Fra i massimi esponenti delle lotte ambientali e pacifiste in Veneto. Un ricordo di chi ha condiviso con lui molte battaglie.
Ci sono uomini che lottano un giorno (…), altri che lottano un anno (…), ci sono quelli che lottano più anni (…), però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili.
B. Brecht
L’incredulità prima, poi l’amarezza, il dolore. Così la notizia della morte di Olol Jackson era piombata tra noi il 30 settembre.
Olol: sicuramente tra i maggiori protagonisti delle lotte ambientali, sociali e pacifiste nel vicentino degli ultimi decenni.
Un vuoto incolmabile che d’ora in poi peserà come un macigno ad ogni manifestazione davanti alla Ederle, a Pluto, al Dal Molin. Ci mancherà Olol con il suo megafono e l’ormai familiare voce roca.
Ricordato come uno degli organizzatori dell’occupazione da cui nacque il Centro sociale Ya Basta! (un richiamo agli zapatisti di Marcos), Olol aveva al suo attivo anche quella della scuola in abbandono di San Antonino di qualche mese prima. L’intenzione era di farne un centro sociale-culturale per il quartiere (guarda caso di fronte al Dal Molin e non lontano da dove sorgerà il tendone del Presidio: coincidenze?), ma prima intervennero i manganelli della polizia.
Ricordo che Olol si era stupito di trovare sul giornale diocesano un mio articolo, critico nei confronti del sindaco Variati che aveva ordinato lo sgombero brutale con il pestaggio subito dal compianto Cedro e da altri giovani. Chissà, forse il sindaco vicentino, al suo primo mandato, intendeva riportare alla memoria dei militanti più anziani l’analoga carica (con un paio di commozioni cerebrali) contro i pacifisti davanti alla vecchia questura sbrigativamente ordinata nel maggio 1972 da Mariano Rumor. Era, ricordo, il giorno dell’arresto di alcuni obiettori di coscienza, tra cui Matteo Soccio.
In realtà l’articolo era stato alquanto ridimensionato, in parte edulcorato, ma quella fu l’unica voce critica, dissonante in un coro di applausi per la fermezza mostrata dalle istituzioni.
Poi nel 1995 ebbe inizio la fin troppo breve stagione di Ya Basta! in via Battaglione Framarin. Venne fatto abbattere con le ruspe, sei anni dopo, dal nuovo sindaco Hullweck. Ma come disse Olol al momento di abbandonare la sede «Finisce solo il primo tempo, ora andiamo a giocarci il secondo».
Seguirà l’occupazione dell’ex Lanerossi al quartiere Ferrovieri, l’attuale Bocciodromo.
Consigliere dei Verdi alla circoscrizione 3 (San Pio X) dal 2003 al 2007, insieme a Francesco Pavin fu tra i primi a denunciare i progetti di un nuova base statunitense (di cui nessuno sentiva la mancanza) a Vicenza.
Portavoce e “anima” del Movimento No-Dal Molin, quando il Presidio decise di dotarsi di un mensile, fu lui a chiedermi di fare da direttore responsabile. Dopo una iniziale perplessità ne fui onorato.
Tra i suoi meriti conquistati sul campo, la condanna nel 2013 per l’occupazione della prefettura del 16 gennaio 2008. Data infausta della dichiarazione di Romano Prodi a favore della realizzazione del Dal Molin.
Un padre veterano del Vietnam, gli avrebbe consentito di richiedere la cittadinanza statunitense, ma la rifiutò in quanto, come disse «son già cittadino del mondo». Una scelta di campo, comunque.
Dalla madre, scomparsa recentemente e già impegnata nell’associazionismo, presumibilmente gli derivava la passione politica e quel suo indiscutibile «carisma ai cortei che ci faceva sentire protetti» come ricordava affettuosamente Cinzia Bottene.
Una dote di famiglia. Una volta mi aveva parlato di un nonno, dirigente politico e militante dell’opposizione in Somalia. Ora rimpiango di non aver approfondito. E la sua militanza non si esauriva certo qui: l’antifascismo, l’antirazzismo, la lotta contro gli sfratti e più recentemente l’impegno quotidiano nel sindacato di base AdL Cobas.
Nato 48 anni fa, Olol era nel pieno del vigore e dell’impegno. Non aveva particolari magagne o trascorsi a rischio.
Ma sappiamo che “la terra ci reclama”. Ci reclama sempre, anche prima del tempo. Siamo precari e provvisori. Conviene farsene una ragione.
E tuttavia “…ci sono quelli che lottano tutta la vita…” come ricordava Brecht.
Ci sono appunto quelli come Olol Jackson.
di Gianni Sartori | Riforma.it
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