Radicali e radicalizzazione

terrorismo-islamico-radicalizzazione-770x511Da alcuni anni a questa parte si sentono sempre più spesso ripetere in giro parole come “radicali” e “radicalizzazione”, che tutti stiamo imparando ad associare alla comune parola di “terrorismo” In effetti, ultimamente, le notizie dei media sulle cronache recenti si stanno concentrando su episodi di terrorismo da parte di soggetti che si stanno radicalizzando nella fede islamica al seguito di gruppi terroristici. E a quanto pare il profilo con cui vengono descritti coloro che compiono attentati contro la società civile, soprattutto occidentale, parla di “radicalizzati” nell’islam, ovvero di gente che pur non essendo nata e cresciuta in questa religione nel giro di poco tempo vi si ‘radicalizza’ ed in seguito a ciò si affilia a quelle organizzazioni terroristiche che si stanno rendendo protagoniste degli attentanti di questi ultimi tempi un po’ dappertutto.

Ecco perché ci stiamo abituando ad associare quasi automaticamente i concetti di radicali e radicalizzati a quello di terroristi.

Ma qui sento di fare una riflessione che spero sia educativa e spirituale al tempo stesso, per riflettere sul fatto che questa automatica associazione non dovrebbe essere per nulla così scontata, visto che infondo – come cercherò di descrivere – l’essere radicali non coincide per forza con l’essere terroristi.

Chi è un radicale? Radicale è qualcuno che crede convintamente in determinati principi, che fanno da base (o da radici – appunto – ) al suo operato. Il radicale è colui per il quale certi valori sono le radici e le basi non solo della sua visione di vita, ma – di conseguenza (ossia coerentemente) – del suo operato  e, dunque, dei suoi comportamenti.

Giusto per fare un esempio, se una persona fosse radicalmente convinta che l’onestà è il valore sul quale intende fondare la propria vita ecco che ogni occasione che gli si presenterà sarà da essa filtrata (o vista e letta) attraverso il valore dell’onestà. Di conseguenza una tale persona a) cercherà di essere onesta in ogni occasione che richiederà una scelta ed una determinazione ad essere onesti piuttosto che disonesti e b) cercherà di denunciare (o smascherare) coloro che, diversamente da lei, tenderanno a dimostrarsi disonesti nelle medesime occasioni.

Ora, stando così le cose (laddove l’essere radicali significa basarsi e vivere fondandosi su determinati principi che fanno da base (o da radice) del nostro operato), per “radicale”dovremmo intendere – appunto – un tipo o un soggetto convinto di determinati valori, tanto da contraddistinguersi nella sua condotta proprio per la messa in pratica di tali principi.

“Se” questa è la realtà dei concetti di “radicale” e – dunque – di “radicalizzazione” (ossia del diventare radicale) la presente riflessione vuole puntare nel sostenere l’idea che l’essere radicale non coincide per forza con quella dell’essere un terrorista.

In effetti molti dei valori che potrebbero fare da base o da radici dell’operato delle persone non hanno nulla a che fare con il terrorismo, ovvero con “valori” distruttivi e malvagi.

Abbiamo prima accennato all’onestà come ad un valore di base (o radicale) che potrebbe (magari) indirizzare la condotta di qualcuno che (scegliendola come base del proprio agire) si radicalizzasse nel valore dell’onestà, diventando un tipo radicalmente onesto.

Ma quanti altri valori potrebbero fare da radici dell’operato di altrettanti soggetti radicali positivi (convinti che la vita possa e debba fondarsi su determinati buoni valori e principi)?

L’onestà, la trasparenza, la sincerità, il rispetto degli altri, l’autocontrollo ed altri tipi di virtù potrebbero (e grazie a Dio lo sono) fare da base e da regolamento del comportamento di molti individui. Anzi sarebbe perfettamente auspicabile trovare persone radicali e radicalizzati secondo tali visioni di vita (ossia secondo una visione della vita basata su valori giusti). Purtroppo nell’attuale società, da questo punto di vista, vi sono pochi radicali e radicalizzati in tali valori: pochi onesti (radicalmente parlando, cioè pochi onesti radicali), pochi soggetti trasparenti (che fanno alle spalle quello che dicono davanti), pochi sinceri (che sanno dire la verità in ogni circostanza – anche quando questa potrebbe andare a discapito dei propri interessi -), poche persone che fanno del rispetto degli altri una virtù radicale (tanto da preferirla ai propri comodi e vantaggi), pochi che si sanno auto-controllare!

O quanto bisogno ci sarebbe di gente radicale! Ed ovviamente tale bisogno deriva dal bisogno di bene, che tanto manca e sta venendo a mancare nella nostra società perbenista all’eterno e marcia all’interno.

Dunque? Vi è una sana necessità di radicalizzazione, che possa fondarsi e far fondare le persone verso basi e radici sane.

La radicalizzazione che invece si associa al fenomeno del terrorismo è una radicalizzazione insana, fondata su valori e principi che rappresentano il cancro e non la salute della società. Quando ci si radicalizza in maniera tale da diventare soggetti convinti di principi che portano a commettere stragi ed attentati occorre chiedersi su quali radici si stiano radicando (ovvero fondando) coloro si sono radicalizzati in tal senso e in tal modo. Cosa c’è alla base delle “radici” di quei “radicali” che, mettendo in pratica certe visioni e certi convincimenti, finiscono per compiere quelle azioni che poi costituiscono il terrorismo? Beh, non ci vogliono grandi analisi per rispondere a tale domanda; ciò che spesso muove i terroristi radicalizzati sono le basi dell’odio verso qualcuno o della voglia di distruggere chi non la pensa come loro. Per quanto poi costoro (o chi li forma e dirige) cerchino di dare una parvenza di bene o di valore alle loro azioni terroristiche, esse restano tali: azioni terroristiche, cioè azioni che provocano terrore (ossia male).

Allora bisogna riflettere sulla natura delle “radici” su cui diciamo di voler fondare le nostre vite, poiché non ogni radice è la stessa: vi sono radici da cui vengono frutti buoni e radici da cui vengono frutti non buoni, ma nocivi e velenosi.

Dunque non fermiamoci all’apparenza e alla superficialità col dire che ogni radice è buona, ovvero che ogni radice è malvagia. Ogni radice si riconosce dai frutti che porta (Matteo 7: 16).

La radice da cui nasce il terrorismo (per ogni sana coscienza) dovrebbe risultare per quello che è: nociva e malvagia.

Soltanto un’opera di lavaggio del cervello può cercare di far passare per buona la radice del terrorismo; soltanto un’opera di propaganda ideologica può far dichiarare positiva una visione distruttiva della vita, come lo è quella del terrorismo.

Ma per distinguere e separare nettamente i frutti buoni da quelli cattivi, le radici sane da quelle nocive, occorre una cesoia particolare, una cesoia che riesca a tagliare dei frutti particolari che si chiamano “valori” (per distinguere quelli che sono reali valori dalle cose che vorrebbero camuffarsi da valori quando in realtà non hanno nulla di questi). Si tratta di una cesoia non materiale ma spirituale, che aiuta a distinguere e a separare il bene dal male.

Ora la cesoia che taglia e smaschera la menzogna si chiama verità e dove essa opera non può convivere la bugia.

Proviamo perciò a tagliare quei frutti negativi e malvagi che si mascherano da sane e positive radicalizzazioni quando in realtà si tratta di atti volgari come gli omicidi, le stragi, le vendette, l’odio, la brutalità, la voglia di dominio e sopraffazione.

Con quale verità potremmo tagliare questi frutti “apparentemente” desiderabili! Con la seguente verità:

Fai agli altri quello che vorresti che gli altri facessero a te” (Matteo 7: 12).

Dinanzi a questa verità cadono:

  1. I radicali malvagi, che dicono che la loro radicalizzazione è buona (mentre i loro frutti (ossia i risultati dei loro gesti) sono più che acerbi tossici, in quanto non fanno bene a coloro che li ‘assaggiano’ sulla loro pelle;
  2. le persone “neutre” (che dicono di non essere affatto dei radicali, ossia di non fondarsi né sul bene né sul male), la cui indifferenza urta col principio della verità che dice – appunto – di fare agli altri quello che si vorrebbe che gli altri facessero a noi (e l’intenzione di tale verità non è quella di sollecitare ad essere indifferenti verso gli altri, visto che essa non insegna a pensare che dagli altri dovremmo aspettarci l’indifferenza ma piuttosto il bene).

Che dire, dunque,  sui radicali e sulla radicalizzazione (?):

  • essere radicali vuol dire fondarsi ed agire coerentemente a determinati valori (o radici) e principi;
  • le ‘radici’ o le basi dei comportamenti umani possono essere:
  1. sane (ossia portatrici di buoni frutti)
  2. malvagie (ossia portatrici di frutti malvagi)
  • il terrorismo è un frutto malvagio, chè scaturisce da radici malvagie
  • l’unica radicalizzazione positiva può e deve portare a compiere il bene.

Per questo la parola di Dio (la bibbia) dice:

  • li riconoscerete dai loro frutti (Matteo 7: 16);
  • chi pratica la giustizia è da Dio (1 Giovanni 2: 29; 3: 7). Ed il rovescio della medaglia di questa verità è il seguente: chi non pratica la giustizia (il cui frutto deve essere il bene) non è da Dio, ma dal diavolo.

Spero che a conclusione di questa riflessione siano chiari gli aspetti di ciò che può star dietro ai concetti di ‘radicali’ e di ‘radicalizzazione’.

Ben vengano i ‘radicali’ secondo Dio, ossia secondo il bene.

Ripensino invece alla propria ‘radicalizzazione’ coloro che sotto il mantello dei ‘valori’ commettono atti (terroristici) degni dei comuni e volgari criminali, i quali pur illudendosi di militare sotto la bandiera di un qualche ‘dio’ (che grande non è se spinge a fare gesti biasimevoli e crudeli), non sono altro che pedine del diavolo. Possa per costoro risplendere la luce di Dio (del Bene) al fine di strapparli dalle mani del Malvagio e Corruttore per eccellenza, che escogita sistemi e pensieri per fare adepti del male. Prego il Signore per costoro, affinchè essi possano – con la spada (spirituale e non materiale) e la cesoia della verità – essere da Lui illuminati, per vedere cos’è bene e cos’è male e per riconoscere la ‘radicalizzazione’ vera, che – come la sapienza di Dio (Giacomo 3: 17) – è piena di atti e frutti di mitezza e di misericordia!

Enzo Maniaci | Notiziecristiane.com

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