
Negli anni, nel cammino, ho imparato una cosa amara ma necessaria:
non tutto ciò che si chiama “ministero” è nato da Dio.
Non tutto quello che brilla viene dal cielo.
Spesso, purtroppo, ho visto più carne travestita da zelo che vera guida dello Spirito.
Tanti si alzano con occhi luccicanti, parole enfatiche, e gridano:
“Dobbiamo evangelizzare!”
“Dobbiamo aprire nuove chiese!”
“Dobbiamo cantare nelle piazze!”
“Dobbiamo predicare!”
Ma quando gratti la vernice della loro esaltazione, sotto trovi ben poco di Cristo… e tanto, troppo, di loro stessi.
Dietro molte “missioni” ci sono solo ambizioni frustrate, fallimenti mai digeriti, desideri di visibilità che hanno solo cambiato teatro: non più il mondo, ma il pulpito. E così chiamano “servizio a Dio” quello che in realtà è solo una scalata sociale travestita da spiritualità.
Dietro la parola “evangelizzazione” spesso c’è marketing umano, ansia di successo, bisogno di sentirsi migliori degli altri.
E poi, cos’è questa “evangelizzazione” che praticano?
Non è predicare Cristo.
È reclutamento settario.
Vanno nelle strade non per annunciare il Vangelo della Grazia, ma per strappare persone dalle loro chiese e condurle nella loro denominazione.
Non cercano conversioni al Signore, ma cambi di casacca religiosa.
Vanno dal cattolico, dall’ortodosso, dal credente ferito… non per portarli a Cristo, ma per vantarsi di averli fatti passare dalla loro parte.
E se qualcuno resiste, ecco che scatta il copione: “Se non lasci la tua chiesa, vai all’inferno!”
“Se non ti ravvedi come diciamo noi, non sei un vero figlio di Dio!”
“Se non ti sottometti alla nostra visione, sei un ipocrita, un perduto!”
Questo non è evangelizzare.
Questo è importunare.
Questo è terrorismo spirituale.
Questo è settarismo camuffato da zelo.
Non sono guidati dallo Spirito Santo, non portano il frutto dello Spirito: amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo.
Sono mossi da un’urgenza narcisistica di “fare numeri” e di “dimostrare” qualcosa.
E non finisce qui.
Se non ti accodi al loro sistema, ti fanno anche sentire in colpa davanti a Dio.
Se non esci nelle strade con loro, ti accusano di non essere un vero cristiano.
Se non ti allinei alle loro scadenze, ai loro ritmi frenetici, ti mettono sulle spalle un macigno spirituale: “Se ami Dio, devi evangelizzare! Se sei convertito, devi fare! Devi produrre!”
Appena qualcuno si converte, appena si battezza, senza neanche il tempo di respirare, lo buttano per strada: “Vai, evangelizza, fai! Porta anime, dimostra che sei nato di nuovo!”
Caricano i nuovi convertiti di impegni, di aspettative, di pressioni.
Ma questa non è la scuola di Cristo.
Questa è la scuola dei venditori a provvigione, dove sei valutato a seconda di quanti contratti riesci a strappare in un mese.
E il danno è enorme.
Giovani nella fede che, non riuscendo a “portare anime”, si sentono falliti, non abbastanza unti, non abbastanza santi.
Persone che si spengono interiormente, logorate dal senso di colpa, pensando di aver deluso Dio solo perché non riescono a reggere l’ingranaggio umano che hanno scambiato per il Regno di Dio.
Eppure la Scrittura è chiara:
Paolo, dopo aver incontrato Cristo, non si gettò subito a predicare nelle piazze.
Si ritirò per tre anni in Arabia, si sedette nella comunità, fu formato, maturò nello Spirito prima di esporsi.
Non era in ansia di “dimostrare” niente a nessuno.
Non correva per farsi vedere.
Aspettava il tempo di Dio.
Il Vangelo non è una corsa a chi fa di più.
Dio non ci ha mai chiesto di dimostrare di essere suoi figli facendo numeri o portando risultati umani.
Dio ci chiede di rimanere in Cristo, e sarà Lui a produrre i frutti, nel modo, nel tempo e nei modi che Lui stabilisce.
Gesù stesso smascherò questo spirito settario quando disse:
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché percorrete il mare e la terra per fare un proselito, e quando lo avete fatto, lo rendete due volte più figlio della Geenna di voi.”
(Matteo 23:15)
Io mi dissocio da questa follia.
Mi dissocio da questa corsa malata al “fare per Dio”.
Mi dissocio da chi schiaccia le persone sotto il peso della performance.
Io sto con chi serve senza riflettori,
con chi evangelizza amando, non aggredendo,
con chi predica Cristo, non la propria chiesa,
con chi vive la grazia, non la manipolazione.
Perché il vero ministero non si impone.
Si manifesta.
Il vero frutto non si misura in numeri, ma in trasformazioni silenziose, invisibili all’occhio umano ma preziose davanti a Dio.
E il vero servo di Dio non è quello che corre più veloce,
ma quello che cammina più vicino al cuore del Padre.
Non lasciarti ingannare:
non tutti quelli che gridano “Signore, Signore” sono mandati da Lui.
Alcuni sono mandati solo… da loro stessi.
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