Violenza sulle donne: Ankara esce dalla convenzione di Istanbul

Una notizia sconcertante e oltremodo inaccettabile: Il presidente Recep Tayyip Erdoğan con un atto giuridico ha decretato l’abbandono del trattato della Convenzione di Istanbul del 2011 che sanciva al governo di adottare leggi per reprimere e contrastare le violenze perpetrate contro la collettività femminile, fra gli abusi emersi, le mutilazioni genitali femminili. Il partito conservatore turco AKP, in turco “Adalet ve Kalknma Partisi” fondato nel 2001 da diversi islamisti, si è sviluppato nella democrazia conservatrice islamica. I Rappresentanti conservatori ritengono che mantenere il trattato minaccia i valori e l’unità familiare incoraggiando il divorzio e inoltre favorisce il consentimento nella società della pluralità Lgbt.

La decisione che ha provocato le critiche dei principali partiti dell’opposizione e da parte dell’Europa. Secondo quanto riporta l’agenzia di Stampa Reuters, non si conoscono ne sono state fornite motivazione per il ritiro. I dirigenti del partito AK, rilevano che lo stato valutava già dallo scorso anno, la possibilità di ritirarsi dalla Convenzione di Istanbul.  La dichiarazione postata sulla piattaforma Twitter dal ministro della Famiglia, del Lavoro e delle Politiche sociali Zehra Zumrut: “La garanzia dei diritti delle donne sono le normative vigenti nel nostro statuto e nella nostra Costituzione. Il nostro sistema giudiziario è dinamico e abbastanza forte da attuare nuove normative secondo necessità!”, fornisce ampio spazio alle contestazioni avvenute da parte delle donne e degli oppositori che disapprovano la decisione e regredisce ulteriormente la Turchia allontanandola dai valori dell’Unione europea, organizzazione in cui la Turchia cerca l’ammissione dal 2005.

 

Le associazioni turche in lotta per i diritti delle donne denunciano una forte disparità avvalorata dalla cultura patriarcale e maschilista, pertanto non è la mancanza dei principi fondamentali relativi quanto inottemperanza per la precisa attuazione; infatti, dalle forze dell’ordine e parallelamente ai giudici non pervengono riscontri soddisfacenti anzi spesso sono insussistenti alle invocazioni di aiuto delle donne, ma che proiettano favoritismi nei numerosi casi di “riduzione della cravatta”.   L’appellativo coniato identifica il genere maschile che in sede di udienza finge un contegno deferente dinanzi alla Corte e gli stessi magistrati infliggono una pena ridotta. In molti casi lo stesso processo è riservato a chi delimitando gli atti violenti quali episodi isolati, attestano di aver agito in un momento di rabbia e la cui motivazione alle loro acutizzate azioni, divengono giustificative alle condotte femminili inadeguate, pertanto la colpa ricade sulle donne.

“Similmente, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto alla donna, come a un vaso più delicato. Onoratele, poiché anch’esse sono eredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite”. 1Pietro 3:7

L’esempio esibito dai membri più autorevoli del mondo politico ottomano sostiene il concetto d’inferiorità della classe femminile rispetto agli uomini e assolvendone le reiterate repressioni fisiche e psicologiche, emargina le donne al ruolo di madri e casalinghe. Lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan in più occasioni ha affermato che le famiglie (ossia le donne) turche dovrebbero avere almeno tre figli, mentre un’altra corrente politica criticando ripetutamente le donne, classifica coloro che non sono diventate mamme e le madri lavoratrici durante la maternità delle «mezze persone».

Nel 2019 sono stati commessi 474 reati di femminicidio. Il 42% ottemperato su cittadine turche fra i 15 e i 60 anni sono state abusate fisicamente e psicologicamente da parte del proprio famigliare o partner e in seguito agli sviluppi nel gennaio del 2020 il Governo del partito Libertà e Giustizia difende il proposito di far riconoscere giuridicamente il matrimonio riparatore.  La proposta rivolta a chi accusato di violenza sessuale contro un minore, il quale può evitare il carcere sposando la sua stessa vittima se quest’ultima ha meno di 18 anni e se la differenza di età tra i due non supera i 10 anni. Il disegno di legge non ancora tramutato in atto normativo in seguito  alle proteste popolari e alle critiche provenienti dalla comunità internazionale, conferma indubbiamente la posizione del Governo nei confronti della tutela delle donne e delle minori.

 

La Turchia, evidenzia Reuters, non preserva le statistiche ufficiali sul femminicidio. I dati dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno rivelato che il 38% delle donne nel Paese è vittima di violenza da parte di un partner nel corso della vita, rispetto a circa il 25% in Europa.

Un’altra esiziale fenomeno è il matrimonio  combinato con minori. Una violazione della legge governativa impone a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio. Secondo un report pubblicato dallo stesso Governo turco nel 2018, 482.908 bambine sono state costrette a sposarsi negli ultimi dieci anni, ma il numero reale dei casi è maggiore a quanto dichiarato, ciò è dovuto alla mancanza dei dati trasmessi dalle autorità religiose in merito alle unioni celebrate di cui raramente si ha conoscenza.

Se i governi vogliono ignorare la Parola di  Dio, esse si pongono concorrenza col Signore, ma la Scrittura è inconfutabile.

E conoscano che tu, il cui nome è il SIGNORE, tu solo sei l’Altissimo su tutta la terra.  Salmo 83:18

Lella Francese

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