Questa operazione, che ebbe inizio duemila anni fa, a Pentecoste, si sarebbe poi diffusa nel tempo fino ai giorni nostri: “Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi” (Atti 2:4, 32,33,38,39).

L’apostolo Paolo ritenne necessario che alcuni discepoli di Giovanni il battista, avendo comunque creduto in Gesù Cristo, oltre ad ottemperare al comandamento di essere battezzati in acqua, come Gesù aveva insegnato, ricevessero anche la pienezza dello Spirito Santo. Imposto loro le mani, quelli ricevettero anche la pienezza dello Spirito Santo e parlarono in altre lingue e profetizzarono (Atti 19:1-7).

Gesù aveva previsto che col passare del tempo, “negli ultimi giorni”, una sempre più estesa iniquità avrebbe spento la carità, la presenza di Dio in molti cristiani (cfr. Matt. 24:12).

L’iniquità non va subita, ma fronteggiata. Una genera le depressione spirituale spinge atei, agnostici e presunti credenti a ricercare soddisfazioni, diversivi, stordimenti di ogni genere, in grado di far dimenticare, se fosse possibile, il caos, le contrarietà e le contraddizioni mondane, le delusioni e l’intuizione di una triste conclusione dell’esistenza, conclusione già sperimentata da molti, nonché l’impatto col giudizio divino, temuto anche dall’ateo nonostante cerchi di reprimerlo con la propria filosofia. In opposizione a questa pesante situazione, non c’è che il versante delle proposte di Dio, non c’è che lo Spirito Santo: “Non inebriatevi, non ubriacatevi del vino della mondanità, ma siate ripieni di Spirito Santo!”.

Le opere dello Spirito sono: giustizia, pace e allegrezza (sana ebbrezza). Alcune di queste opere sono così elencate dall’apostolo Paolo: gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo (o temperanza) (cfr. Gal. 5:22). Desumiamo perciò che per la guarigione del mondo e dei settori pericolanti del cristianesimo, non ci sia altra cura da seguire se non quella di volere, chiedere, ottenere e vivere lo Spirito Santo, nella misura proposta dallo Spirito Santo stesso: “Siate ripieni”!

da: Cristiani Oggi 18/02

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