Lettera aperta: Riflessioni di un pastore

pastore caito

pastore caitoStimati fratelli, l’invito a partecipare alla prossima Conferenza dell’AEI a Roma, unitamente alle lodevoli iniziative promosse dalla stessa su tematiche care ai credenti evangelici (Conferenza di Catania sulla Famiglia, febbraio u.s.), mi stimola a riflessioni che condividerò brevemente con i destinatari della presente lettera.
La Chiesa Bethel (www.chiesabethel.com), unitamente ad alcune altre Chiese appartenenti alla comunione della CCEI (Chiesa Cristiana Evangelica in Italia), è oggetto da circa sette anni di procedimenti legali promossi dalla leadership della ADI (Assemblee di Dio in Italia), volti a impedirci di denominarci “Chiesa Cristiana Evangelica Assemblee di Dio del Risveglio” e a contestare l’uso dei locali di culto.
Tali procedimenti hanno interessato non le Chiese, in quanto associazioni religiose, ma i Pastori e i componenti dei Consigli di Chiesa, con un accanimento crescente e una indomita volontà di procedere fino alla sentenza, dopo aver esperito tutti i gradi previsti dal nostro Codice Legislativo. In alcuni casi, i procedimenti diretti ai pastori hanno interessato il Codice Penale. Nell’atto di citazione, promosso contro pastori e responsabili delle chiese facenti parte del gruppo della scissione, registratasi nell’ambito della stessa ADI, quest’ultima ha accusato la neonata associazione (ex AD, ora CCEI) di aver operato una sorta di usurpazione della denominazione finalizzata a un “illecito proselitismo” e a godere di una sorta di prestigio derivante dai termini contenuti nella denominazione stessa. Inoltre, la ADI ha chiesto che la CCEI sia condannata a corrispondere i danni e alla pubblicazione sui maggiori quotidiani nazionali della sentenza a proprie spese.
Sin dagli inizi di questa triste vicenda mi sono attivato, insieme ai pastori che come me erano stati espulsi, senza alcuna giustificabile ragione, per ricondurre il contenzioso sul piano dell’incomprensione fraterna, sempre possibile, perché è il “rischio” presente in qualsiasi relazione. Abbiamo cercato interlocutori tra gli amici comuni, fratelli autorevoli sul piano spirituale e noti, nel panorama evangelico nazionale, per saggezza e ampiezza di visione, per giungere ad una ricomposizione del contenzioso secondo criteri biblici (Romani 12:18 / 2Corinzi 13:11 / 1Corinzi 6:6-9). Tra i tanti cito il Past. Onorevole Domenico Maselli e il Past. Remo Cristallo.
In seguito, fallito ogni tentativo, anche di “incontro fraterno” per esplorare possibili percorsi condivisi in vista della pace, abbiamo chiesto a rappresentanti di organizzazioni evangeliche internazionali di aiutarci a sanare questa “vergogna evangelica” italiana.

Abbiamo rivolto un accorato appello ai fratelli del “Presidium” della PEF (Pentecostal European Fellowship), nella persona dell’allora Chairman, Rev. E. Ingollf, attesi i passati rapporti della ADI con la PEF, perché intervenissero con una missione di pace, ma il tentativo di mediazione non è stato neanche preso in considerazione dalla ADI.
Abbiamo interpellato il Rev. Ken Harrison, presidente delle AoG della Nuova Zelanda, ma il suo tentativo di mediazione è stato rigettato. Successivamente una commissione della WAGF (World Assemblies of God Fellowship) formata dai Pastori Peter Sleebos, Max Schläpfer e Juan Carlos Escobar (presidenti, rispettivamente, delle Assemblee di Dio di Olanda, Svizzera e Spagna), ha dato corso a un tentativo di  mediazione. I componenti la suddetta Commissione sono intervenuti nella questione, chiedendo ai leaders della ADI di indicare le condizioni per porre fine ai procedimenti nei tribunali. La ADI ha fissato condizioni che le nostre chiese e i nostri pastori hanno accettato senza riserve, pur di aprire un dialogo fraterno e poter conseguire la pace. Ci siamo resi disponibili, quindi, a cedere i nostri locali di culto, pagati interamente dai fedeli delle nostre chiese, e il Past. Vito Tambone a lasciare l’Istituto Eben-Ezer, da lui stesso fondato, e compiere ogni ulteriore passo utile
per la pace. Purtroppo, come è ormai noto, la ADI ha rigettato la mediazione e i suoi leader hanno preso la decisione irrevocabile di proseguire con le azioni legali. La cosa che più mi rattrista è che la ADI, in tutti i contesti dove è presente, fornisce artatamente una ricostruzione dei fatti che non corrisponde alla realtà, pur rifiutando un necessario e leale confronto, al fine di isolare le nostre chiese e creare pregiudizi a danno della nostra reputazione.

Sulla mia persona, nella funzione di pastore senior della Chiesa Bethel, e sulla Comunità tutta, incombe l’ombra oscura di una possibile condanna che ci obbligherà al pagamento di somme che non sono alla nostra portata, e a un abbandono forzato dei locali di culto, che occupiamo da oltre sessant’anni, prima ancora della costituzione della ADI, e nei quali offriamo il nostro culto a Dio… al Dio unico e solo, che tutti crediamo di servire e onorare, seppur da posizioni distanti e niente affatto fraterne.
Fatta salva la volontà di non indurVi a giudizi sulle sopra esposte contese legali, che sono di competenza dei tribunali, rimangono alcuni interrogativi di fondo che interessano la coscienza cristiana, il senso della comunione fraterna, la giusta declinazione dell’essere “chiesa… colonna e sostegno della verità” e la fedeltà a tutto l’Evangelo.
La Parola, per bocca di Paolo, esorta a “… tener d’occhio quelli che provocano le divisioni e gli scandali in contrasto con l’insegnamento che avete ricevuto. Allontanatevi da loro” e, altrove “Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi”.

Sarei felice di poter condividere con Voi progetti, partecipare a convegni, seminari, giornate di studio, sognare un domani non troppo lontano in cui la testimonianza cristiana, nella nostra amata Italia, ridotta a terra di missione per la esigua percentuale di credenti “nati di nuovo”, possa emanare la luce dell’Evangelo come un faro luminoso, dal Nord al Sud della penisola. La realtà è sotto gli occhi di tutti e offusca la bellezza dei sogni. Le lotte interne, gli scandali, le divisioni tra le chiese, la corsa alle cariche e alle poltrone, anche tra il popolo eletto di Dio, continuamente sviliscono la nobiltà dell’annuncio evangelico e limitano l’efficacia del messaggio che Dio ha affidato a noi, la Sua Chiesa. Non possiamo far finta che tutto questo non sia vero e che non sia la più probabile causa per il mancato sviluppo della testimonianza evangelica nella nostra nazione. Mi piacerebbe presentarmi insieme a Voi al Ministro dell’Interno o dell’Integrazione di
turno, per reclamare maggiore visibilità, proporre protocolli di collaborazione con le nostre associazioni di Chiese, nel comune sforzo di migliorare la società nel senso di educare le nuove generazioni al multiculturalismo e al rispetto dello straniero. Sarei stato felice di partecipare, a Catania, alla conferenza sulla Famiglia, ma… è scritto “Metti in ordine i tuoi affari di fuori, metti in buono stato i tuoi campi, poi ti fabbricherai la casa.” (Proverbi 24:27). La “casa evangelica” italiana ha bisogno di mettere ordine in senso etico, sia formale che sostanziale. Ci sono situazioni a dir poco “imbarazzanti”, come quella che riguarda la nostra Chiesa nei rapporti con la ADI, di cui ha conoscenza non solo il mondo evangelico in Italia (ahimè, non solo evangelico…) ma anche quello delle associazioni evangeliche all’estero. Nel corso di incontri o convention internazionali, faccio fatica a rispondere ai commenti e alla richiesta di spiegazioni in relazione
alla nostra “singolare” situazione: non è facile far comprendere ad altri che in Italia si può essere fratelli e comunque trascinarsi vicendevolmente davanti ai giudici! Attraverso anche momenti di intensa frustrazione (ebbene, capita anche a me che sono pastore…) in cui mi vergogno di essere un “evangelico”. Preferirei definirmi cristiano… e nient’altro!

Il problema è anche pratico e contingente. Potrei sedermi, nel corso di una di queste lodevoli iniziative, accanto a un rappresentante della ADI, presidente, membro del Consiglio Generale o altri, e dargli la mano o soltanto sorridergli, consapevole che ci incontreremo, in altra occasione, nell’aula di un tribunale in cui costui chiederà al giudice, tramite i suoi legali, la mia condanna? Voi, uomini di Dio, cosa fareste al mio posto? E se decidessimo di elevare un culto a Dio, insieme, per sperimentare momenti di intensa comunione fraterna, con la celebrazione della “Cena del Signore”, potrei accostarmi al pane e al calice insieme ai miei fratelli (?) della ADI, atteso che non vogliono in alcun modo sentir parlare di pace? E se incontrassi il pastore Felice Antonio Loria che, nella sua funzione di Presidente della ADI, ha firmato le citazioni contro di me, dei miei Consiglieri di Chiesa e contro molti Pastori, miei amici, affidando a sua figlia, avvocato Carolina Loria, e
allo Studio Associato in cui svolge la sua professione (conflitto di interessi?) la difesa degli interessi patrimoniali della ADI… con quale forma dovrei salutarlo? Pensate sia il caso di pronunciare il rituale “pace, fratello”? E come mai molti altri esponenti delle organizzazioni evangeliche in Italia, pur conoscendo queste vicende, si sentono a loro agio con i rappresentanti della ADI, invitandoli a sedere sugli scranni della nobiltà evangelica? È la forza dei numeri o il potere della diplomazia? Continuiamo pure a fare convegni, incontri, seminari, fondare università pentecostali e stipulare accordi con il Governo, perché è giusto che si progredisca… la mia impressione, del tutto personale, è che pur consapevoli del giudizio di Colui che interroga la nostra coscienza, e nel segreto del nostro quotidiano tempo di devozione ci incute timore, continuiamo a ignorare il terribile giudizio di Gesù pronunciato sulla Chiesa di Sardi e di tutti i tempi: “Di quello che
fate, non ho trovato nulla che il mio Dio possa considerare ben fatto” (Apocalisse 3:2 – TILC).

Con profonda stima e rispetto.

Vostro fratello in Cristo.

Past. Giovanni Caito
www.chiesabethel.com

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